La mitica piadina, simbolo di convivialità e radici contadine Seguici su Telegram e resta aggiornato Dall’impasto semplice alla cottura (non solo sul testo), dal bicarbonato agli accompagnamenti (anche con il pesce) Pochi cibi riescono a incarnare l’identità di una terra come la piadina per la Romagna. Semplice negli ingredienti, ma ricca di storia e tradizione, la piadina non è solo un alimento: è un simbolo di convivialità, di radici contadine e di saperi tramandati di generazione in generazione. Le prime tracce della piadina risalgono all’epoca romana, quando si preparavano focacce di cereali cotte su pietra. Nel Medioevo, questo pane “basso” divenne l’alimento base delle classi popolari, soprattutto nelle campagne: azzima, salata e possibilmente unta, era il sostitutivo del pane quando non ce lo si poteva permettere o nel momento in cui finiva quello della “cotta” settimanale. Solitamente era anche priva di componenti dolci tranne qualche eccezione per il miele (pochissimo), soprattutto nella zona del Ravennate e del Cervese. Ancora oggi ci sono svariate famiglie nelle quali si conserva questa tradizione. Dalla costa ci spostiamo ora verso la collina, territorio molto povero rispetto alla pianura, dove si doveva fare di necessità virtù. Qui, spesso, la piadina veniva prepara utilizzando la farina di castagne, decisamente poco costosa e reperibile con grande facilità (anche oggi possiamo trovare versioni analoghe in alcune delle quali viene aggiunta anche l’uva passa a fare di questa piadina quasi un dolce, perfetto da intingere nel latte alla mattina). Non vanno dimenticati poi i macinati di orzo, farro, avena, ceci e legumi. E nemmeno la farina di mais con la quale si preparava il “piadotto”, antica ricetta codificata già da Spallicci. A onor del vero questa versione non aveva una buona reputazione: i romagnoli non hanno mai amato il mais perché costava molto meno della farina di grano e veniva usato per preparazioni povere. Il “piadotto” era la piadina della fame. Insomma, da quanto detto, è facile dedurre che l’appellativo piadina rappresentava un impasto semplice, neutro, capace di dare un grande senso di sazietà, una preparazione dalla forma a disco fatta con una farina, qualunque fosse la sua provenienza, il sale, un grasso e un liquido per impastare. E proprio a proposito di liquidi, oggi come allora, possiamo trovare chi utilizza solo acqua, chi miscela metà acqua e metà latte, che opta per il solo latte. Qualcuno aggiunge addirittura vino bianco. E la cottura? Se pensiamo che da sempre la piadina venga cotta solo sul testo, ci sbagliamo. Poteva infatti accadere che fosse cotta sulla graticola o anche sulla “arola” del camino. In questi casi spesso veniva arricchita con i ciccioli e si lasciava più spessa. L’uso del bicarbonato, a renderla più soffice e più gustosa anche da fredda, è una introduzione del secolo scorso. Veniamo infine agli accompagnamenti: tanto o poco che fosse, insieme alla piadina si mangiava di tutto. Secondo la stagione, il territorio o la ricchezza, le si accostavano erbe di campo, di orto o di pineta, lessate o soffritte in padella con aglio, cipolla o scalogno e con pancetta, lardo o strutto. Poi i formaggi, freschi o stagionati (come non citare lo squacquerone!), i salumi del prezioso maiale, gli arrosti e le grigliate. Ancora, la potevamo trovare a “fare scarpetta” per intingoli unti e sugosi, il più delle volte ricchi di verdure e poveri di carni. Non tralasciamo infine il nostro pesce, quello azzurro, quello dell’Adriatico che con sarde, sardoncini, sgombri, zanchetti, zuppe e brodetti, rendeva la piadina un pasto da giorno di festa. E ancora, la si mangiava in autunno insieme all’uva o con la ricotta e i fichi caramellati! Ricordo con tanta nostalgia quando mio nonno, per colazione, intingeva nel caffellatte quella avanzata la sera precedente o quando di nascosto me ne faceva assaggiare una puntina dopo che l’aveva “tocciata” nel Sangiovese! Antiche abitudini: la piada impastata con l’acqua del cotechino… Fino al secolo scorso, nelle fredde giornate d’inverno, si faceva la piada unta: veniva impastata con l’acqua gelatinosa della cot- tura del cotechino che, parsimoniosamente, veniva conservata e consumata un po’ alla volta. Si scaldavano due o tre cucchiai di gelatina e si versavano nel cratere della farina. Non si aggiungeva null’altro. Le piade che ne risultavano erano buonissime con le erbe saltate in padella o con i cavoli profumati all’aglio. … e quella con fagioli e patate nell’impasto Qualche anziano della collina ricorda di aver mangiato da bambino la piada con fagioli e patate, ma non in accompagnamento, bensì nell’impasto. Si lessavano i fagioli insieme alle patate, si scolavano, si schiacciavano con il matterello e si impastavano con farina, sale, strutto e una puntina di bicarbonato. Dopo aver steso la piadina leggermente più spessa del consueto, doveva essere cotta facendo molta attenzione nel girarla: il suo impasto era molto delicato. Queste erano le piadine povere della colazione che non avevano bisogno di companatico LA RICETTA DELLA PIADINA Essendo una preparazione della tradizione, non esiste un’unica ricetta ma mille, tutte legate alle storie familiari, a quelle dei singoli paesi o dei vari territori. Quindi, io non posso fare altro che darvi la mia, quella della mia famiglia, che nell’arco degli anni ho leggermente modificato per adattarla alle materie prime attuali e al nostro stile di vita. Ingredienti (per circa 10/12 piadine): 1 chilogrammo di farina 0; 150/180 grammi di strutto; 1 cucchiaino di miele (acacia o millefiori); 20 grammi di baking (lievito per dolci, non vanigliato!); 25 grammi di sale marino integrale; 1 cucchiaino raso di bicarbonato di sodio; 2 cucchiai di olio extra-vergine di oliva; 200 grammi di latte intero a temperatura ambiente; 200 grammi di acqua a temperatura ambiente. Preparazione. Impastare tutti gli ingredienti, con energia, fino ad ottenere una massa liscia ed omogenea. Coprirla con un canovaccio (o avvolgerla nella pellicola) e lasciarla riposare per almeno un’ora. Trascorso questo tempo, dividerla in 10/12 parti (circa 140/150 grammi l’una) e formare delle palline che andranno poi stese con il matterello sopra al tagliere di legno fino ad uno spessore di circa 3-5 millimetri. Infine cucinare ogni piadina sul testo ben caldo bucherellandole con i rebbi di una forchetta e girandole una volta sola (in mancanza, va bene anche una padella larga dal fondo steso). Total4 0 1 3 Forse può interessarti... La storia della vongola adriatica, elogio della "poverazza" Quando il pane è secco, in cucina rivive la cultura "contadina" Il pane degli dei: un itinerario alla scoperta della piadina di Romagna Seguici su Telegram e resta aggiornato