Il monumento a Giovanni Battista Morgagni a Forlì

Un omaggio al padre dell’anatomia patologica

Giornata Morgagnana del 24 maggio 1931, grandiosa partecipazione di pubblico, Biblioteca Comunale Aurelio Saffi di Forlì, Fondo Piancastelli, ASRa 20/173

Il grande anatomico forlivese Giovanni Battista Morgagni (Forlì 1682-Padova 1771) universalmente considerato il fondatore dell’anatomia patologica manifestò fin dalla giovinezza una grande predisposizione verso gli studi e si interessò di filosofia, botanica, scienze, medicina, matematica, archeologia e astronomia, favorito in ciò da una memoria prodigiosa. A solo trent’anni è il maggior anatomista del tempo e ottiene onori e fama da Londra a Parigi, da Pietroburgo a Berlino: un successo strepitoso che suscita invidie tali da indurlo a redigere un testamento, per il timore di una morte prematura a causa delle sue rivoluzionare teorie che avevano messo in crisi il mondo accademico.
Il monumento, in marmo di Carrara alto circa otto metri fu commissionato allo scultore livornese Salvino Salvini il 20 giugno 1869 dal patrizio forlivese Camillo Versari, uno dei fondatori della Società Medico chirurgica dell’Ateneo bolognese e docente all’Università di Bologna, per il desiderio della città di Forlì di onorare la memoria dell’illustre concittadino di cui non era stato possibile ottenere i resti mortali.1 La scultura, collocata originariamente nel cortile del palazzo degli Studi, luogo di eccellenza della formazione culturale dei forlivesi, venne inaugurata il 27 maggio 1875 con una solenne celebrazione.

Lo scultore

Salvino Salvini, (1824-1899) uno dei maggiori esponenti del verismo accademico che domina la scultura italiana nella seconda metà dell’Ottocento, fu allievo di Lorenzo Bartolini nell’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove strinse amicizia con il pittore Antonio Puccinelli (1822-1897), che lo ritrasse nel settembre del 1847, prima della partenza di entrambi gli artisti per Roma, dove Salvini lavorò nello studio di Pietro Tenerani (1789-1868).

Per il Cimitero Monumentale di Pisa il Salvini realizza i monumenti a Nicola e a Giovanni Pisano e nel 1860 ottiene la cattedra nell’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove insegnerà per trent’anni, fino al progredire della sua paralisi. In quarant’anni di intensa attività è autore di importanti monumenti2 esposti in molte città italiane e mantiene sempre una propria individualità artistica, non soffocata dalle regole accademiche del tempo; trae ispirazione dalla realtà e dall’arte antica, in una continua ricerca che lo rende difficilmente soddisfatto del suo lavoro, curato sempre in prima persona: «amo qualunque abbozzatura delle mie opere farla fare sotto la mia direzione, perché quell’operazione è interessantissima che si faccia sotto gli occhi dell’artista».
Il monumento rappresenta lo scienziato in posizione eretta, rivestito dell’ampia toga dottorale, con la fluente chioma che scende sulle spalle, mentre sostiene nella mano sinistra un teschio umano e con le dita nella destra un bisturi, perduto durante l’ultimo conflitto mondiale.

