mercoledì
15 Ottobre 2025
la guida

Il pesce azzurro, “povero” ma ricco, che fa bene anche al nostro mare

Attraverso un maggiore impegno nella promozione e nel consumo consapevole di acciughe, sardine e sgombri è possibile garantire un futuro più sano e sostenibile per l’ambiente

Condividi

Pesce Alla Griglia

In bibliografia, tutti i testi che trattano del pesce azzurro iniziano dicendo che tale definizione non ha alcun valore biologico o scientifico, ma serve a identificare “varie specie caratterizzate da una colorazione blu-azzurra sul dorso e bianco-argentea sul ventre, con simili caratteristiche organolettiche e nutrizionali, di facile reperibilità e prezzo contenuto”. Tuttavia, nessuno spiega il motivo di questa colorazione. La ragione è da cercare nella storia evolutiva di queste specie, poiché la natura non lascia niente al caso: azzurri sono i pesci che vivono per tutta la vita nella colonna d’acqua, senza mai avere rapporti con il fondo, né per nutrirsi, né per riprodursi o nascondersi. In queste condizioni, la colorazione del corpo permette loro di mimetizzarsi: se un predatore è sopra di loro, il blu del dorso li nasconde nello scuro del fondo del mare; se il predatore è sotto, viene ingannato dall’argento che riproduce i riflessi della luce del sole sulla superficie dell’acqua.

Parlando di questi pesci, ci riferiamo agli abitanti abituali dei nostri mari, come acciughe, sardine, sgombri, ricciole, lecce, palamite e tonnetti come l’alalunga, l’alletterato e il biso o tombarello. Ci sono anche specie meno conosciute ma ben note alle popolazioni costiere del Mediterraneo: aguglie, alose o cheppie, cicerelli, lampughe, alacce, spratti, sugarelli o suri, costardelle. Riguardo il tonno rosso (o pinna gialla), l’attribuzione a questa categoria è controversa: per caratteristiche ne avrebbe diritto, ma essendo un pesce molto pregiato e di alto valore commerciale, non si può definire “di poco valore economico”. Pesce spada e pesce sciabola sono erroneamente inclusi tra i pesci azzurri, ma il primo è un pelagico non gregario e il secondo, detto anche spatola, è un pesce di fondale. Anche dal punto di vista organolettico, presentano differenze significative rispetto agli altri.

Ora una domanda: questi pesci sono sempre stati chiamati “azzurri”? Pare proprio di no! L’uso di identificarli come “azzurri” si è diffuso negli anni ‘60 del secolo scorso, a seguito di una campagna ministeriale volta a promuoverne il consumo per ragioni salutari, nutrizionali e di abbondanza nei nostri mari, rendendoli una fonte economica e accessibile. Andando ancora più indietro nel tempo, nel 1661 il governo papalino impose le “leggi suntuarie” agli abitanti del ghetto romano, vietando loro il consumo di cibi “lussuosi”: “in tutti i conviti si proibiscano tutte sorte de insalate suntuose, com’anco il pesce di qualunque sorte, eccettuato ch’alici e azzurro”. Questo riflette una chiave interpretativa coerente nei secoli: questi pesci sono sempre stati considerati “poveri” o “dimenticati”, snobbati dal mercato a favore di varietà più nobili.

Nonostante ciò, rappresentano una parte importante della storia e della cultura gastronomica italiana. Oggi, grazie a una crescente attenzione verso il recupero delle tradizioni regionali e a continue campagne di sensibilizzazione, si sta riscoprendo il loro valore. Queste campagne promuovono la diversificazione del consumo di prodotti ittici, favorendo un più efficiente sfruttamento delle risorse marine e riducendo significativamente il pesce scartato, con ricadute positive sulla tutela della biodiversità marina.

Ancora, il ruolo di queste specie nella dieta mediterranea è fondamentale: le loro proprietà nutrizionali, essendo ricche di acidi grassi omega-3, proteine di alto valore biologico, vitamine e sali minerali, le rendono un alimento prezioso per la prevenzione di malattie cardiovascolari e altre patologie croniche.

In conclusione, pur essendo state a lungo considerate “pesce povero”, hanno dimostrato di possedere un valore inestimabile sia dal punto di vista nutrizionale che culturale. La riscoperta e la valorizzazione del pesce azzurro non solo arricchiscono la nostra cucina, ma contribuiscono anche alla sostenibilità delle risorse marine e alla conservazione della biodiversità. Attraverso un maggiore impegno nella promozione e nel consumo consapevole di questi pesci, possiamo garantire un futuro più sano e sostenibile per le nostre comunità e per l’ambiente marino.

La ricetta delle alici marinate

Ingredienti per 4 persone: 500 gr di alici piccole fresche; 1 spicchio d’aglio; il succo di 2 limoni; una manciata di prezzemolo tritato; ½ bicchiere di olio extravergine d’oliva; sale marino integrale; pepe macinato al momento.
Preparazione. Pulire bene le alici, privandole della lisca e delle interiora e facendo attenzione a non dividerle. Lavarle e asciugarle delicatamente, quindi abbatterle in freezer per almeno 3 giorni. Riportarle a temperatura ambiente facendole prima sostare in frigorifero per una notte, metterle in un piatto aperte a metà. Nel frattempo, lavare il prezzemolo, tritarlo insieme all’aglio e spolverizzarlo sulle alici, regolando di sale e pepe. Coprire con olio e succo di limone e lasciare marinare per almeno 5 ore al fresco.

Condividi
CASA PREMIUM

Spazio agli architetti

La darsena di Ravenna protagonista alla Biennale di Venezia

Nel progetto "Italia Infinita 2075" che immagina una connessione veloce sotto l'Adriatico

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi