L’Unione italiana tiro a segno (Uits) ha tre sezioni in provincia (altre 22 nel resto della regione per un totale in Italia di 260): a Faenza dal 1861, a Ravenna dal 1862 e a Lugo dal 1884. I numeri locali dicono che gli iscritti sono in calo. Ravenna ne ha mille, erano circa 1.400 prima del Covid. Faenza ne ha 160, erano 407 cinque anni fa e 513 dieci anni fa. Lugo ha scelto di non fornire numeri e informazioni sulla sua attività.
Se poi si escludono i cosiddetti soci obbligati (guardie giurate o appartenenti alle polizie locali), i soci volontari di Ravenna e Faenza che svolgono attività sportiva o ricreativa per passatempo sono oggi meno di settecento. In provincia ci sono 5.300 licenze di porto di fucile per uso sportivo, ma non è obbligatorio il tesseramento in una sezione di tiro a segno.
Il poligono di Faenza, in via San Martino, è stato colpito da tre alluvioni, nel 2024 è rimasto chiuso per dieci mesi. «Dopo il terzo allagamento del 19 settembre 2024 – spiega il presidente Francesco Fabbri –, abbiamo ottenuto dal Genio Militare l’agibilità e riaperto solo lo stand di tiro a 25 metri, per attività istituzionale e sportiva». A mandare avanti l’associazione ci pensano dodici persone tra consiglieri e direttori di tiro, tutti volontari a titolo gratuito. I soci volontari sono 62 uomini e 14 donne con una età media di circa 50 anni. Nel 2022, l’ultimo anno senza alluvioni, il 25 percento dei tesserati non ha mai sparato. L’attività sportiva è praticata regolarmente da circa 25 tiratori, il miglior risultato recente è di Monica Montanari con il titolo italiano assoluto 2024, categoria master donne, nella specialità pistola automatica.
Ivo Angelini ha 70 anni e dal 2007 è presidente della sezione di Ravenna (esclusa una parentesi di 4 anni) dove entrò per la prima volta come socio nel 1979: «Ereditai un’arma da mio suocero e feci il corso per l’abilitazione al maneggio. Da quel giorno è cominciata la mia passione. Avevo abbandonato un po’ con la nascita della prima figlia e poi ho ripreso una ventina di anni fa». L’attività del poligono in via Trieste viene mandata avanti da due impiegate e una ventina di volontari. «La pandemia ci ha dato una bella mazzata, come è successo a tante associazioni sportive dilettantistiche. Le limitazioni imposte dai vari decreti per due anni hanno causato la disaffezione di molti frequentatori. E poi ci si è messa la crisi economica, perché questo non è un passatempo proprio economico. Il tesseramento annuale costa 85 euro, poi per sparare 50 colpi se ne vanno 25 euro tra cartucce e pedana e altri dieci se si affitta l’arma. E tutto dura 30-40 minuti…».
Attrarre nuove leve per mandare avanti l’attività sportiva non è facile. C’è da fare i conti con un atteggiamento critico verso il mondo delle armi generalizzato tra l’opinione pubblica: «Una volta in tutte le case c’era un nonno che andava a caccia, adesso è un passatempo molto meno diffuso. Questo fa sì che ci siano meno famiglie in cui l’arma viene vista come qualcosa che non necessariamente è uno strumento di aggressione. Ma la demonizzazione delle armi c’è da sempre. Io posso però dire che tra i nostri soci abbiamo persone che, per dirla con una battuta, si collocano su tutto l’arco costituzionale. Come associazione cerchiamo di mostrare alla cittadinanza che la nostra sezione è un luogo di ritrovo dove si può passare del tempo e praticare un’attività in sicurezza».
I curiosi di saperne di più possono entrare liberamente e rivolgersi ai volontari. Con precise limitazioni: «Mostriamo la sezione, spieghiamo come si svolge l’attività, diamo tutte le informazioni per diventare praticanti, possiamo anche far vedere chi sta sparando, ma ovviamente lo fa solo chi è abilitato».
Per chi vuole provare ci sono gli open day, aperti a chi ha almeno 10 anni: «Si usano solo armi ad aria compressa con potenza inferiore a 7,5 joule che sono di libera vendita e c’è l’assistenza di istruttori qualificati. Di solito c’è molta affluenza perché si può sperimentare qualcosa che non si può fare altrimenti. Dopo l’open day di ottobre abbiamo avuto tre tesseramenti tra i giovani, nessuno tra gli adulti che quando sanno di dover fare il corso per l’abilitazione al maneggio non aderiscono. Per i minorenni, invece, non è richiesto se sono iscritti a una sezione sportiva». A Ravenna gli under 18 sono una quindicina.
Chi ha superato la prova teorica e pratica per ottenere l’abilitazione al maneggio non ha bisogno di altre autorizzazioni per praticare l’attività di tiro a segno a livello amatoriale: se non intende acquistare un’arma propria, può usare quelle custodite dalla sezione dove restano a fine sessione.
Idea di riqualificazione per via Trieste
La sezione di Ravenna del tiro a segno occupa un lotto di 21mila mq tra via Trieste e la banchina del canale Candiano, compreso tra lo scolo Lama e via Pag. Sul lato della Darsena si affaccia la sede storica, di proprietà del Demanio, costruita in cemento armato e tutelata dalla Soprintendenza. La parte moderna che oggi viene utilizzata è invece di proprietà del Comune. L’associazione che ha la gestione ha proposto un progetto di riqualificazione complessiva che prevede la realizzazione di una galleria di tiro da 150 metri per fucili di grosso calibro e sopra a questa una galleria per armi ad aria compressa con uno spazio verde aperto al pubblico dotato di percorso vita.
Avancarica: il 6 gennaio si spara come nel 1800
Ogni 6 gennaio al poligono di Ravenna si svolge la gara goliardica non competitiva del tiro alla scopa della Befana: si spara da 25 metri per cercare di centrare e spezzare il manico in legno di una scopa. Si utilizzano armi ad avancarica, la passione di Ivo Angelini: «Sono armi che hanno il meccanismo di quelle del 1700-1800. Cartuccina in ottone, palla sferica di piombo e polvere nera. Dopo ogni colpo va rifatta tutta la procedura di carica. Sono le armi che vediamo nei duelli dei film. Oggi ci sono alcuni produttori che realizzano ancora queste armi e c’è un campionato dedicato». Angelini lo considera un altro mondo rispetto al più classico tiro a segno con approccio sportivo: «L’appassionato di avancarica vive la cosa più come un modo per stare assieme. Una cinquantina di colpi si spara in un’ora e mezza almeno».