Il Solco: «Stipendi troppo bassi: mancano oss, infermieri, medici ed educatori»

L’allarme del consorzio ravennate, che ha chiuso il bilancio 2022 in crescita

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Il Consorzio Solco Ravenna chiude un bilancio 2022 con 46.300.000 euro di fatturato, in crescita rispetto al 2021 quando era di 40.400.000 euro, e le persone raggiunte con i servizi di welfare erogati sono circa 4.000.

Oggi le cooperative associate al Solco sono 21 e provengono da tutte le province della Romagna. Le persone socie delle cooperative e impegnate nell’erogazione dei servizi con diverse mansioni e professionalità sono circa 1.600.

«Il nostro Consorzio ha mantenuto il suo ruolo di elemento di stabilità e sicurezza per le cooperative associate e di strumento utile per gestire i servizi e fare innovazione – commenta il presidente di Solco Ravenna Antonio Buzzi -. Abbiamo registrato alcune difficoltà congiunturali che hanno portato criticità molto serie per il nostro settore e che le cooperative sociali si troveranno ad affrontare anche nei prossimi anni».

Il 2022 è stato infatti l’anno in cui alcune criticità del settore dei servizi socio-sanitari già presenti sono diventate più strutturali mettendo a repentaglio la stabilità di molte cooperative sociali. «Lo scorso anno con l’aumento dei costi di gestione dovuti all’inflazione è diventato lampante il grave disallineamento tra i costi di produzione dei servizi e i ricavi conseguenti, soprattutto quando si tratta di servizi pubblici – continua Buzzi -. I gestori di questi servizi, molto spesso cooperative sociali, sono andati in perdita. Urge un adeguamento delle tariffe riconosciute per questi servizi e sono in atto diverse trattative a livello regionale, nazionale e locale per scongiurare una crisi del settore del welfare e trovare un nuovo equilibrio».

L’altra grande difficoltà del comparto diventata emergenza è il reperimento delle professionalità necessarie per mantenere la qualità dei servizi esistenti. «Mancano oss, infermieri, medici ed educatori – prosegue Buzzi -. È un dato oggettivo che con il Covid è diventato ancora più lampante. Tra le cause di questo fenomeno c’è sicuramente la bassa remunerazione di queste professioni come previsto dai contratti nazionali. I giovani non le prendono in considerazione per la propria carriera lavorativa perché vedono le difficoltà di costruirsi un futuro con le retribuzioni attuali. Noi siamo assolutamente favorevoli affinché queste professioni ricevano la giusta remunerazione e stiamo lavorando insieme alle nostre associazioni di rappresentanza in tutti i tavoli decisionali, al fianco dei sindacati. Questa sfida deve portare necessariamente a una valutazione su tutto il sistema del welfare, perché adeguare gli stipendi vuol dire aumentare ancora il costo dei servizi, un costo che le cooperative sociali non possono più continuare a gestire da sole. Questo del movimento cooperativo è un grido di allarme che merita un ascolto e una risposta da parte delle istituzioni».

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