Bar, cucina e sala? In appalto. Il nuovo fenomeno diffuso anche nel Ravennate

Le società promettono risparmi agli esercenti e maggiori entrate ai dipendenti.I dubbi di sindacati e associazioni di categoria

Bar,cucina,sala

In molti settori è realtà da tempo, nel turismo si sta affermando negli ultimi anni, in particolare dal 2016 ha preso sempre più piede anche nel territorio ravennate e cervese: l’appalto dei servizi in hotel, ristoranti, bagni al mare.

Sono diverse le società attive in tutto il territorio nazionale che offrono appunto agli esercenti il servizio “tutto incluso”: loro assumono personale che poi mandano di volta in volta ai clienti in base al servizio appaltato, che sia il bar, il servizio ai tavoli, la cucina. Il gestore esprime le proprie necessità, la società fornisce il servizio tramite i propri dipendenti di cui si occupa in toto, dalle visite mediche alla busta paga. E aumentano gli imprenditori che hanno scelto questa formula, di fatto delegando una parte della loro attività a una società esterna. Spesso lo hanno fatto per ottenere risparmi che non hanno penalizzato i lavoratori in termini di retribuzione effettivamente percepita, anzi.

Una sorta di miracolo economico che ha insospettito molti, tra associazioni di categoria e consulenti per il lavoro. Lo spiega per esempio una segnalazione sul periodico Cervia il giornale della città di aprile 2017 in cui lo Studio Rossi di consulenza alle imprese racconta di aver visionato buste paga dove risultavano ben 1.300 euro al mese di rimborsi per trasferta Italia a un cervese che lavorava a Milano Marittima. In quel caso, si legge, la società aveva sede a Roma, ma il lavoratore abitava a due chilometri dal posto in cui veniva “mandato” ogni giorno.

E proprio il peso della voce “trasferte” nello stipendio è l’elemento che suscita più perplessità: si tratta infatti di cifre su cui il datore di lavoro non è chiamato a versare contributi all’Inps e che sono detassate. Da qui, secondo alcuni, arriverebbe il risparmio che queste aziende appaltatrici riuscirebbero a garantire.

«In effetti – ci spiega Roberto Cornigli, responsabile provinciale per i lavoratori di commercio e turismo della Cgil – le buste paga dei lavoratori di queste società che si sono rivolte a noi erano costituite per almeno la metà, ma in alcuni casi anche di più, da rimborsi spese con la cosiddetta “Trasferta Italia” e sappiamo che è una prassi diffusa». Ma alla domanda se Cgil abbia mai aperto contenziosi su questo fronte, Cornigli risponde: «Ogni volta che un lavoratore si è rivolto a noi, l’azienda ha pienamente soddisfatto le richieste effettuate». Richieste che di fatto hanno a che fare con transazioni economiche.

In un settore ancora purtroppo afflitto dal cosiddetto “fuori busta” e in cui non mancano notizie di lavoratori trovati totalmente in nero, forse la garanzia di versamenti Inps per molti non è prioritaria. Nel caso dell’appalto, va detto, la busta è in “bianco” e tutto viene fatto, assicurano le imprese appaltatrici, a norma di legge.

E tuttavia le perplessità tra gli addetti ai lavori sono sempre più diffuse. Dubbiose e scettiche sono le associazioni di categoria: «Noi  sconsigliamo questa opzione ai nostri associati – ci dice Nevio Salimbeni, responsabile turismo Cna – per due ragioni. La prima è che per puntare sulla qualità è fondamentale il rapporto diretto con i propri dipendenti, che bisogna scegliere e formare. Appaltare una parte così importante del proprio lavoro, significa rinunciare a prerogative importanti dell’imprenditore. La seconda ha a che fare con i possibili rischi, perché se la società a cui si affida l’appalto dovesse avere dei problemi, l’impresa viene ritenuta corresponsabile». Ancora più netto Roberto Lucchi, direttore di Confesercenti provinciale: «Invitiamo i soci alla massima prudenza. Sono diversi quelli che si sono rivolti a noi per chiedere un parere. A noi sembra che si profili una situazione di concorrenza sleale. Insieme ad altre associazioni di categoria abbiamo fatto incontri con le autorità. So che ci sono controlli in corso e aspettiamo risposte. Da ciò che abbiamo visto, la percezione è che la riduzione dei costi sia soprattutto dovuta alla riduzione del costo del lavoro, un tema su cui non si scherza».

Lo stesso che ripetono i consulenti del lavoro che si sono mossi anche a livello nazionale rivolgendosi direttamente al ministro Giuliano Poletti. La presidente della consulta Consulenti del lavoro regionale è Tiziana Nanni, di Lugo, che ben conosce e da tempo sta  monitorando il fenomeno con  i colleghi dell’Emilia Romagna. «Il fenomeno è complesso e riguarda una molteplicità di settori, nel turismo nella nostra Regione ha assunto livelli intollerabili. Siamo preoccupati: stiamo approfondendo il tema dal punto di vista tecnico e stiamo lavorando per organizzare momenti di incontro anche a livello istituzionale. Servono chiarimenti e controlli. Le aziende devono sapere che esternalizzazioni di questo genere con appalti possono comportare dei rischi: in caso di verifiche ispettive dove vengono accertate violazioni, la responsabilità solidale  chiama in causa anche l’impresa utilizzatrice, non solo quella a cui l’appalto è stato affidato». Per esempio, l’azienda appaltante è  chiamata a rispondere in solido di eventuali mancati versamenti Inps  e pagare i crediti da lavoro maturati dal personale impiegato nell’appalto (entro due anni dalla fine dell’appalto). E ancora, nel caso gli ispettori accertino che ci sia una irregolare somministrazione di mano d’opera, le sanzioni previste sono quelle pecuniarie per ogni lavoratore per ogni giorno di lavoro. «Serve maggior chiarezza in nome dei principi di  legalità e responsabilità sociale che per noi Consulenti del lavoro restano fondamentali».

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