Il ruolo dell’organo della Camera di Commercio è tradurre in progetti le necessità delle imprenditrici del territorio. Nel Ravennate un’azienda su cinque è al femminile
Si rinnova il comitato per l’imprenditoria femminile (Cif) della Camera di commercio di Ravenna per il triennio 2021-24. La nuova presidente è Antonella Bandoli, eletta all’unanimità. Elena Zannoni sarà la vice. Il Cif di Ravenna è stato uno dei primi ad essere costituito in Italia, fin dalla fine degli anni novanta. Il suo ruolo è quello di sviluppare iniziative, avanzare proposte e tradurre, in progetti ed azioni, le aspettative e le necessità delle donne imprenditrici del territorio.
Bandoli è amministratrice e direttrice creativa di Matitegiovanotte, impresa di comunicazione orientata all’innovazione. Eletta in rappresentanza del settore industriale, Bandoli vanta un bagaglio ricco di esperienze con tappe in molte imprese italiane e multinazionali: da Nike a Cinti, da Seac a Reebok, da Fila a Mares, da Bata a Skechers, da New Balance a Illy, fino ad arrivare a Wieden+Kennedy (NL), Hogarth e Inferno (UK e USA).
Zannoni, eletta in rappresentanza del settore della cooperazione, è coordinatrice della provincia di Ravenna per Legacoop Romagna ma ricopre anche alcuni ruoli in imprese: presidente del Caa Legacoop, membro del cda di Demetra Formazione, del Caf Romagna e di Tuttifrutti.
Queste le priorità nell’agenda della neo presidente: orientamento all’imprenditorialità delle giovani generazioni, anche in collaborazione con il mondo della scuola, accesso al credito, internazionalizzazione, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, sostegno all’occupazione. Bandoli ha sottolineato l’importanza di agire in maniera collegiale.
In provincia di Ravenna, al 31 dicembre 2020, un’impresa su cinque è femminile (21,2 percento, nel 2011 era 20,9). La percentuale è pari alla media regionale ma di un punto inferiore alla media nazionale. Si tratta di aziende dove la partecipazione femminile – per quota di capitale sociale o per incarichi tra amministratori – è superiore al 50 percento. I dati diffusi dall’Osservatorio dell’economia della Camera di commercio dicono che il 67,8 percento sono imprese individuali ma risultano in consistente crescita le donne che scelgono come forma giuridica la società di capitale (+3,1 percento). Le attività si concentrano, in particolare, nei settori del Commercio (il 26,6 percento), dell’Agricoltura (14,2), dei Servizi (13,6), dell’Alloggio e ristorazione (13,1), del Manifatturiero (6,6) e dell’Immobiliare (6). Esaminando i dati degli scenari al 31 marzo 2020 e 31 marzo 2021 si nota un certo miglioramento in alcuni settori come la manifattura, le costruzioni e l’immobiliare.
Questa la squadra che compone il Cif di Ravenna, oltre a Bandoli e Zannoni: Alice Branzanti (Commercio), Claudia Cuppi (commercio), Laura Cenni (Agricoltura), Stefania Malavolti (Agricoltura), Anna Maria Minguzzi (Agricoltura), Loredana Buscaroli (Artigianato), Nicolina Cirelli (Artigianato), Giulia Gallamini (Industria), Corinna Armuzzi (Consumatori), Daniela Brandino (Organizzazioni Sindacali).
Si tratta di 550 euro da utilizzare per l’acquisto di computer e tablet. Denunciati
Sulla base delle segnalazioni di abbandono scolastico per quattro minorenni da parte del Servizio Istruzione della Romagna Faentina, gli agenti della polizia locale di Faenza hanno denunciato per truffa aggravata i quattro genitori.
Esaminando le relative pratiche i vigili hanno notato che le quattro famiglie dei rispettivi ragazzi avevano chiesto e ottenuto i bonus messi a disposizione dalla Regione Emilia-Romagna del valore di 550 euro ciascuno per l’acquisto di attrezzatura digitale per permettere, a chi non ne aveva la possibilità, di disporne per seguire le lezioni a distanza.
Le indagini della polizia locale hanno accertato che tre degli gli studenti non erano mai stati iscritti a scuola nel quarto caso invece lo studente aveva frequentato un solo giorno.
