Paolo Rossi e l’arte di improvvisare

Parla il noto attore comico

paolo rossiQuando incontriamo Paolo Rossi sta cercando un regalo per suo figlio che compie gli anni. «Gli prendo un violino. Lo attaccherà al muro, ma sempre meglio coltivare la sua possibile passione per la musica. D’altra parte gli ho già procurato una chitarra elettrica, un basso e una batteria, ora un violino. Mi pare giusto che abbia anche un violino, così sceglie. Ha undici anni, anzi… oggi dodici». Le nuove generazioni sono importanti per Paolo Rossi, che sul palco ha sempre lottato tra il passato e il futuro, da grandi maestri con cui ha collaborato a giovani attori che con lui si sono formati.
Con lo spettacolo che è in tournèe adesso in Italia, e che passa anche dal Masini di Faenza sabato 17 gennaio (alle 21) porta in scena la maschera più famosa della commedia italiana: Arlecchino.
Non la spaventa cimentarsi con una figura che ha così tanta storia alle spalle?
«L’idea di questo spettacolo è molto vecchia, e nacque da un confronto con Giorgio Strehler, fu lui, il reinventore dell’Arlecchino che conosciamo oggi, a suggerirmi di fare un mio Arlecchino per rileggere in questa chiave alcuni dei miei pezzi più divertenti. Questo spettacolo non è un “best of” però, è come Bob Dylan dal vivo, che suona tutte le sue canzoni più note alla rovescia e nessuno le riconosce».
Il suo Arlecchino guarderà più a Goldoni e all’interpretazione di Ferruccio Soleri e di altri grandi attori e registi, o più alla tradizione della Com­media dell’Arte, quindi all’improvvisazione su canovacci comici?
«Sicuramentei mi  ispiro più alla commedia dell’arte, a quella maschera che risponde seguendo una traccia ma improvvisando molto. È un Arlec­chino che viene dall’aldilà».
Da che fattori è influenzato un attore mentre improvvisa?
«Da molti, per quanto mi riguarda da come mi sento io quella sera, dal teatro in cui sono, da come reagisce il pubblico. Non so nemmeno io come andrà una serata finché non ha inizio».
Dopo tanti anni cosa la appassiona ancora del teatro?
«Il teatro è tutto quello che so fare, non avrei altro».
Però frequenta anche la televisione e il cinema… si trova più a suo agio sul palco?
«Il mio è teatro che si declina per il mezzo che lo ospita, come nel caso della televisione».
Ha detto che Strehler le ha insegnato cos’è davvero il teatro, cosa insegna lei ai giovani che lavorano sul palco con Paolo Rossi?
«Non insegno niente, non so dare consigli o giudizi. Ma loro imparano comunque. Mio figlio, il grande, non quello del violino, ha creato un gruppo che si chiama Il terzo segreto di Satira, ed è molto bravo. Si è messo in proprio e ha fatto quello che voleva fare. Questo credo sia un buon esempio di cosa possono fare i giovani. Mi viene da ridere quando si parla di posto fisso. Io in vita mia non l’ho mai avuto un posto fisso…».

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