Società finte per una frode fiscale da 1,7 milioni nell’abbigliamento: due arresti

Custodia cautelare in carcere per un imprenditore e un commercialista indagati dalla guardia di finanza. Sequestrati beni e risorse per due milioni di euro. I due già sotto inchiesta nel 2018 per una vicenda simile con un sequestro da 3 milioni

FotoUna presunta frode fiscale da 1,7 milioni di euro realizzata con un arcipelago di società della produzione e commercio di abbigliamento, formalmente intestate a cittadini cinesi, usate per emettere fatture per operazioni inesistenti. Di questo è convinta la guardia di finanza a proposito di un imprenditore di Faenza e un commercialista di Firenze. I due sono stati arrestati nella mattinata odierna, 26 maggio, per effetto di un’ordinanza di custodia cautelare: sono accusati di frode fiscale, occultamento delle scritture contabili e omesse dichiarazioni fiscali. Il gip ha disposto anche il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie, beni mobili ed immobili per un valore di oltre due milioni di euro riferibili ai due arrestati, ai loro sodali cinesi e ai familiari che si sarebbero prestati al riciclaggio delle somme provenienti dai reati fiscali.

È l’esito dell’indagine “Fior di loto 2” avviata tre anni fa dalle Fiamme Gialle della compagnia di Faenza, coordinate dalla procura di Ravenna. A seguito di una verifica fiscale eseguita dai Finanzieri nei confronti di un’azienda di commercio all’ingrosso di abbigliamento, era emerso che non aveva mai presentato alcuna dichiarazione dei redditi. Le attività ispettive hanno ben presto consentito di appurare che tale azienda era una scatola vuota, priva di reale consistenza economica ed aziendale

Il colonnello Andrea Fiducia, comandante provinciale della guardia di finanza

Gli approfondimenti della Finanza hanno permesso di accertare che le società utilizzate per la presunta frode fiscale operavano per un breve periodo di tempo, per poi venire chiuse e sostituite da nuove imprese, sempre intestate a cittadini cinesi e costituite ad hoc per perpetuare lo schema. In alcuni casi è emerso anche l’occultamento delle scritture contabili per rendere più difficoltosa la ricostruzione dell’attività fraudolenta.

Gli inquirenti ritengono che l’imprenditore faentino, per sottrarsi al pagamento delle imposte e a possibili azioni esecutive, avrebbe simulato una serie di donazioni di beni immobili di sua proprietà ad alcuni familiari ed ha trasferito cospicue somme derivanti dalle frodi fiscali su conti bancari esteri e su conti di propri congiunti, i quali si sono poi adoperati per riciclare i proventi illeciti.

Foto 1Non è la prima volta che l’imprenditore faentino, ora in carcere di Ravenna, e il commercialista toscano vengono indagati. Già nel febbraio del 2018 i due erano stati destinatari di un provvedimento di sequestro di oltre tre milioni di euro. Anche in quel caso le Fiamme Gialle di Faenza avevano ricostruito un articolato schema di false fatturazioni concretizzato sempre attraverso l’utilizzo di società cartiere intestate a cittadini cinesi.

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