Le associazioni Dis-Ordine e Aimc: «Altre città hanno programmato, nonostante il Covid. Qui non abbiamo mai ricevuto risposte»
La Biennale del mosaico, che si sarebbe dovuta svolgere quest’anno, dopo l’estate, non si farà. Rinviata al 2022 a causa della pandemia. Lo ha annunciato il sindaco Michele de Pascale, a cui è rivolta ora una lettera aperta piuttosto polemica delle associazioni Dis-Ordine e Aimc (l’associazione internazionale dei mosaicisti contemporanei, protagonisti della manifestazione). La riportiamo integralmente.
«D’altra parte – commentano le due associazioni nella lettera firmata congiuntamente -, il Comitato per la Biennale, composto da 19 persone, dalla scorsa Biennale non è stato mai convocato, anche solo per redigere un bilancio post-evento nonostante più volte si sia detto che per poter organizzare una Biennale degna di questo nome occorre una preparazione preventiva di almeno un anno. Il mosaico, inoltre, è un linguaggio che per raggiungere una qualità essenziale per il successo di una manifestazione di questa portata e per attrarre quel pluralismo espressivo e linguistico capace di rispondere alla diffusa omologazione del prodotto, ha necessità di tempi e di comunicazione adeguati, soprattutto per poter coinvolgere tutti quegli artisti che operano a Ravenna, in Italia e nel mondo».
«Ora – continua la lettera -, a tre mesi dalla possibile data di inaugurazione della Biennale del Mosaico 2021, le Associazioni scriventi, gli artisti, i mosaicisti, gli operatori del settore e la città tutta apprendono casualmente, tra una serie di molte altre notizie, che l’evento è rimandato. Ma come? Uno degli eventi che più potrebbe lanciare un segnale positivo per la ripartenza di Ravenna Capitale viene cassato in totale silenzio? Chi ha deciso? Perché?».
«L’Associazione Dis-Ordine, oltre un anno fa, in previsione delle celebrazioni dantesche Le presentò alcune idee e progetti di caratura internazionale – rivela la lettera – per una maggiore visibilità della nostra città con eventi legati a Dante adatti a sprovincializzare e rimanere come testimonianza futura del Settecentenario dantesco della Biennale del Mosaico a cui non è stata data risposta, pur avendolo in più occasioni richiesto».
«L’Associazione Internazionale Mosaicisti Contemporanei – continua la lettera – come da statuto organizza ogni due anni, fin dal 1980, il Congresso sul Mosaico, ogni volta in un paese diverso. Nel 2020 era previsto a Monreale (Palermo) e data la pandemia il Congresso è stato rimandato dagli organizzatori – ovviamente di due anni – nel 2022. Fin dalla sua nascita la Biennale RavennaMosaico è stata concepita nell’anno che non coincide con il congresso Aimc, proprio per dare la possibilità ai soci di partecipare sia al Congresso sia a RavennaMosaico. Non si può pensare che un mosaicista possa affrontare nello stesso anno due viaggi dall’Australia, dal Canada, dal Brasile, dal Giappone… Questo significa che alla Biennale RavennaMosaico del 2022 non saranno presenti i soci AIMC che di solito arrivavano da tutte le parti del mondo. Il presidente AIMC all’inizio di marzo 2021 Le ha scritto una lettera chiedendo notizie sulla Biennale per poter dare una risposta ai soci che insistentemente volevano sapere. A tutt’oggi nessuna risposta».
«Altre città, nonostante il Covid, hanno utilizzato il tempo per programmare e rilanciare ugualmente gli eventi in forme ancora più innovative. Venezia a giorni inaugura la Biennale di Architettura. Milano inaugura la Triennale. Roma ha inaugurato la Quadriennale. Una Biennale ogni tre anni non è più biennale, chi ha fatto il miracolo di trasformare la nostra Biennale in Triennale o in Quadriennale? E perché questo è avvenuto? Non si capisce perché a Ravenna non si sia trovato il tempo neanche per convocare le persone e le Associazioni coinvolte, nemmeno per raccogliere opinioni in merito, come hanno fatto le altre città capitali nonostante le limitazioni per la pandemia. Il confronto con i cittadini, purtroppo poco frequentato dai suoi collaboratori, continua a non sortire quel pluralismo che è una risorsa culturale indispensabile per la crescita di una città. Da Città del Mosaico ci stiamo incamminando sempre più verso una città “mosaicofobica”. E francamente non se ne comprende il motivo».
