«La pioggia di soldi pubblici del Pnrr stuzzica l’appetito della criminalità»

Il comandante della guardia di finanza di Ravenna spiega le strategie delle organizzazioni malavitose. Firmato un protocollo con procura e Camera di Commercio per contrastare le infiltrazioni

Foto 3 GdF

Le fasi dell’arresto del taglieggiatore di Milano Marittima

«Fino a un certo momento storico usava solo la forza dell’intimidazione e la violenza per imporre ai commercianti il pagamento del pizzo, poi la criminalità organizzata è entrata nell’economia, costringendo gli imprenditori a fare affari con le aziende infiltrate, imponendo loro, ad esempio, fornitori e lavoratori contigui ai clan. Ora i gruppi criminali sembrano più interessati a controllare, spesso indirettamente, imprese già radicate sul territorio per intercettare i flussi di denaro pubblico, perché sono più sicuri degli utili sul mercato privato, soprattutto nei periodi di crisi». La sintetica panoramica dei business malavitosi è del colonnello Andrea Mercatili, comandante provinciale della guardia di finanza a Ravenna da luglio 2020 e in precedenza operativo in territori della Penisola dove il radicamento di organizzazioni criminali nell’economia legale è un fenomeno storico accertato.

L’ufficiale delle Fiamme Gialle, in rappresentanza del corpo sul territorio, ha di recente firmato un protocollo d’intesa con la procura della Repubblica e la Camera di Commercio finalizzato proprio a migliorare i rapporti di collaborazione tra le amministrazioni per contrastare la possibile infiltrazione della criminalità nel tessuto economico locale. Anche la sola attivazione di un protocollo può avere un effetto deterrente: «È un po’ come le inferriate alle finestre: non danno la garanzia di essere impenetrabili, ma il ladro magari sceglie la casa accanto che non le ha per fare meno fatica».

FinanzaSiamo alla vigilia dell’attuazione del Pnrr. Una pioggia di investimenti pubblici. «Sono risorse che susciteranno gli appetiti della criminalità, anche organizzata, che tenderà a inserirsi nei settori economici e nelle realtà territoriali che saranno maggiormente beneficiati dalle linee strategiche del Piano, preferibilmente per mezzo di società già presenti da utilizzare come veicolo per drenare risorse finanziarie pubbliche per poi, magari, procedere alla loro dolosa spoliazione patrimoniale e abbandonarle al fallimento. Un canale potrebbe essere la partecipazione a gare per appalti pubblici, più probabilmente come sub-appaltatore o affidatario di singole fasi lavorative». Una possibilità più che concreta perché la malavita, nel corso del tempo, ha maturato una sua professionalità imprenditoriale: «In certi settori si è fatta impresa e ha sviluppato competenze: pensiamo allo smaltimento rifiuti, al movimento terra, all’edilizia, solo per fare qualche esempio concreto. Le interdittive antimafia lo dimostrano».

Ecco perché la guardia di finanza ha rimodulato l’attenzione operativa. Attualmente, ci spiega il comandante, è stata incrementata l’attività di controllo della spesa pubblica e sono state rimodulate le risorse impiegate in altri settori, quali, ad esempio, le ordinarie verifiche fiscali amministrative nei confronti delle imprese: «Stiamo approntando un sistema di analisi per accertare che le misure di sostegno economico vadano effettivamente a beneficio delle imprese».

Il neonato protocollo vuole agevolare lo scambio informativo per facilitare l’individuazione tempestiva di accadimenti aziendali che possono costituire indicatori sintomatici di un tentativo di infiltrazione da parte di consorterie criminali: «Sono come delle spie da cui partire per avviare le conseguenti verifiche. Ad esempio l’ingresso di nuovi soggetti tra i titolari di quote societarie di un’azienda, fino a quel momento a gestione familiare, può essere un segnale, così come alcune deleghe gestionali a favore di nuovi soggetti: quando la criminalità immette denaro in una società poi gradisce avere un suo referente all’interno. È bene poi monitorare anche i cambi di sede: gli spostamenti dal territorio di origine verso grandi città possono essere un tentativo di nascondersi agli occhi dei controlli». Un’esigenza concreta per un’impresa manovrata da capitali sporchi è proprio quella di sfuggire a chi indaga: «Prestanomi, sedi fittizie, lunghe catene di controllo delle società sono solo alcune delle mosse per schermare la riconducibilità della reale attività illecita agli effettivi beneficiari».

Finanza MausoleoUn’impresa in difficoltà può avere la tentazione di ricorrere all’ossigeno di capitali sporchi di dubbia provenienza. L’opinione del colonnello, alla luce dell’esperienza in carriera, è che raramente l’imprenditore sano e avveduto sia ignaro del profilo di rischio criminale di certi investitori o dell’opacità di certe operazioni: «Ad esempio quando, magari su consiglio di qualche professionista senza scrupoli, si decide di rivolgersi al mercato parallelo del credito e non a intermediari finanziari abilitati oppure si decide di utilizzare fatture false o anche solo gonfiate per abbattere l’imponibile fiscale o per redigere un bilancio più rassicurante, oppure si decide di esternalizzare la gestione della manodopera per abbattere il carico previdenziale. In questi casi è chiaro che si accettano compromessi gestionali e con questi il rischio di ritrovarsi in circuiti illegali. I cosiddetti colletti bianchi sembrano avere delle formule magiche per salvarci dalla deriva economica, ma poi si rivelano a volte solo il lato rassicurante di una prepotenza criminale».

