Nel 2015 la Provincia deve dimezzarsi: sono in gioco dipendenti e servizi

Sono circa duecento le persone da ricollocare in pochi mesi, pena il dissesto finanziario. In bilancio 10 milioni di euro in meno

palazzo provincia RavennaSi apre un nuovo anno al momento quanto mai incerto, ma che sicuramente comporterà grosse novità per i servizi erogati dalle Amministrazioni provinciali e anche per circa la metà degli impiegati dell’istituzione in dismissione. Con la Legge di stabilità votata a fine anno, infatti, si impone un dimezzamento del costo del lavoro per tutte le province, in pratica un dimezzamento o quasi del personale che dovrà essere in qualche modo trasferito altrove, così come i servizi, ma senza risorse aggiuntive per chi se ne farà carico. Una brusca accelerazione dunque con una spada di Damocle sulla testa: il rischio del dissesto finanziario per l’ente e l’impossibilità di pagare tutti gli stipendi. Ma andiamo con ordine.

Le nuove Province secondo la riforma Delrio
La  riforma Delrio imporrebbe entro fine dicembre 2016 la ricollocazione di servizi e personale che cessavano di essere di competenza delle nuove Province a cui restano solo quattro funzioni: Viabilità, Edilizia scolastica, Territorio e Statistica. Tutte le altre vanno trasferite, con risorse e personale annessi, ad altri enti come Regioni o Comuni. Nel frattempo, gli organi politici eletti, consiglio e presidente (con la sua giunta), arriveranno a naturale scadenza, nel caso di Ravenna la primavera del 2016, e non saranno rieletti e in futuro (come già accade nel resto dell’Emilia Romagna) e le nuove province saranno governate da organi eletti di secondo grado, ovvero composti fondamentalmente dai sindaci e consiglieri comunali dei territori interessati.

La sopresa: oltre 10 milioni in meno a bilancio
Ad accelerare bruscamente questo processo di “esternalizzazione” arriva la scure di fine 2014 con appunto l’imposizione di ridurre della metà il costo del personale e che arriva sostanzialmente a creare un buco di oltre 10milioni di euro in un ente che già aveva dovuto rinunciare a voci di entrata importanti in passato, come i 6,5 milioni di addizionali Enel delle imprese. A questo punto il rischio è che se entro appunto i primi mesi il personale non verrà ricollocato presso altri enti che se ne faranno carico si vada incontro al dissesto vero e proprio. Anche perché a Ravenna, dicono un po’ tutti, non solo gli assessori ma anche i sindacalisti, molto lavoro di limatura è già stato fatto, molti aggiustamenti di personale e anche di risparmio in termini, per esempio, di affitti e sedi. E anche qualora la metà del personale sia stato messo in carico ad altri enti resteranno tagli da fare che saranno sulla carne viva: i servizi come la manutenzione stradale o l’edilizia scolastica. Intanto, come ci conferma anche l’assessore al Personale Paolo Valenti, la giunta ha deciso di non  consentire alcuna spesa in “automatico” come si faceva in passato in attesa del bilancio rispetto a una base dei dodicesimi (in attesa del bilancio ogni servizio per il funzionamento, salvo diverse indicazioni, poteva spendere un dodicesimi al mese del budget annuale dell’anno pregresso).

Non si parli però di tagli              
Non si tratta infatti di fondi statali che non arriveranno, bensì di un versamento per  il 2015 di 10,7 milioni di euro  allo Stato che la Provincia sarà costretta a fare dalle proprie entrate che sono principalmente quelli delle RcAuto (18milioni) e le trascrizioni delle immatricolazioni (10milioni circa) oltre a una serie di fondi che arrivano legati alle competenze che, per esempio, la Regione tempo addietro le trasferì e che ora appunto potrebbe riprendersi. La spesa del personale stimata per il 2015 è di poco meno di 17milioni, il che significa che comunque non basterà nemmeno dimezzare questa cifra per pagare l’obolo allo Stato centrale se si considera che circa 12milioni di euro servono per pagare mutui ereditati dal passato per opere pubbliche e che nel 2014 si sono spesi poco più di 10milioni per i servizi e per le spese generali di funzionamento.

