Il Novecento si fa largo

La bella periferia di Forlì sorta attorno a Viale Fulcieri negli anni Venti

Testo e foto di Pietro Barberini

La morfogenesi di una città spesso trova identificazione e caratteri distintivi nello sviluppo infrastrutturale e nella stessa “personalità” stilistica d’interi quartieri.
È il caso della periferia sud orientale di Forlì che dopo duemila anni di storia, respira e ripropone un assetto urbano derivante dagli insediamenti romani del II secolo a.C. Lo spazio che guarda a libeccio della via Emilia  ed ha il suo asse in viale Fulcieri Paulucci de’ Calboli rappresenta l’accampamento romano nella Gallia Cisalpina in versione novecentesca.
L’antica Forum Livii, importante presidio territoriale, nasce, infatti, non lontano dal fiume Bidente-Ronco e dove il Montone, dopo aver ricevuto le acque del Rabbi, allarga la sua conoide di deiezione.
Anche per Forlì vale il detto latino aquæ condunt urbes, perché, all’incrocio fra importanti vallate appenniniche e quella strada che portava alle Gallie, nascono e si sviluppano alcune città di fondamentale importanza per la colonizzazione romana della Valpadana.
La via Emilia, dal 187 a.C., disegna, infatti, un impianto che nel corso della storia, ma soprattutto all’inizio del Novecento, dispiega e delinea nuovi assi infrastrutturali e abitativi, predisponendo aree di sviluppo per quartieri residenziali che completano una città già fiorente nei commerci e nei mercati agricoli e con alcune industrie tessili e chimiche presenti nel suo tessuto urbano.
La rivoluzione era iniziata nel 1861 con la ferrovia costruita parallelamente alla strada consolare romana, una via ferrata che corre da Bologna a Forlì mantenendosi a meno di un chilometro di distanza dalla millenaria direttrice.
Con l’Italia unita, la ferrovia e i viali di circonvallazione modernizzano la città, mutandone l’aspetto e conquistando spazi dove vengono a localizzarsi le prime industrie. Non essendoci ostacoli, come il corso del fiume Montone che lambisce Forlì nella sua parte sud occidentale, la periferia residenziale si sviluppa in senso ortogonale rispetto alla via Emilia fuori Porta di borgo Cotogni dove,nella seconda metà degli anni Venti, si aprirà il monumentale piazzale della Vittoria con l’imponente viale della nuova stazione, inaugurata il 30 ottobre 1927.
In quello scacchiere della città il terreno è pianeggiante e si allunga verso il pedemonte che appare come una prospettica scenografia urbana.
Forlì, cinta dai viali di circonvallazione e allungata lungo l’asse dell’antico decumano che la percorre da est ad ovest, ha perso tutte le sue porte, antichivarchi daziari: una di queste, la monumentale Porta di Borgo Cotogni, viene sostituita da due palazzi gemelli, Bazzini e Benini, che tuttora dividono Piazzale della Vittoria da Corso della Repubblica. Dall’altra parte verso Faenza, l’antica Porta Liviense è stata rimpiazzata da Porta Schiavonia, tuttora esistente, che guarda verso il ponte sul fiume Montone, già Liviense. Nella parte sud orientale di Forlì cresce il segno distintivo di una nuova architettura: i viali che corrono paralleli fra loro trattengono il silenzio della storia, nella quiete di villette unifamiliari, che dagli anni Venti agli anni Trenta hanno tratteggiato con eleganza un modo di abitare e vivere la città. Una periferia vera, nel senso etimologico del termine, al limite di un’area cittadina che conteneva l’operosità cara al regime: i treni in orario, le fabbriche, la scuola, le parate… Da questo tessuto semplice e mai banale che tuttora conserva quasi inalterate le sue valenze con una viabilità ariosa eppure appartata, si staccano le aree sportive, lo stadio con il velodromo e, molto più discosto, il campo di volo. Ora quella superficie erbosa è diventata una grande pista d’atterraggio per i moderni jet di linea e il nastro di cemento è parallelo alla strada fatta costruire duemiladuecento anni fa dal console Marco Emilio Lepido. Dove poteva abitare un ceto borghese nuovo, insofferente agli intruppamenti prediletti dal fascismo che a Forlì ne riproponeva in “sedicesimo” i fasti? In una zona appartata, al limite del centro cittadino, lontano dai clamori delle cronache e in belle residenze contraddistinte da uno stile lineare e da eleganti decorazioni: era il segno di riconoscimento di una borghesia che voleva salire, ma la periferia dell’“impero” diventerà, ben presto, stretta. Così ora quel quartiere, dove lo stile “Liberty” non acquisisce mai esuberante presenza, resta sobrio e non conosce le regole del tempo, anzi rivive di nuova luce.

Sopra alcuni scorci e particolari delle villette degli anni ’20 del Novecento nel reticolo di strade fra i giardini pubblici e viale Fulceri, ai margini sud est del centro storico di Forlì

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