Un ritratto che non scade nella facile retorica dei monumenti celebrativi, ma che con acuta introspezione psicologica rende al meglio l’essenza più intima di Morgagni, studioso sereno, amante della casa e che trascorse un’esistenza improntata ad una semplicità patriarcale.
Con grande padronanza lo scalpello del Salvini, curando con maestria l’anatomia del corpo, l’armonia dei piani e dei volumi e l’equilibrio dei rapporti, ci restituisce un Morgagni solenne e maestoso, col profilo fiero e deciso, la fronte solcata da sottili rughe parallele, labbra e mento morbidi. Finemente precisata la lunga chioma, costituita dalla parrucca a folti riccioli cadenti sulle spalle e segnata sul retro da una scriminatura centrale; accuratissime le vesti, rifinite nei minimi dettagli: dalle decorazioni a ramoscelli d’ulivo che caratterizzano l’elegantissimo panciotto, prolungato nelle code posteriori, alle delicate passamanerie a fiori quadripetali intercalati da foglioline e chiuse con fibbie quadrate, che bordano i pantaloni al di sotto del ginocchio, fino ai soffici ciuffi della mantellina di ermellino. Al di là della mera funzione decorativa tutti gli elementi esaltano lo spessore morale dello studioso: oltre all’ulivo, segno di pace e concordia, va sottolineato il valore simbolico dell’ermellino, pelliccia indossata da personalità d’alto lignaggio e col tempo riservata ad aristocratici, magistrati e rettori delle università di Padova e Bologna, proprio perché distintiva di purezza e rigore morale.
Sospeso ad una catenella che fuoriesce al di sotto del panciotto si nota un piccolo astuccio in cuoio in parte mutilo, contenente probabilmente una bottiglietta con disinfettante; il pollice e l’indice della mano destra si congiungono per sostenere il bisturi e nell’anulare c’è un anello con un cammeo che rappresenta un profilo. Con la mano sinistra aperta e protesa in avanti sostiene un panno ripiegato su cui poggia un cranio umano con sedici denti. Dalla lunga e fluente toga dalle ampie maniche, precisata nei tondi bottoni e nelle sottili asole e che si prolunga con un lungo e mosso strascico sul retro, fuoriescono le ricche frappe della camicia. Le eleganti scarpe dalla lunga punta sono ornate con fibbie rettangolari e su di un panchetto sul lato sinistro della statua, sono appoggiati due volumi e due fogli pergamenacei, al di sotto delle quali è inciso: «SALVINI Fece/ BOLOGNA 1873».

La traslazione della statua: una vicenda laboriosa e travagliata

A cinquant’anni dalla prima inaugurazione, nel generale e diffuso clima di celebrazioni promosse dal regime fascista, si fa largo l’idea di trasferire il monumento in un luogo maggiormente visibile, e dal marzo del 1925 inizia una serrata corrispondenza fra il Prefetto di Forlì, la R. Soprintendenza dell’Arte Medioevale e Moderna dell’Emilia e della Romagna, in Bologna, cui afferisce Forlì, nella persona del Soprintendente Luigi Corsini, il Comune di Forlì, la Commissione Conservatrice dei Monumenti per le Provincie di Forlì e la Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti di Roma.
In netto disaccordo con l’ipotesi del trasferimento dell’opera il Soprintendente scrive:
«Io sono del parere che non sia opportuno rimuoverlo e ciò per le proporzioni stesse del monumento; per rispetto della memoria dell’artista che modellò la statua subordinandola all’ambiente cui era destinata; infine per una pregiudiziale di ordine generale in quanto i monumenti debbono essere intangibili e non soggetti alle passioni».
Ma la Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti autorizza il Comune di Forlì ad agire come ritiene più opportuno.3

E se tagliassimo il manto?

Definita la questione del trasferimento dell’opera, Corsini deve affrontare la sconcertante proposta, avanzata dall’intraprendenza del Sindaco di Forlì e dallo scultore e architetto Roberto De Cupis, di tagliare la parte posteriore del manto della scultura per darle una maggiore simmetria.4
Fortunatamente la sconsiderata operazione viene sventata dalla costante vigilanza del Soprintendente che verrà rassicurato da una lettera del Podestà che il basamento della statua «nelle sue linee architettoniche, rimane quello che era in origine, senza alcuna modificazione».
Quindi la tanto sospirata traslazione del monumento dalla corte del Palazzo degli Studi alla Piazza Morgagni avviene nel 1931, con una grandiosa cerimonia a cui il Soprintendente Corsini non partecipa, limitandosi a trasmettere un telegramma5 al Podestà di Forlì.

Venendo ai nostri giorni

Sopra alcuni fotogrammi del restauro della statua, con alcuni particolari prima e dopo l’intervento