Mercatili Guardia Di Finanza

Andrea Mercatili, comandante provinciale della Guardia di Finanza di Ravenna

Per contrastare questi fenomeni i magistrati della procura di Ravenna e gli investigatori specializzati si potranno avvalere ora del contributo della Camera di Commercio che metterà a disposizione, in formato elettronico, un set selezionato di informazioni estrapolate dal Registro delle Imprese. Far parlare le carte è una necessità in questo tipo di investigazioni: «L’attività di polizia economico-finanziaria – riflette il comandante – va a tutelare le casse pubbliche e quindi, indirettamente, l’intera collettività. Quasi mai, tuttavia, per le singole condotte fraudolente c’è un soggetto privato che è parte lesa e che presenta denuncia. Per questo non resta che incrociare i dati a disposizione e cogliere ogni spunto che viene dall’analisi per poi avviare in merito i necessari approfondimenti sul campo». Su quest’ultimo aspetto il comandante della Finanza vuole essere preciso. Non basta solo un computer sulla scrivania per scovare i criminali economici: «Disponiamo di software che facilitano il lavoro di analisi in ufficio. Abbiamo programmi che incrociano più banche dati e mettono in relazione le informazioni restituendo grafici e report che collegano posizioni anche apparentemente distanti fra loro. Ma alla fine serve sempre l’esperienza, la professionalità, l’acume investigativo e la sensibilità operativa del finanziere che va alla ricerca di riscontri per dare fondatezza all’ipotesi investigativa».

Oltre a contrastare i tentativi di infiltrazione, parallelamente le Fiamme Gialle sono concentrate anche nell’aggressione dei patrimoni illeciti già accumulati dalle consorterie criminali. Dall’inizio della pandemia in provincia le Fiamme Gialle hanno svolto accertamenti patrimoniali su 174 soggetti in applicazione della normativa antimafia, sequestrando beni per oltre 7,5 milioni di euro. Sotto la lente sono finite persone condannate per gravi reati accostabili alle condotte tipiche della criminalità organizzata, ma anche chi risulta vivere abitualmente di delitti e per questo è ritenuto socialmente pericoloso. In parole povere si quantifica il patrimonio e il tenore di vita del soggetto investigato, individuando non soltanto i beni e le risorse finanziarie di cui lo stesso ha la titolarità diretta e personale, ma anche tutto il patrimonio di cui ha una disponibilità di fatto, anche se formalmente intestato a familiari o prestanomi. Queste disponibilità vengono poi confrontate con i flussi reddituali dichiarati nel tempo da quello stesso soggetto per capire se il suo tenore di vita è coerente. La differenza non giustificabile può essere confiscata e passare nelle mani dello Stato.

«L’aggressione patrimoniale è un’arma potente per neutralizzare gli appetiti criminali. Dall’inizio della pandemia a Ravenna abbiamo ricostruito profitti illeciti derivanti da gravi reati economico finanziari per oltre 86 milioni di euro, sequestrando beni per un valore di circa 77 milioni di euro e procedendo già alla successiva confisca a favore dello Stato di cespiti immobiliari e finanziari superiori ai 3,5 milioni di euro».

Il colonnello conclude con una riflessione rassicurante: «Il nostro territorio è caratterizzato da un alto senso civico e di legalità. Per dirla con un lessico sanitario, che ora purtroppo è divenuto gergo comune, ci sono importanti anticorpi che costituiscono una salda barriera contro il contagio e che comunque limitano gli effetti dell’infezione».

Dati/1: Antimafia, nel 2020 62 accertamenti patrimoniali
Nel 2020, in applicazione della normativa antimafia, sono stati sottoposti ad accertamenti patrimoniali 62 soggetti in provincia di Ravenna, e ammonta a oltre 3,2 milioni di euro il valore dei beni proposti all’autorità giudiziaria per il sequestro. In materia di repressione del riciclaggio dei capitali illeciti sono state sviluppate 17 indagini da cui è scaturita la denuncia di 35 persone per riciclaggio e auto-riciclaggio, nei cui confronti sono stati ese­guiti sequestri di beni per circa 800mila euro.

Dati/2: l’anno scorso 9 denunciati per reati contro la pubblica amministrazione
Nel settore del contrasto agli illeciti in materia di spesa pubblica gli interventi nel 2020 sono stati complessivamente 376, più del doppio rispetto al periodo precedente alla pandemia, con 47 deleghe d’indagine della magistratura ordinaria concluse, mentre 13 sono state quelle delegate dalla Corte dei Conti. Sono stati segnalati alla magistratura contabile sei soggetti per danni erariali, per un valore accertato di circa 760 mila euro. Con specifico riguardo al comparto della spesa previdenziale sono stati denunciati 27 soggetti e individuati circa 193mila euro indebitamente percepiti. Sono stati poi eseguiti 308 interventi sulla regolarità delle prestazioni sociali agevolate, triplicando il dato dell’annualità precedente e denunciando all’Autorità Giudiziaria di 14 soggetti per indebita percezione del reddito di cittadinanza. Le persone denunciate per reati contro la pubblica amministrazione sono state 9 con un importo irregolarmente percepito dai dipendenti pubblici per circa 217 mila euro.

Dati/3: nel 2020 scoperti 25 evasori totali sconosciuti al Fisco
Nel 2020 la guardia di finanza in provincia di Ravenna ha denunciato 76 persone per reati fiscali. Il valore dei beni sequestrati per evasione è stato di oltre 10 milioni di euro. Nel 2019 i denunciati erano stati 138 e i beni sequestrati valevano 7 milinoi. Il contrasto all’economia sommersa ha portato all’individuazione l’anno scorso di 25 soggetti sconosciuti al Fisco (evasori totali), che hanno evaso complessivamente oltre 2,5 milioni di Iva. È stata invece superiore ai 13 milioni di euro l’Iva recuperata a tassazione grazie a investigazioni antifrode.

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