Un maggiorenne su otto residenti in provincia di Ravenna possiede legalmente almeno un’arma da fuoco. In numeri assoluti si tratta di circa 40.616 persone su circa 390mila abitanti (compresi i 60mila minorenni). La statistica riferita al 2023 è stata fornita dal dipartimento di pubblica sicurezza del ministero degli Interni a seguito di una richiesta di accesso civico generalizzato presentata da Ravenna&Dintorni.
La media ravennate è più alta di quella nazionale. Nel 2023 il numero di italiani che possedevano almeno un’arma ammontava a quasi 4,7 milioni di persone, pari a un adulto su dieci (dato divulgato da SkyTg24 a fine 2024). A livello italiano è plausibile che in una famiglia su cinque ci sia un’arma.
«Secondo la legislazione italiana – spiega Francesco Baratta, funzionario della divisione Pas (polizia amministrativa e sociale) della questura di Ravenna – la norma è che il cittadino non possa detenere e portare armi perché queste sono lasciate a chi si occupa dell’ordine pubblico. Ogni arma posseduta da un privato cittadino va quindi considerata come un’eccezione rispetto alla norma e viene concessa solo dalle autorità e solo a determinate condizioni».
Il primo requisito da soddisfare è l’idoneità psico-fisica. Il medico di base rilascia un certificato anamnestico con il quadro generale di salute della persona e l’esclusione di patologie psichiche, dell’uso di psicofarmaci e dell’abuso di stupefacenti e alcolici. Un secondo medico dell’Ausl visita la persona per ulteriori accertamenti. Ogni cinque anni va rinnovata l’idoneità che costa circa cento euro.
Il secondo requisito è ottenere il diploma di idoneità al maneggio delle armi (noto anche con l’acronimo Dima). Viene rilasciato dalle sezioni di tiro a segno dopo aver partecipato a una giornata di lezioni in aula e superato una prova teorica (quiz) e una pratica. Costa 165 euro e non ha bisogno di rinnovi. Al poligono di Faenza, per esempio, ne sono state rilasciati 18 nel 2024 e 42 nel 2023. In media un candidato su dieci non supera il primo tentativo e deve ripetere.
Soddisfatti questi due requisiti, il cittadino può richiedere l’autorizzazione all’acquisto. La questura è competente per due casi: il nulla osta per la semplice detenzione domiciliare o la licenza di porto d’armi per attività sportiva o per attività venatoria. La prefettura, invece, rilascia il porto d’armi per difesa personale o per guardia giurata.
«Il nulla osta rilasciato dalla questura ha una validità di 30 giorni entro cui fare l’acquisto in armeria con un numero limitato di munizioni – illustra Baratta –. L’arma va custodita nell’abitazione e non può essere usata o portata altrove. Per eventuali acquisti successivi va rifatta la procedura».
Il nulla osta va richiesto anche da chi si ritrova a ereditare un’arma dopo il decesso di un parente e vuole tenerla (l’alternativa è fare la rinuncia e consegnarla alle autorità per la distruzione). Da circa vent’anni per la questura di Ravenna è in vigore una circolare che – solo nei casi di eredità – consente l’intestazione delle armi prive di munizioni senza bisogno di conseguire l’abilitazione al maneggio. «È stato fatto per andare incontro a chi si ritrova a ereditare qualche decina di fucili da un genitore e intende rivenderli, ma non può farlo in tempi brevi».
Chi vuole dedicarsi al tiro a segno o alla caccia deve richiedere il permesso al trasporto, il cosiddetto porto d’armi. In provincia sono circa diecimila quelli in corso di validità (10.879 nel 2023 di cui 1.694 rinnovati o rilasciati in quell’anno): 4.834 per caccia (in calo) e 5.787 per sport (in crescita). «In altre parole sono licenze che autorizzano lo spostamento delle armi dal luogo di regolare detenzione al luogo dove se ne fa uso, cioè le zone di caccia o i poligoni sportivi». Nel 2023, ultimo dato disponibile, la questura ha respinto 38 istanze di rilascio porto d’armi e ne ha revocati 28. Nel 2024 i soci delle tre sezioni di tiro a segno della provincia di Ravenna sono poco più di settecento.
La licenza di porto d’armi sostituisce il nulla osta per gli acquisti in armeria e consente la detenzione di tre armi comuni da sparo, 12 armi sportive, un numero illimitato di fucili da caccia e 8 armi antiche (stessi limiti previsti per chi ha solo il nulla osta). I collezionisti possono richiedere una licenza speciale al questore: permette di detenere un numero illimitato di armi storiche di cui, però, non sarà possibile detenere il munizionamento né più di un esemplare per ogni modello. In provincia sono 70 le licenze da collezionista.
L’acquisto di armi o munizioni e gli eventuali cambi di residenza devono essere denunciati alle autorità entro 72 ore. La comunicazione di acquisto viene fatta anche dalle armerie.
Qualunque sia il tipo di titolo che autorizza il possesso o il trasporto, esistono precise disposizioni sulle procedure: «In casa non vanno custodite insieme alle munizioni, devono essere conservate in armadietti blindati chiusi a chiave e la chiave non va lasciata a disposizione di chiunque o in un posto facilmente individuabile. Quando si porta l’arma in auto va messa scarica nel baule».
Gli appartenenti alle quattro forze di polizia presenti in Italia (polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza e polizia carceraria, qualche centinaio di persone in provincia) possono portare nella propria abitazione l’arma di servizio se dotati delle apposite misure per la corretta detenzione. Per l’acquisto di armi personali è sufficiente mostrare l’attestazione di servizio senza ulteriori permessi.
Alla scadenza del porto d’armi, che dura cinque anni, è consentito rinunciare al rinnovo e mantenere l’arma nella propria abitazione, senza poterla più trasportare o utilizzare all’esterno e dovendosi comunque sottoporre a un controllo medico-psicofisico ogni cinque anni. Attualmente, in provincia, ci sono più di quindicimila persone proprietarie di almeno un’arma regolare senza la licenza di porto.
Questo articolo è una versione aggiornata di quello uscito sul numero del settimanale Ravenna&Dintorni del 12 dicembre. In quell’articolo si parlava di 30mila soggetti possessori di un’arma regolare. Il dato corretto è i 40mila riportati in questo articolo sulla base delle informazioni ottenute dal ministero dell’Interno che non aveva ancora risposto alla nostra richiesta entro la pubblicazione dell’articolo.