Prima edizione della Ravenna Music Rase, 10,5 km al ritmo degli artisti che si esibiranno dal vivo
Domenica 30 maggio – dalle 9 e con partenze a scaglioni nel pieno rispetto di tutte le normative anti Covid – si terrà la prima edizione di un evento nato da un’idea maturata durante i mesi del lockdown per unire insieme due settori che, a causa della pandemia, sono stati tra i più colpiti: sport e spettacolo.
Si tratta della Ravenna Music Race, manifestazione organizzata dallo stesso staff della maratona, il Ravenna Runners Club.
Si partirà di fronte all’Autorità Portuale di Ravenna e palcoscenico principale dell’evento sarà proprio la darsena di città, fulcro di un circuito da 10,5 Km che potrà essere affrontato al ritmo della corsa oppure, in maniera più blanda e pacata, camminando e indugiando con lo sguardo sul Moro di Venezia posizionato nel nuovo spazio appena inaugurato, sullo skyline particolarissimo di un braccio di mare che si addentra nella città e anche sul Mausoleo di Teodorico grazie al passaggio del percorso dentro all’omonimo parco cittadino.
E proprio il ritmo sarà il filo conduttore di questo evento che, sviluppando l’idea sempre apprezzata delle band a bordo strada durante la Maratona di Ravenna Città d’Arte, proporrà sul percorso ben sette punti musicali. A suonare per tutti gli iscritti e coloro che transiteranno sul percorso, saranno: Scuola di Musica Mama’s, Officina della Musica, Seattle’s Black Coffee, Wind Storm, Brain V, Senza Freni e anche una rappresentativa della Banda Cittadina di Ravenna.
Come colonna sonora anche “Corro come il Vento”, il brano pubblicato recentemente da Marco Frattini, personaggio poliedrico molto conosciuto nel mondo del running capace di trasformare una disabilità come la mancanza di udito in un punto di forza. E da qui partirà anche il “music contest” nel quale saranno coinvolte proprio le band di Ravenna Music Race, ognuna impegnata a proporre la propria versione di “Corro come il Vento”.
Ravenna Music Race sarà anche una prova competitiva per tutti i runner che in questi mesi fremevano per tornare a confrontarsi fra loro su un tracciato interessante e che, senza particolari rilievi, potrebbe regalare anche riscontri cronometrici interessanti.
All’arrivo, tutti gli iscritti alla Competitiva, troveranno ad aspettarli una medaglia diversa dal solito. Nell’impossibilità di mettere al collo dei runner quello che per tutti è un simbolo della gara e del traguardo, Ravenna Runners Club ha optato per una medaglia-portachiavi che riprende le forme del logo dell’evento.
Discorso particolare anche per la t-shirt che verrà consegnata agli iscritti nel pacco gara già a partire da sabato 29 nel punto distribuzione allestito in Autorità Portuale in via Antico Squero. La maglietta sarà infatti quella che avrebbe dovuto essere il capo di abbigliamento ufficiale della Maratona di Ravenna 2020, annullata per i motivi ben noti legati alla seconda ondata di pandemia. Una t-shirt ricca di storie da raccontare, dedicata a Dante per il 700esimo della morte del Sommo Poeta.
Partner importante dell’evento sarà Radio Bruno, che allestirà il suo punto musicale nell’area partenza/arrivo di Ravenna Music Race e nelle scorse settimane, attraverso una campagna social, ha raccolto i gusti e le preferenze dei runner. Con le indicazioni raccolte verrà lanciata a breve una play list dedicata interamente all’evento.
Tra le novità alle quali si lega Ravenna Music Race c’è anche il Grand Prix CSI di podismo, il nuovo circuito all’interno del quale è inserita la manifestazione come prima data assoluta. Il Comitato ravennate del Centro Sportivo Italiano, sotto l’egida del quale si svolgerà l’evento del 30 maggio, ha infatti lanciato da pochi giorni un nuovo circuito di gare con alcune novità particolari tese a valorizzare non solo la partecipazione dei runner, ma anche quella dei volontari. Proprio a coloro che contribuiranno all’organizzazione degli appuntamenti in calendario, e dunque anche di Music Race, sarà riservata una speciale classifica che darà diritto a riconoscimenti di vario genere.
