Si spengono le luci sul Nightmare Film Fest: ecco i vincitori dell’edizione 2019

Serata conclusiva con Liliana Cavani e il suo “Il portiere di notte”, quindi la premiazione: è “Nathan’s Kingdom” il miglior lungometraggio

Liliana Cavani 3

Liliana Cavani in dialogo con Gianluca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna

Anche quest’anno il Nightmare Film Fest, la rassegna cinematografica di film da brivido di Ravenna, è giunta al termine. Nella serata di sabato 2 novembre sono stati proclamati i vincitori della diciassettesima edizione dei tre concorsi indetti dal festival e il pubblico ha potuto conoscere la regista Liliana Cavani, ospite d’onore dell’edizione 2019 del Festival assieme a Jean Jacques Annaud. Per l’occasione, il Palazzo dei Congressi si è riempito di cinefili e semplici curiosi che hanno partecipato ai tre momenti in cui la serata si articolava: in apertura, le parole di Liliana Cavani, in dialogo con il direttore della Cineteca di Bologna Gianluca Farinelli.  La regista ha raccontato al pubblico il suo percorso di regista, dalla scoperta del cinema, avvenuta grazie alla madre, ai film che ne hanno segnato la carriera.

Attrice Skin

L’attrice Madison Ford riceve il premio per il miglior lungometraggio vinto da “Nathan’s Kingdom”

Alle 21 si è poi sciolta l’attesa per la proclamazione dei vincitori dei Concorsi ed è avvenuta la consegna dei premi, realizzati dall’orafo ravennate Marco Gerbella: l’anello d’Oro al miglior film lungometraggio è andato a Nathan’s Kingdom  di Olicer Muños, mentre Skin di Guy Nattiv si è aggiudicato il premio di argento per il miglior cortometraggio. Infine, il premio della critica alla miglior regia del concorso internazionale lungometraggio è stato assegnato a Les Garçons Sauvages di Bertrand Mandico.

Terzo momento della serata, la proiezione del film Il portiere di notte  di Liliana Cavani, recentemente restaurato da CSC-Cineteca Nazionale e Istituto Luce-Cinecittà. Il film, realizzato nel 1974 con Charlotte Rampling e Dirk Bogarde, è la storia di due amanti atipici nella Vienna degli anni cinquanta: un’ebrea sopravvissuta all’Olocausto, sposata a un direttore d’orchestra, incontra alla portineria dell’hotel in cui alloggia il suo amante/aguzzino, ex ufficiale delle SS, con cui intraprende un rapporto sadomasochista.

Nel corso della serata la Cavani ha anche rivelato una curiosità sulla pellicola: in fase di montaggio, la regista si accorse di un filo che spuntava all’interno dell’inquadratura, proprio nella scena di maggior intensità emotiva tra i due protagonisti. Decise di lasciarlo «come portafortuna». Il filo non è stato ritoccato nemmeno con l’avvento del digitale, ed è quinti tutt’oggi presente nel film.

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