I contadini lasciano le banchine «Il mercato in darsena è un fallimento» 

Pochi clienti, gli ambulanti a marzo se ne andranno e criticano
il Comune che vuole trasferirli agli Speyer: «Nessuna promozione»

Le verdure e la frutta di stagione a chilometro zero stanno lì, nelle cassette di plastica sui banchi, ma nessuno passa a fare spesa. L’incasso di Christian a fine giornata è di 35 euro fatti con nove clienti. Va peggio a Maria Luisa: «10 euro, ma ci sono stati anche giorni in cui sono tornata a casa con 3 euro in tasca». L’antivigilia di Natale del 2014 alla testa del Candiano in darsena di città con Christian e Maria Luisa c’erano altri venti venditori per l’inaugurazione del mercato contadino, l’8 febbraio scorso erano sei in tutto: «Nei giorni migliori arriviamo a essere una decina – dicono in coro i superstiti –. Allo stato attuale l’esperienza risulta fallimentare, continuare così non ha più senso».

L’appuntamento settimanale, ogni martedì pomeriggio, doveva essere la mossa del Comune per dare vitalità al quartiere sull’acqua e invece si sta rivelando una mazzata per le aziende agricole selezionate con un bando pubblico: «Per presentarsi qui con la merce in vendita è stato necessario rivedere l’organizzazione delle nostre attività anche con degli investimenti. E se poi non si vende non c’è ritorno. Dal prossimo 18 marzo – si legge in una lettera inviata all’assessore Massimo Cameliani (Attività produttive) – intendiamo interrompere l’esperienza sul canale e vorremmo spostarci nell’area di sosta a ridosso dell’incrocio tra via Rotta, via Cavalcoli e via Severini». Dagli incontri svolti finora l’amministrazione non sembra intenzionata ad accogliere la proposta e offre invece la zona dei giardini Speyer: i produttori si dicono disponibili a provare l’ipotesi solo a patto che sia già autorizzata l’altra area dove andare appena ci si dovesse accorgere di scarsi risultati del piano in viale Farini.

Il progetto è nato sulla scia del grande successo dell’analoga esperienza consolidata in piazza della Resistenza dal 2010: lunedì e giovedì trenta venditori ambulanti (solo alcuni di quelli che vanno anche in darsena) fanno buoni affari. «Tutto è nato con le miglior intenzioni per volontà del Comune che contava molto su questo mercato come attrazione per riqualificare le banchine. La cosa è da apprezzare e abbiamo aderito». Si è capito ben presto che gli spazi dietro la stazione sono altra cosa dall’area in città: «Non siamo in una zona residenziale in cui magari la gente esce di casa per comprare i nostri prodotti ma nemmeno in una zona di passaggio di lavoratori che potrebbero fermarsi a fare acquisti. I nostri clienti sono persone che vengono apposta qui e l’accessibilità è difficile». Niente clienti vuol dire niente business. «Va riconosciuto che abbiamo una tassa di stazionamento molto agevolata, 150-160 euro all’anno. Ma se ci sono settimane in cui l’incasso arriva a tre euro, bisogna stare attenti a fare i conti…». Nonostante questo ben presto i primi hanno gettato la spugna valutando più proficuo non presentarsi: come vogliono le leggi del mercato, se l’offerta cala altrettanto fa la domanda innescando un circolo vizioso che ormai strozza «gli ultimi romantici», come si definiscono con un sorriso quelli che incontriamo con il sottofondo incessante del traffico continuo.

Per contrastare gli ostacoli che impedivano il decollo del mercato ci sarebbe voluto un volano, quello che secondo i venditori avrebbe dovuto fare il Comune: «È mancata qualunque promozione. Basterebbe almeno una cartellonistica con due stendardi per informare le auto in transito su via Darsena invece nemmeno quella. Chi ci vede qua?». Per non buttarsi giù c’è chi prova a prenderla sul ridere: «In piazza del Popolo è caduto un lampione e c’è chi dice sia stata anche colpa di uno stendardo, almeno qua non abbiamo corso rischi inutili». Qualche iniziativa promozionale c’è stata – come il mercato serale durante le feste più frequentate in darsena durante l’estate – ma non è stato sufficiente: «La gente a spasso di sera non si compra cinque chili di verdura andando in giro con le borse ma noi eravamo qua per farci conoscere. Non può essere tutto lì».

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