Tre Monti, la discarica metà imolese e metà ravennate che rischia la chiusura

Il sito è al momento chiuso per una sentenza del Tar. E il Movimento 5 Stelle di Imola si impegnerà per la sua dismissione. Intanto i rifiuti di Brisighella, Casola, Riolo e Castel Bolognese finiscono a Forlì

TremontiNel piano dei rifiuti regionale le discariche che dovrebbero restare aperte sono tre: Carpi, Ravenna e Imola. Quella di Imola si chiama discarica Tre Monti e, in realtà, è al confine tra le province di Bologna e di Ravenna, in particolare con il comune di Riolo Terme. Al momento, però, sul sito di smaltimento rifiuti c’è un problema enorme: è stato chiuso in attesa che il Consiglio di Stato si pronunci riguardo al suo ampliamento. Il Tar di Bologna a gennaio ha infatti accolto in primo grado il ricorso di alcune associazioni ambientaliste, tra cui Wwf e Legambiente, contro la Regione riguardo la Valutazione di Impatto Ambientale che nel 2016 aveva dato il via libera al progetto. A inizio giugno, il Consiglio di Stato non ha concesso la sospensiva del provvedimento: ciò significa che la discarica resterà chiusa finché non si esprimerà lo stesso Consiglio, secondo grado di giudizio dei contenziosi amministrativi.

A pesare sulla decisione dei giudici amministrativi – in primo grado – il parere del Ministero dei Beni Culturali che si era espresso contro l’ampliamento del quarto lotto. Secondo le osservazioni arrivate da Roma nel settembre del 2016, il progetto avrebbe avuto un “irreversibile impatto negativo” per quanto riguarda l’estensione e una “grave alterazione del paesaggio” per la parte inerente la sopraelevazione. Secondo i giudici amministrativi, la Regione avrebbe dovuto tenere conto di questo parere e ha invece agito con un “eccesso di potere”, giudicando non vincolante il parere del Ministero perché nel frattempo il cosiddetto “quarto lotto” della discarica – quello verso il quale erano indirizzate, secondo l’ente regionale, le critiche del Ministero – era stato modificato. “Non vale obiettare che con la modifica del progetto quel parere, quanto alla prospettazione delle parti resistenti, non sarebbe stato più necessario: la valutazione di acquisire il pronunciamento del Ministero anche in relazione al progetto modificato è stata operata, nei fatti, dalla stessa Amministrazione regionale”. La Regione avrebbe dovuto valutare nella sua delibera “l’impatto ambientale in un’ottica complessiva dell’intervento”. Insomma, Via bloccata e di conseguenza discarica chiusa perché, senza l’ampliamento, la sua capacità era esaurita nel 2016.

Il braccio di ferro amministrativo ha portato a una prima soluzione di emergenza: la decisione di portare parte dei rifiuti che venivano conferiti nella discarica all’inceneritore di Forlì. In particolare hanno preso la strada forlivese proprio gli scarti prodotti nei comuni ravennati (Brisighella, Casola Valsenio, Castel Bolognese e Riolo Terme) mentre quelli del circondario imolese sono finiti nel termovalorizzatore di Granarolo. Una soluzione che dimostra quanto sia importante ragionare in termini interprovinciali quando si parla del tema dei rifiuti. L’assessore regionale Paola Gazzolo, subito dopo la sentenza del Tar aveva spiegato che la Regione era al lavoro «per valutare provvedimenti che ci consentano di dare attuazione al piano dei rifiuti». Per l’Emilia Romagna nel caso la discarica Tre Monti non dovesse riaprire sarebbe infatti un bel problema: secondo i dati Hera ogni giorno vengono conferite 900 tonnellate di rifiuti, con picchi mensili di 15mila tonnellate al mese e una media annuale di 160mila all’anno. Tonnellate che andranno smaltite diversamente e andrebbe quindi rivisto tutto il piano dei rifiuti.

C’è poi la questione politica: a Imola, il territorio dove la discarica è tema all’ordine del giorno, il 24 giugno il Movimento 5 Stelle ha battuto il Pd al ballottaggio. Nel programma della neo sindaca Manuela Sangiorgi c’è scritto a chiare lettere che l’intenzione è quella di dismettere il sito. Per mantenere l’impegno, ha tenuto per sé la delicata delega all’ambiente. Se il Consiglio di Stato dovesse confermare la decisione del Tar non ci saranno, per la sindaca, molti problemi. Altrimenti si aprirà la questione politica: Sangiorgi sa che la scelta di chiudere la discarica non dipende solo dal Comune ma il parere dell’ente non può certo essere ignorato.  Il Comune pentastellato ha in programma, oltre tutto, anche la valutazione la costituzione di una società in house per la gestione dei rifiuti, sul modello forlivese che ha lasciato Hera per fondare Alea.

Per la Regione una bella gatta da pelare, con una postilla. Anche chiudere le discariche non è a costo zero: quando i lotti si esauriscono va gestito il cosiddetto “post esercizio” che ha una durata di almeno trent’anni, con spese fisse annuali di almeno 700mila euro, secondo le stime fatte dagli stessi enti gestori.

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