domenica
15 Giugno 2025
Rubrica Controcinema

“Call of God”, film postumo memorabile (seppure imperfetto) di Kim Ki-duk

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Call Of God Kim Ki Duk

Per gli amanti del Cinema, due anni fa fu una notizia tristissima la morte prematura per Covid del maestro coreano Kim Ki-duk. Autore speciale la cui poetica conteneva lirismo e dolcezza umana insieme alle storie più atroci ed emblematiche del nostro tempo, Kim Ki-duk seppe esplorare quel grande mare che è l’essere umano nella sua impenetrabile compresenza di amore e crudeltà, come se per lui l’abisso della psiche e del comportamento fosse l’unica strada per “salvarsi”, oltre che per “condannarsi”. La morte di Kim Ki-duk avvenne in Estonia, e ora sappiamo il perché: stava completando il suo ultimo film Call of God – Chiamata di Dio, coprodotto per l’appunto anche da Estonia e Kirghizistan, quando contrasse il Covid e ne morì. Dopo due anni, quell’ultimo film incompiuto è finalmente uscito e possiamo vederlo.

La storia è ambientata in una imprecisata nazione dell’Asia Centrale. Una giovane ragazza riceve una strana telefonata da un numero sconosciuto. Una voce maschile le dice che potrà scegliere se continuare con il futuro che arriverà il giorno dopo o se cambiarlo, senza ricordare nulla… e il giorno dopo la ragazza incontra per caso un giovane scrittore. Tra loro nasce un’attrazione reciproca sempre più intensa. Lui nasconde un passato di relazioni burrascose e tossiche, che lei gli chiede di interrompere per dedicarsi solo e esclusivamente a lei. L’amore tra i due diviene nel tempo ossessione e desiderio di reciproca sopraffazione, divieto di uscire e interagire col resto del mondo. E le strane telefonate continuano, la voce misteriosa conosce tutto come un Dio che ogni volta offre la possibilità di tornare indietro e non ricordare piu nulla…

Il film è stato interamente girato da Kim Ki-duk, ma non finito nel montaggio e nella post produzione, terminata dai suoi collaboratori basandosi su note, appunti e conversazioni. E quindi ci si potrebbe porre il dubbio se questo ultimo film sia completamente suo. Certamente no; ma del resto sono tanti, per esempio, i romanzi postumi mai terminati ma pubblicati: in tal senso, i romanzi di Kafka sono tutti postumi e incompiuti. Questo ultimo film di Kim Ki-duk avrebbe potuto essere diverso, ma non troppo.

Vi si respira l’atrocità a cui eravamo abituati, una storia fatta di comportamenti malati e autodistruttivi, senza che si possa definire una nozione di “psiche” per i personaggi, che però non sono marionette impazzite, bensì semplici esseri umani alla ricerca della purezza dell’esistenza, anche quando questa purezza del vivere deve essere il Male verso di sé e verso gli altri. Kim Ki-duk avrebbe sicuramente lavorato sui dettagli, reso più raffinata la sua elegante matematica delle umane gesta. Ma sicuramente è un suo film, memorabile pur se imperfetto, l’ultimo che ci ha lasciato.

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