consiglio provinciale ravennaIl caos che regna sovrano
Sono in corso incontri tra enti, sindacati, lavoratori ma ancora la nebbia è fitta. Al Comune di Ravenna pare che non ne abbiano ancora parlato e sembra comunque difficile, a fronte dei tagli che si profilano anche per Palazzo Merlato, che possa farsi carico del costo di personale senza dover a sua volta prevedere altri tagli e dunque il contributo delle municipalità sarà necessariamente limitato. Per questo tutti sperano nella Regione, l’ente con le spalle più larghe, che difficilmente tuttavia potrà pensare di assorbire tout-court il personale, dato che i contratti regionali sono più onerosi di quelli attualmente in essere nelle Province e dunque si potrebbe prevedere delle agenzie che abbiano la possibilità di confermare i contratti al livello di quelli della Provincia. Non è peraltro chiaro al momento quanto e se la Regione possa decidere di assumersi o non assumersi alcuni dei servizi in ballo. La legge Delrio sembrerebbe imporre un obbligo che invece pare assente da quella di stabilità.    

Chi resta e chi (forse) andrà. Nessun esubero
Il personale inizialmente da dimezzare era di 444 unità ad aprile 2014 (termine preso a riferimento dalla legge), dunque 220 persone da affidare ad altri enti in grado di farsene carico per continuare a garantire i servizi e a fare il proprio lavoro. Il termine esuberi non sarebbe dunque appropriato. In realtà di queste una trentina sono già uscite dal mondo del lavoro tramite mobilità, trasferimenti e pensionamenti secondo un piano messo in atto già a fine 2013. Secondo l’assessore al Personale Paolo Valenti a questo punto si potrebbe ipotizzare che la cinquantina di persone che oggi lavorano nel settore agricoltura vengano prese in carico dalla Regione che fino a oggi contribuiva solo per circa la metà del loro costo, insieme a una decina addette alla formazione professionale. Per quanto riguarda le 66 persone dei tre centri per l’impiego si pensa di pagarle tramite la Regione grazie a finanziamenti europei, mentre alcuni servizi potrebbero essere lasciati alla Provincia su richiesta dei Comuni che se ne farebbero carico. Ad esempio: progettazione europea, reti informatiche, le gare d’appalto, la rete bibliotecaria per un’altra ventina di dipendenti. In tutto i conti per garantire gli stipendi in questo modo tornerebbero.

E per il futuro? Lascia o raddoppia
Ma, come si diceva, non ci sarebbero fondi per far funzionare i servizi. Tanto meno nel 2016 quando si prevede un raddoppio di quella che Andrea Bezzi della Cgil chiama “gabella medievale” o nel 2017 quando si parla addirittura di triplicarla, sfidando financo le leggi della matematica.

Il paradosso dei costi della politica
E dire che tutto, all’inizio, era nato per risparmiare i costi di consigli e giunte che a Ravenna si aggiravano sui 500mila euro all’anno e oggi sono scesi ampiamente sotto i 400mila data la mancata sostituzione di alcuni assessori e del vicepresidente. Dunque si potrebbe pensare che almeno a partire dal giugno 2016 ci saranno quelle risorse in più a disposizione, ma non è così. I risparmi dei costi della politica non vengono reimpiegati sul territorio ma incassati da Roma in aggiunta al resto. Non solo, poiché dal governo, spiega Valenti, non guardano le spese effettive ma quelle presunte, la verità è che quando non ci saranno più giunta e consiglio l’ammanco sarà probabilmente di qualche centinaio di migliaio di euro in più. Con buona pace di chi magari pensava che sarebbe stato un bel gesto da parte di assessori e presidente rinunciare in parte ai propri compensi. Potrebbe pure essere un bel gesto, ma di nessuna utilità alla causa del bilancio.

I gioielli di famiglia
Se davvero dovesse profilarsi il dissesto nessuno esclude che la Provincia possa decidere di vendere qualche immobile o qualche partecipazione (come Sapir). Ma il problema, come sintetizza con efficacia Valenti, «non è se vendere, ma chi compra»

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