Operaio morì nella discarica, condannato dirigente di un’azienda del gruppo Ciclat

Un 26enne era assunto dalla ditta Ravenna Chimica come autista/manovratore ma venne mandato a fare manutenzione a un mezzo pesante senza avere avuto la formazione per quella mansione. Si apre un nuovo filone di indagine: si ipotizza che i veri gestori dell’azienda fossero altri

INFORTUNIO MORTALE DISCARICA HERA CERVIA (RA)Un incidente sul lavoro all’interno della discarica Hera di Cervia il 14 gennaio 2021 causò la morte del 26enne operaio Christian Vernocchi e dopo quasi tre anni è arrivata una condanna per omicidio colposo a otto mesi e dieci giorni (la procura chiedeva un anno in più) per il legale rappresentante di Ravenna Chimica, azienda del gruppo Ciclat per cui lavorava la vittima e che aveva in appalto da Hera la gestione dei mezzi all’interno della piattaforma ecologica. Sono state riconosciute le attenuanti generiche e il fatto che l’assicurazione abbia risarcito i genitori del ragazzo morto. La sentenza del tribunale è riportata sull’edizione odierna dei quotidiani locali, Resto del Carlino e Corriere Romagna.

Christian VernocchiNella ricostruzione dei fatti della Medicina del Lavoro era emerso che Vernocchi era assunto come autista/manovratore con il compito di stoccare i rifiuti con i mezzi a disposizione. Alla fine di un turno di lavoro fu mandato dall’azienda a riparare la benna di una pala gommata nonostante non avesse formazione per quella mansione. Sul mezzo era rimasto un collega che dimenticò di inserire un sistema di bloccaggio e quando il mezzo pesante si spostò finì per travolgere il 26enne poi morto in ospedale.

Inizialmente gli indagati erano quattro: il collega della vittima e autista della pala meccanica ha patteggiato undici mesi, archiviazione per l’impresa che aveva fornito il macchinario e per il legale rappresentante di Hera.

Ora però potrebbe aprirsi un nuovo filone di indagine. Il giudice ha trasmesso gli atti alla procura, sempre con l’ipotesi di omicidio colposo, per il fratello del legale rappresentante della Ravenna Chimica e la sua compagna: sarebbero loro i veri gestori dell’azienda e l’uomo condannato solo un prestanome.

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