Sul finire degli anni ottanta l’imponente monumento si presenta fortemente alterato per l’esposizione all’aperto in un ambiente urbano inquinato: molteplici abrasioni del materiale lapideo per il dilavamento della pioggia acida; carbonatazione della pietra che ha provocato un’alveolizzazione della superficie, gravi alterazioni biologiche (alghe e licheni), sedimenti di polveri e abbondante deposito di guano dei piccioni. Un’accurata disinfestazione, il consolidamento e una meticolosa pulitura restituiscono all’opera un aspetto decoroso… ma a distanza di vent’anni il monumento si ritrova nuovamente in una deplorevole condizione che sollecita un nuovo laborioso intervento di restauro6 completato anche dalla predisposizione di un sistema per allontanare i colombi.
Restituiti quindi al Morgagni la dignità e il decoro che gli sono dovuti si auspica la programmazione di interventi di manutenzione costante, per evitare e prevenire che opere così importanti e rappresentative del patrimonio artistico nazionale, giungano a tali livelli di degrado.
Si invita la città (e non solo Forlì!) a dimostrare attenzione e cura, come farebbe un buon padre di famiglia, per il patrimonio che la rende preziosa…
Non vorremmo che nel volgere di poco tempo il depositarsi del particellato atmosferico e il rifiorire di muschi e licheni vanificassero il meticoloso lavoro di risanamento e di raffinata pulitura che ci consente oggi di ammirare il monumento in tutta la sua maestosità e nelle molteplici eterogeneità materiche che lo scultore ha saputo fingere ed eternare nel marmo, dal pesante panno della lunga toga alla lievissima mantella in candido ermellino.

 

Note

1. Il Morgagni morì e fu seppellito a Padova, dove per 56 anni aveva insegnato a studenti provenienti da tutti i paesi, nel celebre anfiteatro di anatomia di quella città, costruito nel 1594 secondo le direttive di Fabrizio d’Acquapendente.
2. Fra le opere da lui realizzate nel periodo bolognese si ricordano, oltre al monumento a Giovan Battista Morgagni a Forlì (1873-75), la statua del Cardinale Pietro Valeriani per la facciata di Santa Maria del Fiore a Firenze, la scultura che rappresenta Giotto fanciullo, nella sala dei matrimoni del Municipio di Roma, il monumento a Guido Monaco per la città di Arezzo e numerosi busti, a Giovanni Rossini, a Mascagni, al maestro di musica Angelo Mariani, a Camillo Benso Conte di Cavour e ai numerosi sepolcrali per il Cimitero di Pisa, di Bologna e per la Certosa di Ferrara.
3. «Questo Ministero non ha ragione d’intervenire nella questione relativa alla traslazione del monumento a G.B. Morgagni, sito nel cortile interno del Palazzo degli Studi in Forlì, perchè non risalendo l’esecuzione del monumento stesso ad oltre cinquant’anni, il medesimo non è soggetto alle disposizioni della legge per le antichità e belle arti», lettera del 19 settembre 1925.
4. 2 ottobre 1926 Municipio di Forlì. Lettera del Sindaco al Soprintendente. Oggetto: statua dello scienziato G.B. Morgagni: taglio del manto
«Come alla S.V. ill/ma è noto, questa Amministrazione ha già deliberato la traslazione del Monumento all’insigne scienziato forlivese G.B. Morgagni dall’interno del Palazzo degli Sudi al piazzale prospiciente l’Ospedale Civile, affidando l’incarico dei relativi lavori allo scultore Prof. Roberto De Cupis. È stata però prospettata da detto artista e confermato dall’Ufficio Tecnico Comunale, l’opportunità di procedere al taglio del manto della statua dalla parte posteriore per togliere la dissimmetria che si verifica guardando la statua stessa di profilo e che esteticamente risulta poco soddisfacente: prima di addivenire a una qualsiasi decisione in proposito, questa Amministrazione si permette di richiedere in merito l’autorevole parere della S.V. Ill/ma, se il taglio proposto di circa 25 o 30 centimetri (in modo da far coincidere l’asse della statua coll’asse della base per migliorare l’estetica del Monumento, visto di fianco, e se tale lieve modificazione, a di Lei giudizio, possa dar motivo di lagnanze per parte degli eredi dell’Autore o di chiunque vi abbia diritto. Unisco, a tale scopo, la fotografia del profilo della statua, nella quale risulta evidente la dissimmetria lamentata, e che può servire di base al giudizio della S.V. Ill/ma, qualora non voglia rendersene personalmente conto con apposito sopralluogo. Le sarò grato di un suo cortese riscontro, possibilmente sollecito, dovendosi proseguire il lavoro, e le porgo fin d’ora vivissimi ringraziamenti. Con distinti ossequi».
5. «Grato suo gentile invito spiacente che motivi famigliari vietino allontanarmi da Bologna, per assistere cerimonia onore Morgagni stop ossequi soprintendente Corsini».
6. Finanziato dal Rotary Club di Forlì e dalla FOndazione Cassa dei Risparmi di Forlì.

 

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