Alla Zabariona la cucina autentica delle azdore di Romagna

Fra materie prime di qualità e ricette dimenticate

Ritratto Zabariona

Una tela nella sala d’ingresso dell’osteria Dalla Zabariona che immagina l’interno dell’omonimo antico locale fuori porta Adriana nell’800. A sinistra, l’ostessa Zabariona, al centro con la tipica capparella lo scrittore Olindo Guerrini

Zabariona: bel nome per un’osteria romagnola, rotondo, opulento, quasi di felliniana memoria. Lo cita Olindo Guerrini (più volte) nei suoi Sonetti dialettali ma non è solo un’invenzione letteraria dell’intellettuale Sant’Albertese – che ricordiamo fu un corrispondente gastronomico di Pellegrino Artusi per il suo celeberrimo ricettario della cucina regionale italiana, ma anche autore di un antesignano manuale del recupero culinario di radice contadina e piccolo-borghese, L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa.

L’osteria della Zabariona è esistita veramente a Ravenna nella prima metà dell’Ottocento, appena fuori Porta Adriana, in uno slargo fra l’attuale via Maggiore e la San Gaetanino. La gestiva tal Rosa Betti, soprannome Zabariona, che ristorava con bicchieri di rossa Canena e qualche mangiare tipico, artigiani, commercianti, braccianti del quartiere fuori porta e contadini di passaggio verso i mercati cittadini. Era un’ostessa onesta di notevole stazza e si dice avesse in simpatia non solo gli umili del suo rango ma anche certi “ribelli” politici e sociali che lì si rifugiavano lontano dagli occhi indagatori degli sbirri papalini. Fin qui la storia e un po’ di leggenda che, nel 2021, hanno “ridato” vita all’attuale Osteria Dalla Zabariona, nella centralissima via Argentario, grazie all’intraprendenza di Andrea Rondinelli, già titolare dell’attigua piadineria Mosaico, prima ancora bar Mosaico, ritrovo di una certa intelleghenzia ravennate sul finire del secolo scorso.

Il suo progetto è riportare in tavola i piatti della tradizione ravegnana e romagnola – di terra ma anche di mare e valle – oltre a quelli più noti, pure quelli ormai dimenticati anche in ambito domestico, con il progressivo estinguersi delle azdore e del saper fare contadino. Una ricerca sulla tradizione gastronomica e vinicola autoctona non di facciata – come certe proposte che spuntano spesso nei ristoranti locali ma di rado aderenti al gusto autentico – fatta da Rondinelli lungo la filiera alimentare di produttori e artigiani virtuosi, per materie prime di qualità: farine di grani antichi per la pasta al mattarello, uova e volatili da cortile, formaggi freschi e stagionati con cura, carni da allevatori selezionati, pesce del mare Adriatico, decine e decine di etichette di piccoli e scrupolosi vitivinicoltori della Romagna, legati alle uve del territorio. E poi, come si accennava, il recupero, con una paziente sperimentazione ai fornelli, di ricette della memoria di madri, nonne e bisnonne. Una ricerca e una passione in evoluzione, che sta dando buoni frutti, e che si è meritata una segnalazione nell’autorevole guida delle osterie di Slow Food.

Cappelletti In Brodo

Cappelletti in brodo

L’ambientazione Dalla Zabariona è spettacolare, con vista sul portale e la mole della basilica di San Vitale a pochi metri di distanza, soprattutto se si riesce ad ottenere nella bella stagione un tavolo all’aperto, su via Argentario. Ma anche dentro il conforto è assicurato, in una cornice rustica ma essenziale, senza fronzoli, così come le sobrie apparecchiature su un centinaio di coperti (che si ampliano per l’appunto fuori locale e in un patio interno quando il clima è favorevole). Nella sala d’ingresso campeggiano sia un banco di prodotti gastronomici d’eccellenza (in particolare salumi e formaggi di produzione regionale) sia un grande armadio “climatizzato” che mette in vista centinaia di vini di origine romagnola.

