A lezione d’opera da Riccardo Muti: magistrale retroscena del “Macbeth” di Verdi

Si chiude venerdì 3 agosto al teatro Alighieri – con un concerto di brani dal melodramma diretto di quattro giovani direttori allievi – l’Italian Opera Academy guidata dal Maestro. Il diario di una prova generale d’orchestra

Aleksandr Polykov Muti Academy

Il giovane direttore d’orchestra Aleksandr Polykov con Riccardo Muti durante una lezione dell’Italian Opera Academy

Dopo due intense settimane di studio completamente dedicate al Macbeth di Giuseppe Verdi, il 3 agosto si conclude la quarta edizione dell’Italian Opera Academy. Dopo il concerto del Maestro Riccardo Muti che con la sua Orchestra Giovanile Luigi Cherubini ha eseguito una selezione di brani dell’opera, venerdì 3 agosto (alle 20.30) invece, è la volta dei giovani direttori d’orchestra, chiamati a dirigere sul podio della Cherubini lo stesso programma verdiano. Si conclude così lo straordinario percorso formativo che anche quest’anno ha guidato allievi e pubblico dritti al cuore dell’opera italiana. L’Accademia 2018 ha visto infatti al fianco di Muti quattro giovani direttori – Pak Lok Alvin Ho, John Lidfors (nati rispettivamente a Hong Kong e in Germania, ma entrambi impegnati lavorativamente negli Stati Uniti), Wilbur Lin (statunitense) e  Aleksandr Poliykov (ucraino), assime a quattro maestri accompagnatori: gli italiani Alessandro Boeri, Andrea Chinaglia, Luca Spinosa e la coreana Jeong Jieun. Per i pochissimi selezionati, fra le centinaia di domande d’ammissione arrivate da tutto il mondo e dalle scuole più prestigiose, si è trattato di un momento di alta formazione per trasmettere un patrimonio unico in tutta la sua profondità e autenticità.
Il programma attraversa i quattro atti dell’opera, concentrandosi su momenti chiave dello svolgersi del dramma: dal primo sguardo sul protagonista, nello scambio con Banquo “Giorno non vidi mai” che apre la vicenda dopo la profezia delle streghe, alla celebre scena “Sappia la sposa mia” con il pugnale immaginario che prelude al delitto. Non manca l’aria della Lady Macbeth “La luce langue” né l’apparizione del fantasma di Banquo. Dall’ultimo atto il coro “Patria oppressa” e il dolore di Macduff, il sonnambulismo di Lady Macbeth e, naturalmente, la caduta del tiranno con cui si conclude il dramma.
A cimentarsi nell’opera i cantanti Serban Vasile e Vittoria Yeo che rappresentano, rispettivamente, i ruoli di Macbeth e Lady Macbeth, Riccardo Zanellato è Banquo, Giuseppe Distefano è Macduff, Riccardo Rados interpreta Malcolm, mentre dama e medico sono Antonella Carpenito e Adriano Gramigni; sul palco anche il Coro Costanzo Porta guidato da Antonio Greco.

Lo spettacolo del Macbeth è molto complesso ed implica una certa difficoltà; nonostante ciò qualcuno potrebbe pensare che dirigere un’orchestra sia un gioco da ragazzi e che in fondo per agitare una bacchetta non sia necessaria chissà quale competenza. Per far svanire ogni dubbio su quanto sia necessaria un’autorità  capace di guidare orchestra e interpreti a rappresentare un’opera così magistrale, vi invito ad andare ad assistere, anche solo per un’ora, ad una prova d’orchestra del maestro Riccardo Muti. Vi ricrederete senza ombra di dubbio…
Lo dico perchè è un pò quello che è successo a me quando ho avuto l’opportunità di partecipare alle prove generali di questo Macbeth al Teatro Alighieri di Ravenna. Ovviamente stiamo parlando di uno dei più grandi direttori d’orchestra del mondo e non c’è quindi da stupirsi se con un solo movimento della mano ed una bacchetta fra le dita sia capace di suscitare forti emozioni, permettendo anche ai più inesperti di sentirsi vicini al mondo della lirica, un genere piuttosto difficile da apprezzare al giorno d’oggi, specialmente per le nuove generazioni ed i loro gusti musicali, del tutto lontani dal teatro d’opera.