Per quanto riguarda le iscrizioni, per rispettare pienamente i protocolli anti Covid-19, le adesioni alla Ravenna Music Race si chiuderanno alla mezzanotte di domani, mercoledì 26 maggio. Per iscriversi è sufficiente accedere al sito web www.maratonadiravenna.com e seguire le indicazioni, oppure rivolgersi al punto vendita di Outdoor & Trekking in Via Trieste n. 34 a Ravenna. Due le quote previste: 15 euro per la gara competitiva (comprendente pettorale, servizio timing con chip monouso, t-shirt, medaglia/portachiavi, assistenza medica, ristoro, assicurazione); 10 euro per la manifestazione ludico-motoria, per la prima volta cronometrata (con pettorale, servizio timing con chip monouso, t-shirt, assistenza medica, ristoro, assicurazione).
Il racconto di Hakima Hasan Motlaq fondatrice del Retaj Women Center di Asira al-Qiblya in Cisgiordania
«Mi chiedo come Israele possa definirsi civile e democratico, se per stanare e uccidere un suo nemico nascosto in un edificio abitato il suo esercito non esita un attimo ad abbatterlo
seppellendoci sotto decine di innocenti» Vittorio Arrigoni
Nel mese di aprile del 2014 la rivista mensile “TrovaCasa”, Reclam edizioni, pubblicava un mio reportage dal titolo This Land is my Land in cui, oltre a parlare della presentazione del film Shoot, avvenuta a Ravenna nel gennaio antecedente, avevo intervistato l’ospite dell’incontro Hakima Hasan Motlaq.
Hakima, fondatrice e presidentessa del Retaj Women Center, un centro per donne ad Asira al-Qiblya in Cisgiordania, in quell’occasione aveva parlato degli attacchi che il suo villaggio subiva quotidianamente da parte dei coloni e dell’esercito israeliano e anche del sequestro di sorgenti e pozzi utilizzati dai palestinesi per l’agricoltura e per uso domestico, sempre a opera dei militari.
Alcune riprese del film Shoot erano state girate dal fotoreporter Odai Qaddomi, anche lui presente all’evento, il quale, in quell’occasione, aveva raccontato che il suo villaggio di Kuffr Qaddum era sotto occupazione da dieci anni, da quando Israele aveva chiuso la strada principale per costruirvi un insediamento illegale di coloni. Con Hakima decidemmo che, appena tornata in Cisgiordania, mi avrebbe inviato notizie per realizzare un articolo sulla situazione geopolitica del territorio in cui viveva.
In seguito alla recente recrudescenza del conflitto, ho contattato Hakima e Odai per sapere come stavano e, dopo essere stata rassicurata sulle loro condizioni, con Hakima abbiamo ripreso il filo del racconto. All’interrogativo Cosa sta succedendo in Palestina?, lei mi scrive:
«La risposta a questa domanda deve prendere in considerazione molti aspetti; in effetti non so da dove cominciare. Potrei partire dal quartiere di Sheikh Jarrah, in cui cinquecento dei residenti originari di Gerusalemme vivono, e dove una colonia di insediamento sta cercando di giudaizzarli e di dislocare i suoi abitanti originari col pretesto di prove scritte e contratti che provano il loro possesso della terra. Sheikh Jarrah, purtroppo, non è l’eccezione ma la norma.
Potrei parlarti del regime di apartheid col quale lo Stato occupante, divide gli arabi e gli ebrei o di quello che sta succedendo a Gaza, che è soggetta quotidianamente a bombardamenti che prendono di mira soprattutto i civili, i condomini residenziali e infine perfino le strutture sanitarie. Oppure posso parlare delle restrizioni, delle barriere, degli arresti e della dispersione dei dimostranti che sono contro tutto quello che sta avvenendo in Sheikh Jarrah o a Gaza, o quello che sta avvenendo nella Palestina storica.
Ti racconto la storia di Sheikh Jarrah. Si tratta di un quartiere di Gerusalemme nei pressi della Città Vecchia, più precisamente della terra di Karam al-Ja’ani. Una volta finita la guerra del 1948, il quartiere passò sotto il controllo della Giordania, la green line. Nel 1956 fu firmato un accordo tra il governo della Giordania e l’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees – L’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi) che provvide a dare alloggio a ventotto famiglie palestinesi di rifugiati che avevano mantenuto il diritto di ritornare al loro paese di origine, il paese da dove erano stati espulsi. Secondo il concordato, ogni famiglia doveva avere una porzione di terra a Karam al-Ja’ani e su di essa una casa privata. Trascorsi tre anni, terra e casa sarebbero dovute diventare di proprietà delle famiglie, cosa che non è mai successa perché nel frattempo “colonie di insediamento” di ebrei hanno iniziato a reclamare la proprietà delle terre. L’accordo, infatti, fu affossato nel 1967, quando Gerusalemme Est fu occupata da Israele. La legge israeliana favorisce, di fatto, i coloni permettendo solo agli israeliani di rivendicare le proprietà che dichiarano di aver posseduto prima del 1948, negando però lo stesso diritto ai palestinesi.
