sabato
21 Giugno 2025
Rubrica Controcinema

Il ritorno del “Regno” di Lars Von Trier, un horror assurdo, imperdibile e geniale

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Kingdom Exodus Von Trier

Tra il meglio dell’ultimo festival di Venezia, sicuramente l’ultima opera di Lars Von Trier: la sua serie tv The Kingdom Exodus, che tra qualche mese potrete vedere al cinema e/o in piattaforma. Questa è la terza e conclusiva stagione di due precedenti, girate però nel 1994 e nel 1997; sono quindi passati 25 anni, ma il risultato è ancora geniale.

Scrivo un minimo di trama valida per tutte le annate e senza spoiler. Siamo a Copenhagen, nell’ospedale più grande e importante del paese, il Rigshospitalet, che in danese significa appunto Ospedale del Regno. Partendo da un’antica leggenda che dice che l’ospedale sia stato costruito sulle rive di un ruscello dove lavoravano lavandaie e tintori, Lars Von Trier costruisce un’intricata, truculenta e spassosa storia di horror soprannaturale e umorismo nero. In ospedale è ricoverata una medium che sente sempre una bambina piangere. La bambina però non esiste, è un fantasma che cerca pace, perché le fondamenta del Regno sono maledette, e vi si svolge una ferocissima guerra tra spiriti del Bene e Spiriti del Male. In mezzo, un microcosmo delirante di grotteschi medici idioti e balordi, di odio tra danesi e svedesi, di amori e omicidi; una fotografia dai colori seppiati stile foto antica, e una regia che segue lo stile Dogma del cinema danese anni ’90: camera a spalla e salti di inquadratura, in uno stile ruvido ma divertentissimo. E come in tutte le tragedie, c’è un “coro” che commenta gli eventi, un coro di lavapiatti tutti con sindrome di Down.

Questa nuova stagione, dopo 25 anni, mantiene con autoironia la storia e lo stile delle precedenti, un po’ seguendo lo stesso excursus di Twin Peaks di David Lynch, riproposta anch’essa dopo 25 anni. Basterà l’inizio: l’anziana Karen è a casa che guarda in dvd le prime due stagioni del Regno. Alla fine commenta seccamente «Ma come si può fare una boiata del genere!». Karen però è sonnambula, ed esce di casa nella notte, in trance, diretta proprio verso l’ospedale dove è stata girata la serie. Lì scopre di essere sensitiva, che la guerra tra Bene e Male non è mai cessata in tutti questi anni, e che l’epicentro è sempre l’ospedale. Lì, nulla è cambiato in 25 anni, per la nostra gioia cinefila: i medici sono sempre idioti, c’è sempre odio tra danesi e svedesi, amori frustrati e rivolte interne; la fotografia rimane seppiata e la regia è sempre più svitata e assurda. E il “coro” ora è un lavapiatti con sindrome di Down, e il suo aiutante robot… Un horror in stile L’ospedale più pazzo del mondo, imperdibile e geniale.

Concludo con una curiosità. Venezia 2022 ha presentato solo due serie tv in anteprima, entrambe danesi: The Kingdom Exodus e Copenhagen Cowboy di Nicholas Winding Refn – di cui vi scriverò nel prossimo appuntamento…

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