mercoledì
25 Giugno 2025

Con Daniel Blumberg anche il tormento diventa canzone

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Daniel Blumberg – Minus (2018)

Daniel Blumberg MinusAnche quest’anno arriva novembre, col suo malinconico carico di grigiore, giornate brevi, ora solare, preludio d’inverno. Ma come ogni anno novembre è anche il mese di Transmissions, e ormai è d’uso scegliere in questa rubrica un disco emblematico del festival (il programma qui a fianco). Potevo scegliere la mia adorata Carla Bozulich, gli amici Comaneci, le cose più hype come Jessica Moss o Jerusalem In My Heart, quelle più eccitanti alle mie orecchie come Ammar 808 o il sempreverde Richard Youngs, oppure i bizzarri Tarkamt. E invece scelgo un disco che mi sembra incarnare l’autunno, ovvero Minus di Daniel Blumberg. Anche lui a dire il vero è hype fino all’osso, sin da sempre. Sempre stato nei giri giusti, sia nella musica, sia nell’arte, altro campo nel quale eccelle. Ma bisogna anche dire che, a giudicare dalla musica, pare che lui ci sia finito quasi per caso, se non controvoglia. Sembra invece schivo ed introverso, le sue canzoni sono la quintessenza del mettersi a nudo senza pensare a piacere e nemmeno tanto a piacersi. Va detto: il talento c’è, ed è bello che venga riconosciuto, ogni tanto. D’altronde non capita spesso che un esordio esca per Mute, etichetta di Depeche Mode e Nick Cave, per dirne due. Stupisce che ancora nel 2018 un album di canzoni, voce e piano, diventi un caso discografico e porti alla notorietà. I musicisti che lo accompagnano, bravi e funzionali alle diverse atmosfere di ogni brano, vengono tutti dalla scena hipster avant del Cafe Oto di Londra, a parte l’immenso Jim White dei Dirty Three alla batteria. Tra questi va citato almeno il violinista Billy Steiger, che lo accompagnerà anche nel concerto a Ravenna. Niente a che vedere con l’omonimo e defunto chitarrista dei Twisted Sister. Tornando a Daniel, dicono sia uno dalla personalità difficile e tormentata. Dopo l’ascolto dell’album la sensazione è più o meno quella. E tanto di cappello a chi riesce ad esprimere il tormento in canzone. Che poi questo diventi sublimazione, catarsi, cura o crogiolo, è uno dei misteri dell’arte. Sono curioso di vederlo dal vivo dunque, in un Transmissions mai così vicino alla “canzone”, nel suo punto di confine con l’avanguardia, e mai così fieramente autunnale nel mood.

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