Sin dal 1972, anno in cui hanno iniziato a richiedere l’evacuazione dei residenti dalle loro case, i coloni sono riusciti a controllare quattro case e mezzo e a far traslocare un certo numero di famiglie. All’inizio del 2021 il tribunale di occupazione centrale ha emesso una nuova sentenza dando alle famiglie di Karam al-Ja’ani, Quassim, Escavi e Al Kard tempo fino al 2 maggio per lasciare libere le loro case, e “concedendo” alle famiglie di Daoudi, Dajani e Hamed tempo fino al prossimo agosto. Inoltre la corte ha emesso la sentenza di sfratto per la famiglia di al-Sabbaghs. Come risultato, ventotto famiglie palestinesi, circa 550 individui, sono a rischio di deportazione da Gerusalemme nei prossimi mesi. In special modo il tribunale di occupazione si è dimostrato completamente dalla parte dei coloni rifiutandosi di considerare i diritti e le richieste dei residenti. Israele pianifica di costruire un insediamento sulle rovine di queste case palestinesi, connettendosi così ai suoi insediamenti nel circondario, dall’Università giudaica fino all’est, attraverso gli insediamenti di Karam al-Mufti. Hanno raggiunto Street 1 e i sobborghi a ovest di Gerusalemme, cancellando la presenza palestinese e disperdendo gli originari proprietari della città.
Gli attivisti sui social media palestinesi hanno iniziato a pubblicare qualcosa riguardo al problema di Sheikh Jarrah; le persone che vivono a Gerusalemme hanno iniziato a dimostrare quotidianamente, malgrado la repressione spesso violenta della polizia. Tutti i palestinesi si sono mossi a supporto di Sheich Jarrah. Era chiaro ai palestinesi che “se c’è una dislocazione dei residenti di Sheich Jarrah, questo significa ripristinare Nakba” (“catastrofe”, cioè l’esodo palestinese a seguito della guerra civile del 1947-1948).
Ancora una volta è chiaro a ogni palestinese che quello che sta accadendo a ogni residente del vicinato, può accadere a lui. Come al solito, l’occupazione israeliana sopprime le dimostrazioni e abusa dei palestinesi. In questo caso le cose non si sono fermate lì, ma sono andate oltre con l’attacco ai fedeli nella moschea di Al-Aqsa. I palestinesi si sono mossi per difendersi dagli attacchi e dalle discriminazioni contro di loro. Manifestazioni hanno avuto luogo in Lod, Haifa, Jaffa, Umm-alFah, Nazareth, Gerusalemme e tutte le aree della Palestina occupate da Israele nel 1948, ma gli occupanti hanno reagito con bombe lacrimogene, bombe sonore, pallottole di gomma, proiettili veri e gettando loro addosso acque di scarico! Le cose non si sono interrotte qui: i coloni sono entrati dappertutto nella Palestina portando armi e terrorizzando i palestinesi con il sostegno dell’esercito di occupazione israeliano».
La sottrazione progressiva del territorio palestinese con l’avanzare dell’occupazione israeliana
Questo il racconto inviatomi da Hakima in inglese, che, grazie anche all’aiuto di Patrizia De Angelis, abbiamo tradotto in italiano.