Una platea piena di giovani, musicisti e non, tutti quanti muniti di spartito, di penna per prendere appunti e una passione che si legge sul viso quando, al suono di uno strumento o all’acuto di una voce, i loro occhi iniziano a brillare.
Un palco brulicante di musicisti concentrati chi sugli archi o sulle percussioni, sui legni e gli ottoni e, naturalmente, sui leggi a riguardare la partitura e ad ascoltare le esortazioni e i moniti del grande music director Muti. Un uomo quasi paradossale per il carattere che dimostra sul palco, il suo habitat naturale, il luogo in cui può e sa esprimere tutto sé stesso. Bastano una nota sbagliata, una croma eseguita con una durata doppia o un fuori tempo per scorgere sul suo volto una smorfia di rigore ed una severità che incute fra i suoi giovani allievi l’ansia per la responsabilità di essere su quel palco, in quell’orchestra, di fronte a lui. Ma ecco che, proprio quando ferma la musica con un gesto della mano e pensi che non abbia più voglia di proseguire, fa invece ripartire la musica e il clima di tensione viene stemperato in un batter d’occhio da qualche battuta ironica. «E tu sai cos’è il mèlos? – dice rivolgendosi ad un allievo – No? Beh, è il maschile di mèlas! Ed è da queste spiritosaggini che si spiana il terreno per far nascere delle vere e proprie lezioni di vita. Da un termine che sembra inventato, viene poi fuori che questo mèlos  è qualcosa di serio: è una melodia, un canto, una poesia lirica e che va ricercato con l’aiuto della sensibilità, un sentimento che accomuna tutti noi e che deve caratterizzare in particolar modo i musicisti, per far sì che imparino a «leggere dietro le note». «In fondo siete voi che fate la musica – commenta il Maestro –. Io sono solo una persona che dà indicazioni».

Ma la capacità didattica di Muti nel mettere a fuoco le sfumature della composizione di Verdi si avvale anche di citazioni e aneddoti dalla storia della musica e della testimonianza di grandi artisti come Richard Wagner. Dal genio dell’opera tedesca il Maestro prende a prestito la concezione di «correttezza musicale» secondo la quale è necessario «essere giusti» quando si fa musica ed aderire alle autorevoli regole e alla completezza della partitura. Viene da pensare che proprio grazie a questa ricerca della correttezza esecutiva Riccardo Muti abbia raggiunto vertici artistici di altissimo rilievo e con le sue lezioni voglia trasmettere questa osservanza scrupolosa ai suoi allievi. Le prove continuano e si entra sempre di più nel vivo dello spettacolo. Un movimento e il teatro si riempie di colori melodiosi: gli archi e gli ottoni creano il sottofondo perfetto per ogni frammento, i timpani e le varie percussioni rendono l’atmosfera quasi palpabile, i legni danno respiro alle arie dell’opera, il coro si alza in piedi ed accarezza il pubblico con la voce, i cantanti spiccano nel loro ruolo da solisti, mentre il direttore d’orchestra padroneggia tutta la scena.

A questo punto – anche senza scenografia e abiti eleganti, in un’atmosefera informale – i semplici retroscena dell’esecuzione di alcuni frammenti di un’opera diventano entusiasmanti e ricchi di emozioni, se orchestrati da un Maestro di tale spessore. Forse è vero – citando lo stesso Muti – che un direttore d’orchestra «è solo un uomo che dà indicazioni», ma se queste “indicazioni” si trasformano poi in suoni che riescono ad incantare l’anima ecco che la tecnica diventa arte ai massimi livelli.
Sembra di parlare di magia, invece è tutta un’altra musica.

 

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