«Dobbiamo diffondere la cultura in modi nuovi»

Inauguraz ERF17 Bahrami MartuxIntervista al pianista Ramin Bahrami che a Tredozio riceverà il premio Erf alla carriera. «Ma io mi sento un bimbo…»

Nella storia della musica non sono molti gli interpreti che legano il proprio nome a quello di un compositore in particolare. Per farlo, oltre a essere d’incredibile fama il compositore in questione, deve essere estremamente talentuoso anche l’esecutore. Probabilmente in questa brevissima lista il più noto binomio è Johann Sebastian Bach-Glenn Gould, tuttavia, per vicissitudini personali e discografiche, ai nostri giorni il nome del compositore di Eisenach è spesso e volentieri glorificato dalle sapienti mani di Ramin Bahrami. Il giovane pianista iraniano, come traspare già dal titolo del suo primo libro (Come Bach mi ha salvato la vita, Mondadori, 2012), è un devoto conoscitore della produzione bachiana prima ancora di esserne un sublime interprete: la profondità di lettura, unita ad una non comune chiarezza esecutiva, è la naturale conseguenza di una personalità forgiata dalla fuga dal paese natale e dagli studi compiuti tra Milano e Stoccarda. Grazie anche a questa dote, Bahrami è uno di quei musicisti che non disdegnano la sperimentazione e proprio questa esperienza è stata alla base –  il 14 luglio scorso a Comacchio – dell’inaugurazione dell’Emilia Romagna Festival.
Maestro Bahrami, la musica colta vive in un’epoca di disinnamoramento del pubblico verso di essa: la commistione tra l’antico e il moderno che lei ha proposto insieme a Martux_m per l’inaugurazione dell’Erf è un tentativo di riavvicinare la musica ai suoi fruitori naturali?

Bahrami Ramin

«La cultura, ormai, è un reperto archeologico in un tempo di oscurantismo. La condizione dell’intellettuale nella società moderna è sempre più difficile proprio per questo livellamento verso il basso del pensiero. È quindi compito di noi artisti diffondere la cultura di tempi passati in modi nuovi che possano arrivare alle coscienze moderne».
A Comacchio per la prima volta le composizioni di Girolamo Frescobaldi sono state suonate, da lei, al pianoforte, strumento ancora da inventare all’epoca del maestro ferrarese. Come si rapporta un esperto di Bach come lei con la questione della scelta dello strumento?
«Lo ritengo un falso problema che ha trovato risposta nelle parole della grandissima Rosalyn Tureck la quale affermava che non ci fosse strumento più adeguato per la diffusione della musica bachiana. Io sono completamente d’accordo con lei. Personalmente ritengo che il clavicembalo sia un meraviglioso nonno del pianoforte, tuttavia, nonostante ne possegga uno che suono molto spesso e con molto gusto, ritengo che sia un po’ castrante».
Maestro Bahrami, il 6 agosto le verrà consegnato il Premio alla Carriera ERF (dettagli nel box). Che effetto le fa ricevere un premio di questo tipo a soli 40 anni?
«Io mi sento un bimbo con ancora tantissime cose da scoprire: quando mi conferiscono questi premi mi interrogo sempre su quanti mesi di vita mi manchino (ride, ndr)».
L’ultimo disco, Bach is in the air, si colloca tra le braccia dell’idea di contaminazione grazie anche all’intervento di Danilo Rea. Quali sono i suoi impegni discografici futuri?
«Questo disco è stato un viaggio fantastico all’insegna della commistione. Già il titolo è un chiaro richiamo a una canzone che amo molto (“Love is in the air” di John Paul Young, ndr) e sono certo che ci saranno sicuramente diversi seguiti. Ho voglia di fare molti altri dischi crossover!».
Ci sarà quindi una svolta nella sua produzione discografica, oppure a quest’anima contemporanea affiancherà ancora la registrazione canonica?
«Il mio obiettivo è quello di chiudere l’integrale delle composizioni di Johann Sebastian Bach, infatti a breve uscirà il primo dei due volumi del Clavicembalo ben temperato. Dopodiché, mi piacerebbe rifare alcune incisioni perché nel corso degli anni ho cambiato idee e mi piacerebbe avere l’opportunità di fissarle su disco. La mutabilità fa parte dell’arte musicale, si può fotografare l’istante, ma non si può bloccarne l’evoluzione».

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