Dall’inizio del conflitto a Gaza, almeno sessanta bambini sono stati uccisi e altri 444 sono stati feriti in meno di dieci giorni. Circa 30.000 bambini sono stati sfollati. Si stima che 250.000 bambini abbiano bisogno di servizi di protezione per la salute mentale. Almeno quattro strutture sanitarie e quaranta scuole sono state danneggiate. Circa quarantotto scuole –la maggior parte gestite dall’Unrwa (l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi) – vengono usate come rifugi d’emergenza per le famiglie che cercano rifugio dalle violenze. I sistemi idrici e igienico-sanitari, già indeboliti, sono stati ulteriormente compromessi come risultato di quest’ultima escalation. Le infrastrutture essenziali – fra cui pozzi e serbatoi di acqua di falda, impianti di desalinizzazione e di trattamento delle acque reflue, reti di distribuzione dell’acqua e stazioni di pompaggio – hanno subito danni significativi. Si stima che 325.000 persone abbiano bisogno di servizi idrici e igienico-sanitari di emergenza, senza i quali è più facile che contraggano malattie infettive potenzialmente letali. Quasi la metà degli abitanti di Gaza non ha cibo a sufficienza, il tasso di disoccupazione è arrivato oltre il 40% e circa 23.550 persone sono ancora senza casa dalla guerra del 2014. Gli effetti del blocco israeliano nella vita di tutti i giorni sono un commercio praticamente inesistente, famiglie divise e persone che non possono muoversi per curarsi, studiare o lavorare. Oltre il 65% degli studenti delle scuole gestite dall’Unrwa a Gaza non riescono a trovare lavoro a causa delle dure condizioni di vita, dell’aumento della povertà e dei tassi di disoccupazione.
Dobbiamo porci delle domande: cosa sarebbe successo se Israele non avesse provocato i palestinesi a Gerusalemme?
Cosa sarebbe successo se anche dopo queste provocazioni Israele avesse rinunciato a una prova di forza e ritirato i suoi violenti agenti di polizia dal complesso di Al-Aqsa, o non avesse bombardato le torri residenziali di Gaza, per evitare una guerra?
Cosa sarebbe successo se l’ONU non fosse rimasta scandalosamente in silenzio?
Cosa sarebbe successo se, invece di ascoltare leader occidentali che chiedevano pateticamente la calma da entrambe le parti, come se entrambe le parti condividessero la stessa colpa, fosse stata avviata un’iniziativa diplomatica internazionale per fermare in tempo la crisi arrivata sull’orlo del baratro?
A coordinare le operazioni anche un politico, Mirko De Carli. Sarebbero coinvolte le vecchie glorie, da Buonocore a Pregnolato
Mirko De Carli
Dopo la retrocessione nei Dilettanti, c’è aria di svolta nel Ravenna Football Club. Con la società che potrebbe a breve passare di mano.
Sono già in corso le trattative che vedono coinvolto un consulente, un manager già protagonista di alcuni passaggi di proprietà anche nella massima serie, che starebbe mettendo in contatto lo staff del presidente Alessandro Brunelli (contestato dalla frangia più calda della tifoseria dopo due retrocessioni consecutive) con una cordata di imprenditori.
Un’operazione in qualche modo coordinata anche da un politico, il ravennate Mirko De Carli, dirigente nazionale del Popolo della Famiglia di Mario Adinolfi, consigliere comunale a Riolo Terme. Sui social già da qualche tempo si fa vedere in compagnia di vecchie glorie del Ravenna, Enrico Buonocore in primis, facendo riferimento a un progetto in divenire in ambito sportivo. Fin troppo semplice fare due più due.
E De Carli, al telefono, non può che confermare, senza confermare. «Al momento posso parlare solo come politico e sportivo – ci dice -. E posso dire, da tifoso del Ravenna sin da bambino, che questa città merita di avere un’organizzazione alle spalle che garantisca una presenza stabile nel calcio professionistico. Un progetto serio e di prospettiva. Serve un cambio di passo e spero che si realizzi a breve, per superare una situazione che non funziona più. Puntando sugli uomini, sugli sportivi, che del Ravenna hanno fatto la storia e che finora sono stati purtroppo poco valorizzati». Il riferimento è allo stesso Buonocore e poi ancora ad ex giocatori (e capitani) come Affatigato, Pregnolato, Gadda. Questi ultimi già attivi in città con i ragazzi.
«Sarebbe fondamentale investire sul settore giovanile per renderlo competitivo con realtà come Cesena e Bologna – continua De Carli – evitando, come succede adesso, di utilizzare i ragazzi solo per “finanziare” la prima squadra con le quote dei genitori».
De Carli, pur evitando di rispondere alle nostre domande prima della eventuale buona riuscita dell’operazione, sarebbe successivamente disponibile a metterci anche la faccia, con un ruolo di primo piano in società.
L’obiettivo è quello di fare in fretta, per cercare di capire anche se potrebbe essere davvero possibile ripartire di nuovo dalla Lega Pro, ottenendo, come un anno fa, una sorta di riammissione alla luce anche dei dissesti economici cui devono far fronte molte società di serie C in questo periodo post-pandemia.
