Il racconto di una giornata a bordo del motopontone “Amedeo” per recuperare oltre 2mila bottiglie (e inabissarne altrettante), a quasi trenta metri di profondità: «L’affinamento in mare funziona grazie a correnti e pressione»

Quando dopo un quarto d’ora ancora il sub non è tornato in superficie, monta un po’ di agitazione a bordo della nave. Siamo sul motopontone “Amedeo”, della Ecotec di Rimini, al largo della costa ravennate, proprio sopra il relitto del Paguro, la piattaforma che si è inabissata in seguito a un incidente avvenuto ormai sessant’anni fa, oggi diventata un paradiso per i sub, riconosciuto nel 2010 come sito di interesse comunitario. Qui, a quasi 30 metri di profondità, “maturano” anche i vini della ravennate Tenuta del Paguro, progetto imprenditoriale avviato da Gianluca Grilli ormai quasi vent’anni fa. «Nel 2008 siamo stati i primi a tentare la carta dell’affinamento in mare, oggi siamo una cinquantina solo in Italia. E questo è un bene: l’obiettivo è far sì che l’affinamento in mare venga in qualche modo istituzionalizzato, per finire per esempio in una sezione propria nelle carte dei ristoranti, come i vini naturali». Come ci raccontava in un’intervista di qualche anno fa, il progetto è nato anche grazie alla frequentazione di Grilli con Tonino Guerra, che fu il primo a raccontargli delle strutture d’acciaio inabissate in Adriatico, e alla fascinazione per la storia. «In particolare mi ha ispirato il vino salso dei romani, che maceravano le uve con un po’ di acqua salata per non farlo andare a male».
Il vino del Paguro arriva dalle vigne dell’altro socio della tenuta, Stefano Gardi, sulle colline di Riolo Terme, dalle parti della Vena del Gesso. Dove viene imbottigliato e poi, una volta l’anno, portato ad affinare in mare. Abbiamo partecipato insieme a Grilli e al suo staff alla missione annuale per recuperare tre casse in fondo al mare e depositarne altrettante, da venire poi a recuperare tra un anno. Tra queste, anche alcune bottiglie “personalizzate” con la dedica in un’etichetta, una sorta di “messaggio nella bottiglia” da lasciare tra le onde del mare. «Alcuni ce le hanno ordinate lo scorso Natale e sanno che potranno averle solo tra un anno: diventa un regalo importante. Buona fetta dei nostri clienti, d’altronde, è composta da veri e propri collezionisti».
L’appuntamento è alle 6 del mattino al molo di Marina di Ravenna. A bordo della nave, oltre allo staff della Tenuta, al comandante e a due marinai, anche due sub. In un paio d’ore si raggiunge il Paguro e qui comincia la caccia ai vini sommersi. Dopo una ventina di minuti il sub risale e tranquillizza tutti con il pollice alzato. Ha agganciato l’estremità di una boa ai vini, che ora saranno letteralmente pescati dalla gru del motopontone. Vederli uscire dall’acqua (vedi video qui sopra), ancora tutti insabbiati, fa un certo effetto. Oltre duemila bottiglie che volteggiano tra mare e cielo, uno spettacolo davvero inedito. La curiosità è poi controllare quelle pescate, rese ancor più affascinanti da residui, conchiglie, alghe, non meglio precisati animali marini. Altre duemila bottiglie finiscono poi a loro volta in fondo al mare (vedi video qui sotto) e può partire così il viaggio di ritorno, rallegrato da un brindisi e una merenda romagnola, per capire l’effetto che ha fatto un anno di fondali marini ai vini del Paguro, in particolare all’Ostrea, un rosato (il primo di questa tipologia affinato in mare) dalla forte personalità prodotto con 100 percento uve sangiovese.
Ma come li matura, i vini, il mare? «Si ritrovano le caratteristiche fondamentali della cantina – spiega Grilli – ossia assenza di luce e temperatura costante, alle quali però si aggiungono altri fattori: la differenza di pressione che si esercita sul tappo (con una micro-ossigenazione controllata grazie alle capsule di protezione in ceralacca) e il continuo movimento delle correnti».
Durante il viaggio è arrivata anche la notizia della partecipazione alla The World’s Best Sommeliers’ Selection, la lista dei migliori vini al mondo secondo trenta tra i più acclamati sommelier internazionali, che già nel 2024 premiarono due etichette della cantina ravennate (unici emiliano-romagnoli tra i 16 vini italiani selezionati).
Tra le novità, anche il progetto “La nostra strada”, appena presentato alla fiera di Dusseldorf. «Nasce dall’unione delle cantine Tenuta Del Paguro e Viabizzunoagricola – spiega Grilli – e punta su quattro parole chiave: bellezza, territorio, memoria e lo “stare bene”. La filosofia è un po’ quella del club: vogliamo riunire un numero limitato di persone in alcuni posti curati, di design (a Ravenna la location è quella dello show-room della Tenuta, in via Belfiore, ndr), dove poter gustare prodotti del territorio (romagnolo e siciliano, ndr), preparati da chef importanti, parlare, condividere esperienze e, appunto, “bellezza”».