In via Mazzini riaprono la personale dell’artista polacca e una collettiva più “pop”, a conferma del panorama eclettico di una galleria apprezzata sia ad ArtVerona che alla recente Arte Fiera di Bologna
Passato l’esame ad ArtVerona in ottobre dove la galleria MAG è stata inserita dalla rivista Artribune fra i migliori 10 stand presenti, è stata la volta di Arte Fiera a Bologna, manifestazione appena conclusa, dove la responsabile della galleria ravennate Alessandra Carini ha scelto di presentare una selezione rappresentativa del lavoro e della filosofia del proprio spazio mettendo in esposizione opere di Joseph Beuys, Chiara Lecca, Giorgia Severi e Matteo Lucca. Ed è stato di nuovo un bel successo che conferma la qualità dell’itinerario del MAG.
Al ritorno a Ravenna, hanno riaperto quindi le due esposizioni inaugurate nella sede di Via Mazzini lo scorso dicembre, in cui sono presenti lavori di artisti e artiste della squadra della galleria.
La personale “Fortitude” di Monika Grycko – artista di origine polacca residente in Romagna da 30 anni – raccoglie sculture in ceramica e dipinti degli ultimi anni fino a lavori recenti, imbastiti – al di là dei diversi materiali impiegati – su temi lungamente attesi dall’artista, concentrati principlamente sui concetti di ibridazione e metamorfosi. Che sia la figura umana di Lili o l’animale umanizzato di Rat Mother poco cambia: il senso di incertezza inquieta che si prova davanti a queste nitide opere si mantiene; anzi, viene amplificato dal contrasto fra le algide superfici ceramiche, perfettamente levigate, e i soggetti rappresentati che sfuggono alla norma della realtà. La scultura di Lili mantiene per la quasi totalità una figura umana elegante, uno sguardo espressivo e un sorriso accattivante nonostante la sua ambigua fattura di grande bambola. Ma la testa è coronata da una serie di protuberanze simili a organi interni in modo da causare una forte sensazione di disturbo: quel che è dentro è fuori, e non è al suo posto. La stessa ambiguità attraversa Rat Mother in posa composta, piedi e mani acconciati in modo signorile, qualche piega sul ventre dovuta ad un leggero sovrappeso. Di nuovo, ciò che delude le aspettative alzando lo sguardo è la visione di un muso aninale muto e vitreo dagli occhi spenti.
Cervi, pecore, umani e lupi compaiono su grandi tele ad acrilico. Qui non è il processo di ibridazione a rendere incerto il panorama della realtà ma la posizione astratta degli animali, il set dello sfondo – glaciale o monocromo – e la gamma dei colori, tutti virati teneramente al rosa e azzurrino. Il lavoro si trasforma in una specie di bomba avvolta dalla confezione di confetti. Ancora altre opere: crani di animali modificati, trofei di musi sintetizzati in forme extraterrestri, oggetti rituali composti da pezzi anatomici. Le ambigue visioni interiori di Monika attraversano i territori del post umano, vincendo soprattutto quando nell’opera viene mantenuta confinata la sensazione di mortifero e l’eleganza tampona alcuni eccessi visivi.
Del tutto diversa è la collettiva di Rave 1836 in cui sono inseriti i lavori di artiste e artisti della galleria fra cui Anna Never, Lucia Nanni, Roberto Beragnoli & Elisabetta Cardella, Mia Pulcini, Dissenso Cognitivo, Margherita Paoletti, Riffbalst, Deco Rabiscando, Nic Alessandrini, Matteo Sbaragli e Riccardo Garolla.
Sculture, dipinti e molti lavori in mixed media rendono bene il panorama eclettico della galleria che mantiene un filone pop e in dialogo con fumetto, street art, pubblicità, stencil e writing, realizzati con piglio ironico o eleganti derive decorative.
È presente anche una seconda linea di lavori che invece si richiamano alla tradizione e che variano da un linguaggio volutamente naïve a sperimentazioni con le intelligenze artificiali, dalla narrazione di frammenti di vita quotidiana a ritratti e ambienti completamente spaesanti. Il campo artistico è ampio e restituisce la vivacità di questi anni e una dimensione immaginativa complessa.