«A 15 anni si può capire se un ragazzo ha la stoffa per fare il calciatore»

Nevio Valdifiori è il responsabile del vivaio del Ravenna Fc: «Questa maglia è un onore e una resposabilità, per questo facciamo selezione e lasciamo agli altri il lato sociale dello sport». Archiviato il progetto franchigia con le squadre cittadine

VALDIFIORIChi viene espulso dal campo per questioni disciplinari si vede raddoppiare la squalifica dalla società, acconciature bizzarre o accessori come frontini non sono graditi, in testa bisogna avere il calcio. È solo un affresco sommario del vivaio del Ravenna Football Club nel solco tracciato da Nevio Valdifiori che a maggio 2017 è diventato responsabile della struttura.

Quello che volge al termine è il secondo anno in cui il Ravenna rinato nel 2012 in Promozione, dopo il fallimento sotto la gestione Aletti, si presenta in tutti campionati giovanili con propri tesserati (in precedenza se ne occupava la società satellite Virtus schierando solo alcune formazioni). Ma al tempo stesso è stato anche un anno zero conseguente agli eventi dell’estate 2017: il salto della prima squadra in serie C ha trascinato i baby in campionati riservati alle giovanili delle società professionistiche, con avversari di blasone non più provinciale o regionale ma nazionale e anche oltre. E la differenza c’è: «Ci confrontiamo con realtà che selezionano i migliori da anni – spiega Valdifiori – mentre noi siamo appena all’inizio di un programma di selezione. In molti casi quella che si vede è la differenza nell’approccio. L’atteggiamento fa la differenza, è il motivo per cui ai massimi livelli non arrivano solo quelli più dotati naturalmente ma anche giocatori mediamente dotati che però hanno messo costanza nel lavoro. Per questo il nostro scopo come società professionistica è fare selezione, l’aspetto sociale dello sport lo lasciamo agli altri».

Nel 2013 nacque il progetto franchigia che metteva in rete alcune società cittadine per convogliare i migliori talenti di ogni realtà tra le fila della Virtus. È ancora valido quel programma?
«Non c’è più alcuna franchigia. Abbiamo un team di scouting composto da cinque osservatori che vanno a visionare le altre squadre per conto nostro e quando ritengono di aver individuato un elemento interessante prendiamo contatti con le società per avviare un ragionamento che coinvolga le famiglie: non sarebbe obbligatorio ma ho stabilito che si faccia così perché alla lunga la correttezza paga. Poi la scelta finale spetta al ragazzo e ai suoi genitori: nessuno è obbligato a giocare nel Ravenna, la maglia del Ravenna deve essere un onore e una responsabilità. Per chi accetta viene riconosciuto un premio alla società dove è cresciuto, diverso in base alla sua età. Ma è capitato anche di averlo riconosciuto alla società di un calciatore che è venuto spontaneamente da noi, ci sembra sia giusto».

Dove può attingere il Ravenna?
«Dobbiamo renderci conto che siamo circondati da tre realtà importanti come Bologna, Cesena e Spal. È facile capire che loro possono fare la prima scelta. Noi dobbiamo essere pronti a intercettare chi non si sente ancora pronto per quel passaggio. Ora siamo al lavoro per comporre la rosa dei 2008 del prossimo anno».

E a vostra volta avete richieste?
«Un paio di giocatori per ogni annata tra i più giovani sono stati notati dalle altre società che ho appena nominato. Abbiamo risposto a tutti allo stesso modo, in sintonia con le famiglie: fino al 30 aprile nessuno va a fare allenamenti o prove con altre società perché avrebbe voluto dire creare malumori negli spogliatoi tra chi viene chiamato e chi no e soprattutto stiamo partendo ora con le nostre rose, vorremmo prima capire che livello abbiamo. Dopo il 30 aprile se l’interesse c’è ancora ognuno avrà spazio per cogliere le occasioni».

Di quali squadre si compone il vivaio?
«Nove formazioni: in totale poco più di duecento ragazzi nati tra il 2000 e il 2007. Berretti (classe 2000), due squadre di Allievi (i Nazionali 2001 e i Provinciali 2002), tre di Giovanissimi (un unico gruppo di calciatori del 2003 si divide tra Nazionali e Provinciali, i 2004 per i Professionisti e gli Sperimentali nati nel 2005). Infine Esordienti 2006 e Pulcini 2007. L’altra novità della stagione è la formazione femminile Under 12/14. Per i Pulcini la quota di iscrizione è 250 euro, per tutti gli altri 400 euro. Per gli allenamenti le squadre ruotano su due strutture: il campo di allenamento del Benelli e il centro Darsena».

Da chi è composto lo staff?
«Nove allenatori di cui sette arrivati in giallorosso la scorsa estate, cinque collaboratori, diciotto accompagnatori, un preparatore atletico, cinque preparatori dei portieri e cinque osservatori. Tranne qualche eccezione, figure che abbiamo tra 40 e 50 anni perché abbiano l’esperienza sufficiente a essere degli educatori. L’obiettivo è quello di creare un team con allenatori specializzati per ogni categoria. Nel settore giovanile allenare un bambino di 10 anni e uno di 15 è totalmente diverso, per dare al calciatore un crescendo di competenze fino a essere pronto per la Berretti. Inoltre il cambio ogni paio di anni è utile a tutti: stimoli nuovi per il mister e per il giocatore».

Nei vivai si lavora sui giovani per costruire i campioni del futuro. Cosa richiede il calcio moderno?
«Il ruolo del portiere va ripensato completamente. Per questo abbiamo cinque preparatori che seguono tutti le categorie, per un percorso di crescita pianificato: una volta ci si accontentava che sapesse usare le mani, oggi diventa sempre più un giocatore completo. Basta guardare a come gioca Guardiola…».

In che momento si può ipotizzare il futuro di un calciatore?
«Quando esce dai Giovanissimi (13-15 anni, ndr) si può avere un’idea delle sue doti. Con tutte le eccezioni del caso che possono sempre capitare».

Troveremo qualcuno dei duecento vostri tesserati in serie A fra qualche anno?
«Diciamo che andiamo per tappe e in questo momento il nostro obiettivo è costruire un percorso che in quattro-cinque anni porti nella nostra prima squadra degli elementi cresciuti nel vivaio. È una necessità per le squadre che devono fare i conti con poche risorse. E se poi ne esce qualcuno ambito da altre società diventa una risorsa importante per portare avanti il progetto. L’Atalanta fa questo con grande qualità e si vedono i risultati».

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