Ivano Marescotti si racconta, tra cinema, teatro e dialetto

A tu per tu con il celebre attore che in autunno darà vita a un’accademia a Ravenna

Ivano Marescotti

Ivano Marescotti

Si sono spente le luci del teatro comunale di Cesenatico dopo l’esibizione dei primi 21 attori o aspiranti tali, che hanno partecipato alle “100 ore con Marescotti”. Ivano Marescotti ci riceve in camerino, soddisfatto della riuscita del saggio, e ci racconta della sua carriera e dei suoi progetti futuri: l’attore darà vita a Ravenna a Tam, Teatro Accademia Marescotti, insieme con il Circolo degli attori, dal prossimo autunno. Intanto il 7 maggio (alle 21 al teatro comunale) sarà di nuovo in scena a Cesenatico.

Che bilancio trae da questa prima esperienza?
«Dai corsi è emerso uno sviluppo in tutti gli allievi a prescindere che sia la loro professione reale. Ciò che distingue un buon attore da un attore professionista è che il secondo si fa pagare. Ci sono infatti professionisti scarsi e non professionisti bravi ma senza contratto. Il mio metodo di insegnamento della recitazione è il frutto di una ricerca per stabilire il percorso più efficace per sviluppare talento e, man mano che lo applico, mi convince sempre di più. Non è tanto una questione di insegnare tecniche, seppur importanti come la dizione, ad esempio, quanto di sviluppare la capacità individuale di rendersi disponibile al personaggio, ad aprirsi a lui negando sé stessi. Quindi la capacità di recitare consiste nell’incarnare un personaggio, provare emozioni che non sono tue ma del personaggio ed essere al cento per cento a sua disposizione».
Ci parli di Tam. Perché questo progetto e a chi si rivolge?
«Tam, con l’aggiunta di un apostrofo e una “o” diventa “t’amo”, una  dichiarazione d’amore al teatro che si esprime in questo caso con il tentativo di avviare a Ravenna una vera e propria scuola di formazione attoriale. Dopo l’esperimento dei due corsi delle “100 ore” condotti da me, Tam propone un percorso formativo più articolato con altri docenti che mi affiancheranno per insegnare dizione, analisi del testo ed esercizi inerenti la attività fisica degli attori nei vari personaggi. È un progetto che si rivolge a tutti: dagli adolescenti agli adulti. Il percorso formativo aiuterà soprattutto i più giovani che vorranno cimentarsi nella carriera di attore, oppure potrà rappresentare una esperienza personale e fisica di  arricchimento culturale profondo».
Perché la sede a Ravenna, città di provincia e abbastanza lontana dai circuiti artistici?
«È vero, Ravenna è fuori dai circuiti. Il cinema si fa a Roma,  dove ho vissuto per 10 anni ma che ho lasciato perché non sopportavo più il clima autoreferenziale del mondo cinematografico, scarso di rapporti umani. Ho continuato a fare cinema e fiction Tv ma la metà della mia vita professionale è teatrale ed è soprattutto in Emilia Romagna. La proposta di aprire Tam me l’ha fatta Il Circolo degli attori di Ravenna e io ho accettato. Avrei fatto la stessa cosa se me l’avessero proposto a Modena o altrove. E comunque, se vogliamo, l’Emilia Romagna è ormai una megalopoli: da Parma a Rimini le città sono collegate e non esiste più la provincia intesa come una volta in termini di opportunità culturali. Poi c’è il caso di Santarcangelo, un piccolo centro, che è diventato famoso sul piano internazionale per il suo festival di teatro. Non è il luogo in sé che è importante quanto cosa produce».
Nonostante il successo e la possibilità di lavorare anche all’estero, ha scelto di  vivere qua, di mantenere un forte legame anche artistico con la sua terra attraverso il dialetto, e adesso con Tam. Cosa la muove in questa direzione?
«Fare l’attore non è come fare il poeta o lo scrittore o il pittore che può abitare e produrre le sue opere in qualsiasi posto e poi diffonderle senza che questo richieda la sua presenza fisica. L’attore invece deve essere presente fisicamente soprattutto con la sua voce e le sue parole che sono l’espressione del suo corpo fisico e della lingua che parla. Io come posso staccarmi dal mio territorio di cui sono espressione profonda? È impossibile. Ciò non significa che io debba vivere a Villanova di Bagnacavallo  ma io sono comunque l’espressione di quella cultura e di quel retroterra al di fuori dei quali mi sentirei un estraneo, anche a me stesso. Del resto parte della mia professione è legata al dialetto e agli spettacoli teatrali che porto in giro e mi hanno reso per questo molto popolare in Emilia Romagna».
A cosa sta lavorando in questo periodo?
«L’anno prossimo, dopo tanti anni, sono stato scritturato in una compagnia nazionale per fare una tournée con Valentina Lodovini, per la regia di Gabriele Guidi dello spettacolo I have a dream. Intanto, stanno per uscire due film che ho girato l’anno scorso: Il crimine non va in pensione, opera prima del regista Fabio Fulco, dove io e Stefania Sandrelli andiamo a rapinare una sala bingo, e Nobili bugie, una commedia nera per la regia di Antonio Pisu con Giancarlo Giannini e Claudia Cardinale, girato a Bologna».
Vogliamo chiudere con un verso del poeta romagnolo Raffaello Baldini a cui ha dedicato tanto del suo lavoro teatrale?
«E pu bàsta, a m so stòff,  tòt i dè l’è d’quèla, un s ni n pò piò. A m voi fè crèssr i bafi!»

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