Una colata di liquido rosa e denso, una sorta di blob di diverse sfumature e consistenze, che sembra scendere lungo i gradini di una scala in marmo, ma in realtà è tutto solido: è la nuova installazione permanente del Museo internazionale della ceramica (Mic) di Faenza. L’opera d’arte, chiamata Stairing e realizzata da Guglielmo Maggini, è fatta di ceramica e resina. Il 12 ottobre alle 11 l’inaugurazione in occasione delle celebrazioni della ventesima Giornata del contemporaneo indetta da Amaci. L’installazione sarà visitabile ad ingresso libero dalle ore 11 alle ore 19. L’ingresso non include la visita alle collezioni.
Il progetto site specific di Maggini ha vinto il bando “Per Chi Crea” del 2023 promosso dalla Siae per la produzione di nuove opere degli artisti under 35.
Dopo alcuni mesi di residenza nei laboratori del Mic, il romano Maggini ha progettato e realizzato un’installazione su misura per l’imponente scalone di ingresso in dialogo con il grande pannello “Nero e oro” (1993) di Alberto Burri.
Il titolo Stairing è un gioco di parole ideato dall’artista. Nella sua etimologia anglosassone “stairing” è l’azione di guardare – in questo caso il suo “maestro”, Alberto Burri – ma indica, allo stesso tempo, l’azione di salire la scala.
«Il flusso di ceramica contaminata dalla plastica – si legge nella nota diffusa dal museo – scende inarrestabile dai gradini più alti della gradinata quasi a rappresentare un’esplosione di sensazioni e memorie inconsce custodite nelle tante opere presenti nell’immensa collezione del museo faentino».
La direttrice del Mic, Claudia Casali, è soddisfatta dell’effetto finale: «Dopo il bombardamento del maggio 1944 il museo di Faenza venne ricostruito e inaugurato nel 1952 con un ingresso imponente, un grande scalone che richiamava stili e forme di un passato non più in linea con l’attualità che l’architettura della ricostruzione post-bellica imponeva. Venne infatti scelto un rivestimento greve in marmo con un severo grigio che ne connotò la struttura, il senso di spazialità e di accoglienza. Ho sempre pensato che questo ingresso avesse bisogno di una prospettiva più contemporanea e più accogliente, a partire proprio dalla luce che deve modellare lo spazio, non mortificarlo con la sua assenza. Inserire un intervento contemporaneo, nuovo, con materiali attuali è stato sempre un obbiettivo che finalmente ha trovato esito positivo grazie al dialogo e alla proposta di Guglielmo Maggini».
L’artista racconta l’ispirazione da cui è nata l’opera: «La prima volta che mi sono diretto a Faenza è stato durante l’alluvione del maggio 2023. Dentro quello scenario drammatico, ben noto alle cronache, conservo un’immagine spaesante: un tappeto rosa di fiori a pelo d’acqua, vastissimo, erano i peschi delle coltivazioni agricole lungo l’autostrada. Alberi sommersi per chilometri. In questa risaia spettrale e assurda riemergevano solo alcuni boccioli, solo le punte delle chiome sfioravano la superfice. Poi sono arrivato al museo, mi sono levato le scarpe incrostate di fango e scalzo mi sono perso nel resto meraviglioso».