Noi, a pranzo, abbiamo scelto una serie di proposte da un menù delle feste (fra dicembre e gennaio) che varia e amplia il repertorio “classico” delle pietanze (sono sempre segnalati col simbolo della chiocciolina i prodotti presidio Slow Food). Occhio alle offerte “fuori menù” che possono riservare piacevoli sorprese, con prodotti di stagione, puntualmente promosse da chi riceve la comanda, solitamente l’oste Andrea Rondinelli.

Piadina fatta in casa (piccola di formato ma abbastanza spessa come a uso nel ravennate) e acqua arrivano subito. Come entrate abbiamo assaggiato il cardo gobbo di Cervia fritto, polenta fritta, squacquerone ed erbette ripassate in padella e un’ottima giardiniera della casa ben variegata per ortaggi e armonia agrodolce. Come “minestre” (così si dice in Romagna) abbiamo degustato cappelletti in brodo di cappone (i “veri” cappelletti, non quelli al ragù, anche buoni a volte, ma scorciatoia abbastanza recente sul solco della tradizione). Di media grandezza, pasta consistente, ripieno di solo formaggio dove spicca la sapidità del parmigiano invecchiato, brodo intenso ma trasparente, forse un pizzico troppo salato, sono tuttavia fra i migliori cappelletti assaggiati di recente in giro per il territorio. Ma ci sono piaciuti anche il risotto con uova cotto nel brodo di spinale di Mora romagnola e, per finire coi primi, le tagliatelle (larghe e rugose) di farina di castagne al ragù di cinghiale.

Giardiniera Cardo

Giardiniera e cardo fritto

Cuore della mangiata, abbiamo spiluccato costolette di agnello (tenere alla perfezione, ben aromatizzate e senza untuosità) e un Bël e Cöt di Mora, saporoso e tosto. Assieme a contorni ben azzeccati: purè, lenticchie, patate arrostite nello strutto (sempre di Mora), patate ripassate con pomodoro e rosmarino, friggione di pomodoro e cipolle (squisito, ma più di origine bolognese, rispetto al fricandò di ortaggi alla romagnola). Lascia perplessi che fra le proposte vecchie e nuove di carne, alla Zabariona non compaia il castrato di agnellone (per la tradizione ravennate è quasi irrinunciabile), ma forse è solo una nostra distrazione. Dulcis in fundo, ci siamo lappati una zuppa inglese (servita nei tipici barattoli da conserva) che ha una sua deliziosa consistenza e freschezza, peschine alla crema col rosolio, crema fritta, latte brulé. Latte e uova di qualità non mentono. Poi caffè in chiusura.

Per quanto riguarda il vino, nonostante l’ampia possibilità di scelta della cantina dell’osteria, siamo stati parsimoniosi e abbiamo pasteggiato con un robusto “Antitesi”, rosso uvaggio di Sangiovese e Merlot della Fattoria Zerbina, e con le dolcezze abbiamo sorseggiato un’Albana passita “Scaccomatto”, sempre di Zerbina. Con soddisfazione.

Il servizio ai tavoli è stato puntuale e premuroso. L’oste Andrea è un grande affabulatore e sa consigliare e raccontare pietanze, ingredienti, vini con passione e precisione, come ogni ristoratore e responsabile di sala dovrebbe fare per integrare e completare l’esperienza golosa e conviviale. Ma non pretendete impiattamenti di pregio, siamo in un’osteria e l’estetica delle portate ha un’importanza molto relativa.

Il conto, tutto sommato, ci sembra giusto e non reca sorprese visto che nei menù il prezzo dei piatti comprende anche coperto e servizio. In tre, pagando 56 euro a testa, ce ne siamo usciti satolli in un soleggiato pomeriggio di dicembre per una passeggiata digestiva.

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