Tutto il porto verso lo sciopero contro liberalizzazioni e riforma

I sindacati di categoria proclamano il fermo nazionale per il 6 marzo
Morini (Cgil): «Mercato libero sì ma attraverso bandi di selezione»

Contro la legge di riforma della portualità e contro le liberalizzazioni dei servizi tecnico-nautici si viaggia a passo spedito verso lo sciopero dei lavoratori del porto: i sindacati di categoria nazionali (Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti) hanno proclamato il fermo nazionale per il 6 marzo in tutti gli scali italiani. Coinvolte tutte le categorie: ormeggiatori, piloti, rimorchiatori, portuali, autorità portuali.

«Purtroppo il confronto in corso col ministro Lupi per la revisione della legge 84/94 – commenta Danilo Morini, segretario provinciale della Filt-Cgil a Ravenna – non sta producendo risultati positivi. A ciò si aggiunge l’incertezza determinata anche da incursioni di altri ministeri che, qualora si affermassero, risulterebbero pericolosissime per l’occupazione, la sicurezza, la professinalità di tutti i lavoratori e le lavoratrici portuali». Per organizzare la giornata di lotta e le azioni da mettere in campo durante lo sciopero è convocata l’assemblea generale e unitaria di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici del porto di Ravenna per lunedì 2 marzo, alle 20.30, nella sala della compagnia portuale di Ravenna.

In estrema sintesi il Ddl andrebbe a sconvolgere l’assetto dei porti italiani per come è attualmente conosciuto sulla base della legge 84/1994: il lavoro temporaneo sulle banchine e i servizi tecnico-nautici andrebbero a libero mercato facendo scomparire la compagnia portuale e le società che oggi si occupano di pilotaggio, ormeggio e rimorchio. «Io sono a favore del mercato aperto – dice Morini – ma passando attraverso una gara selettiva come avviene ora mettendo in gioco la concorrenza per aggiudicarsi il bando e a quel punto avere l’assegnazione del servizio fino alla scadenza. Ma se la concorrenza deve diventare la contesa di ogni singola nave che entra in porto allora decade tutto il sistema e si dovranno fare dei tagli perché non avremo più due rimorchiatori di guardia 24 ore su 24 come accade ora. Non è un servizio che si ripaga ma è una tutela in caso di emergenze».

C’è già, secondo il sindacalista, una cartina tornasole per intuire gli effetti dell’approvazione del Ddl sul settore portuale: «Basta guardare cosa è capitato nel mondo della logistica. La liberalizzazione totale ha portato sul mercato dei soggetti poco trasparenti, cooperative mascherate, capitali di provenienza incerta, minore formazione del personale e un decadimento della professionalità».

La questione riguarda oggi circa un migliaio di posti di lavoro: 500 per la compagnia portuale, 30 ormeggiatori, 60 rimorchiatori, 15 piloti, 200-250 operai dei terminal che vedranno stravolta la loro attività. Ma se questi sono i potenziali danneggiati dall’eventuale modifica delle norme, possibile che nessuno ne potrebbe trarre un vantaggio? «Penso che la liberalizzazione in certi settori possa essere un grande vantaggio per il consumatore e penso ad esempio al mercato della telefonia, al mercato dei servizi bancari. Ma il settore portuale non mi sembra il contesto dove la concorrenza sfrenata possa essere un vantaggio per l’utenza. Avremmo un impoverimento del porto che vorrebbe dire di riflesso un impoverimento di tutto il territorio».

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