Poche serie tv lasceranno un segno profondo ed epocale come Adolescence, miniserie inglese da 4 puntate, di cui avrete già sentito parlare per la forza della storia raccontata e per le tematiche affrontate di urgente attualità.
Una città di provincia dell’Inghilterra centrale. Alle 6 del mattino, la polizia, capitanata dall’ispettore Luke, irrompe in una casa per un arresto: vi si trova una convenzionalissima famiglia inglese, la classica marito, moglie, e due figli. La polizia arresta il figlio minore Jamie di appena 13 anni. Il ragazzino è portato nella centrale di polizia, schedato e perquisito; i genitori Eddie e Manda sono sconvolti dalla violenza con cui la polizia l’ha preso; arriva l’avvocato d’ufficio; e alla presenza del padre, Jamie è sottoposto a un interrogatorio serrato. Il ragazzo è accusato di un efferato delitto: di aver ucciso la sera prima a coltellate una sua ragazzina coetanea, 13 anni anche lei… Lui si difende e nega tutto. L’indagine prosegue…
Adolescence parla di teneri assassini. Di una generazione di giovanissimi carnefici e vittime della stessa violenza, veicolata soprattutto dalla frenesia senza controllo dei social media, in una società incapace di capire e agire e dare risposte a tutti i livelli, come famiglia, come scuola, come istituzioni. Dopo avere visto la serie, alcune domande si fanno necessarie: sulla violenza dei giovanissimi, sullo sbando senza rimedio di ragazzini e ragazzine minorenni, sulla impossibilità di replicare alla violenza solo con la repressione, e soprattutto la questione più drammatica: perché sta accadendo tutto questo? e non solo in una serie TV, ma ovunque nel mondo, in Inghilterra come in Italia e in Francia, una disperazione generazionale globalizzata e senza frontiere. E con un linguaggio filmico molto preciso: perché Adolescence è composto di 4 puntate di un’ora l’una, ognuna filmata in piano sequenza, cioè con un’unica inquadratura senza stacchi e montaggio, girata e recitata in un’unica sequenza: e quindi quattro ore precise, nitide, selezionate, emblematiche dell’intera storia narrata. La prima puntata è l’ora in cui Jamie è arrestato e incriminato; la seconda, tre giorni dopo, è un’ora di indagini nella scuola frequentata dall’assassino e dalla vittima; la terza, sette mesi dopo, è l’incontro nel centro di custodia tra Jamie e la psicologa del tribunale; la quarta, tredici mesi dopo, un’ora del giorno in cui il padre compie 50 anni… Attori fenomenali, su cui svettano il padre Stephen Graham (anche coautore), l’ispettore Ashley Walters, la psicologa Erin Doherty, e il giovanissimo Owen Cooper. E di tutti i dettagli che compongono un film, ne segnalo uno: la psicologa che affronta il dialogo serratissimo e professionale con Jamie; ma che, nelle pause, quando è da sola, sospira e ricerca dentro di sé la forza di andare avanti nella seduta: perché capire è molto difficile, costa tante energie, ma va fatto.