giovedì
26 Giugno 2025
Rubrica Controcinema

“Navalny”, l’intrigante docu-thriller che ha vinto l’Oscar

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Navalny Film

Quasi un anno fa usciva in sala Navalny del regista canadese Daniel Roher, un film documentario presentato al Sundance 2022 (uno dei miei festival preferiti) vincendo il Premio del Pubblico. Ora il film ha vinto l’Oscar 2023 come miglior documentario ed è riproposto al cinema in questi giorni.

Navalny racconta la storia di Alexei Navalny, il più famoso dissidente russo anti Putin di questi anni, prima e dopo l’avvelenamento che quasi lo uccise. E lo fa mescolandosi con il genere thriller. Si inizia con una lunga intervista a Navalny in stile classico, inquadrature frontale e laterali, con tante domande; e si ripercorre la sua vita come attivista politico contro il regime russo e la sua corruzione, anche nelle sue contrad- dizioni e nelle sue ambiguità.

Siamo in Germania. Navalny è lì, forse ricorderete, perché nell’agosto del 2020 subì un avvelenamento durante un volo aereo verso la Siberia. Da lì la famiglia e il suo staff riuscirono ad evacuarlo in un ospedale in Germania, dove venne confermato l’avvelenamento e potè guarire. La troupe inizia a girare il film durante la sua permanenza in Germania, e lo segue durante la sottotrama spy-story: tramite Bellingcat, un gruppo di giornalisti che fanno indagini ad alto livello basandosi solo su informazioni pubbliche, Navalny e i suoi ricostruiscono chi lo ha avvelenato. Quello che è diventato un instant thriller culmina a gennaio 2021 col ritorno in patria di Navalny e il suo arresto. Ora è in carcere, condannato a 9 anni.

Questo è un film di attualità. Ed è impossibile non pensarlo legato alla guerra in Ucraina che sarebbe scoppiata un mese dopo la sua première al Sundance, come in un flashback comandato non dal film stesso, ma dalla nostra conoscenza degli eventi che sarebbero poi accaduti. È, come scrivevo, un interessante docu-thriller. Ma ciò che rimane più vivo è il ruolo del genere documentario nella comunicazione politica e nell’uso del linguaggio audiovisivo. Per certi versi, è tale il drogaggio visivo a cui siamo abituati, che dimentichiamo come la Parola e la Retorica abbiano ancora un ruolo essenziale nella comunicazione umana.

Alexei Navalny non è un soggetto su cui essere un regista “neutro”, perché conosce i media e il loro funzionamento, come tutti i politici e gli attivisti di altissimo livello. Quasi ci sembra un attore di altissimo livello: non perché reciti una qualche finzione o voglia venderci qualcosa di inauten- tico (tutto è vero), ma perché per un personaggio pubblico certi meccanismi sono introiettati. Le scene più memorabili sono quelle non visivamente impattanti, ma quelle in cui lo ascoltiamo parlare (in voce originale). O quando ascoltiamo Putin (in voce originale) in una conferenza stampa, e lì la ferocia non è nella sua voce calma e rilassata, sicuramente studiata a tavolino, ma nella dissonanza con le sue intenzioni e i suoi veri pensieri.

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