Il direttore del Parco del Delta ricorda il progetto da 350mila euro già presentato e ora di nuovo in tavola. Intanto disposto lo svuotamento della palude da 250 ettari dopo i primi casi di botulismo, per evitare il ripetersi dell’epidemia 2019. A marzo è tornato in funzione dopo vent’anni il sifone che preleva acqua dal canale Carrarino ma da luglio è inutilizzabile per manutenzione
«La presenza del batterio del botulino è naturale in ambienti simili e non è di per sé dannosa – spiega Massimiliano Costa, direttore del Parco del Delta del Po –, lo diventa quando sviluppa la tossina e questo avviene in particolari condizioni dell’acqua: poco ossigeno e temperature elevate». Il clima di questo periodo è chiaramente lo scenario perfetto. Lo svuotamento della valle – già avvenuto negli ultimi due anni – è stato disposto anche in previsione dell’arrivo degli uccelli acquatici in migrazione dal nord Europa.
Quanto detto finora, può bastare per mostrare la caratteristica fondamentale di valle Mandriole: la gestione idraulica è artificiale e non più secondo gli eventi naturali. I fiumi Lamone e Reno sono le fonti per le immissioni, Baiona e canale Destra Reno sono le destinazioni per i deflussi: «Ma gli ingressi e le uscite di acqua sono regolati dall’uomo. E questo vale anche per le vicine Punte Alberete e valli di Comacchio. Sono le conseguenze di decisioni prese decenni fa quando il corso dei fiumi venne definito dagli argini e vennero bonificate parti di paludi conservandone solo una porzione. Si è creato un ambiente unico completato dalla pialassa Baiona. Oggi se si lasciasse il collegamento diretto con i fiumi si riempirebbero troppo in fretta».
Ma se le estati siccitose saranno sempre più frequenti, ci sarà sempre acqua a disposizione per regolare la sopravvivenza di queste zone? «Punte Alberete è meno idroesigente. La situazione più delicata è valle Mandriole dove il livello dell’acqua potrebbe arrivare a un metro ma il sifone attuale basta per 40 cm». L’unica possibilità è una condotta idraulica aggiuntiva: «C’è un progetto per attingere altra acqua direttamente dal Lamone più a nord. È un investimento da 350mila euro circa che in passato non è stato approvato. Ora lo stiamo aggiornando. Se riuscissimo a tenere un livello di 80 cm durante l’inverno con ricambio costante di acqua, arriveremmo all’estate con tanta acqua riducendo i rischi».
Si eviterebbe lo sviluppo di tossine, ma non immaginatevi lo scenario perfetto. La questione della qualità dell’acqua non è secondaria: «Non dipende da noi. Evitiamo le prime acque dopo i periodi di siccità perché lavano i fiumi, cerchiamo di prenderla dalle code di piena, ma la qualità è peggiorata. Negli anni si sono estinte centinaia di specie: molluschi, insetti, piante. Punte Alberete, ad esempio, ogni anno a maggio era una meraviglia con la fioritura delle ninfee. Ora non ci sono più».