Per il territorio provinciale di Ravenna oggi, 24 maggio, si sono registrati 17 nuovi casi di Covid: si tratta di 13 maschi e 4 femmine; 9 asintomatici e 8 con sintomi; 15 in isolamento domiciliare e 2 ricoveri. Nel dettaglio: 12 da contact tracing; 3 per sintomi; 2 test privati. I tamponi eseguiti sono stati 614. Oggi la Regione ha comunicato un decesso: una donna di 87 anni. Sono state comunicate 56 guarigioni. I casi complessivamente diagnosticati da inizio contagio nel ravennate sono 30177.
Dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, in Emilia-Romagna si sono registrati 382.387 casi di positività, 315 in più rispetto a ieri, su un totale di 10.208 tamponi eseguiti nelle ultime 24 ore. La percentuale dei nuovi positivi sul numero di tamponi fatti da ieri è del 3,1%: un valore peraltro non indicativo dell’andamento generale visto il numero di tamponi effettuati, che la domenica è inferiore rispetto agli altri giorni. Inoltre, nei festivi soprattutto quelli molecolari vengono fatti prioritariamente su casi per i quali spesso è atteso il risultato positivo.
La situazione dei contagi nelle province vede Modena con 62 nuovi casi, seguita da Parma (58) e Bologna (57). Poi Reggio Emilia (31) e Rimini (29); quindi Ferrara e Ravenna (entrambe con 17 nuovi casi), Cesena (16), Piacenza (12). Infine, Forlì (9) il Circondario Imolese (7).
Nelle ultime 24 ore sono stati effettuati 6.894 tamponi molecolari, per un totale di 4.701.390. A questi si aggiungono anche 3.314 tamponi rapidi.
Per quanto riguarda le persone complessivamente guarite, sono 868 in più rispetto a ieri e raggiungono quota 350.713.
I casi attivi, cioè i malati effettivi, a oggi sono 18.521 (-560 rispetto a ieri). Di questi, le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 17.635 (-558), il 95,2% del totale dei casi attivi.
Si registrano 7 nuovi decessi, di cui 3 a Bologna (una donna di 63 anni e 2 uomini, di 66 e 97 anni), 2 in provincia di Ferrara (entrambe donne, di 74 e 82 anni), uno aRavenna (una donna di 87 anni) e uno a Rimini (un uomo di 85 anni). Nessun decesso a Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Forlì-Cesena. In totale, dall’inizio dell’epidemia i decessi in regione sono stati 13.153.
I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 123 (+1 rispetto a ieri), 763 quelli negli altri reparti Covid (-3). Sul territorio, i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono così distribuiti: 7 a Piacenza (invariato), 11 a Parma (invariato), 16 a Reggio Emilia (invariato), 19 a Modena (invariato), 36 a Bologna (+1), 6 a Imola (invariato), 8 a Ferrara (invariato), 4 a Ravenna (+1), 2 a Forlì (invariato), 4 a Cesena (invariato) e 10 a Rimini (-1).
La decisione è stata presa «per contribuire a dare forza a una battaglia che deve essere della città a supporto di tutte le vittime di violenza»
Il Comune di Faenza ha annunciato l’intenzione di costituirsi parte civile, assieme all’associazione Sos Donna, nel futuro processo per l’omicidio di Ilenia Fabbri, la 46enne uccisa il 5 febbraio nella sua abitazione. Al momento gli unici indagati sono l’ex marito e un amico dell’uomo: secondo gli investigatori, il secondo avrebbe compiuto il gesto su incarico del primo in cambio di 20mila euro e un’auto usata. La decisione di costituirsi parte civile è stata assunta nel corso dell’ultima riunione di giunta di Palazzo Manfredi.
«Schierarci al fianco di Ilenia Fabbri, vittima di femminicidio – ha detto l’assessora alle Pari opportunità Milena Barzaglia – contribuirà a dare forza a una battaglia che deve essere della città a supporto di tutte le vittime di violenza, anche con queste azioni dirette. Lo facciamo per Ilenia Fabbri ma anche per diffondere ancor di più la cultura del rispetto e per dimostrare che l’amministrazione è vicina alle vittime. Non solo non minimizziamo la violenza di genere ma siamo pronti a sostenere le vittime davanti ai tribunali».
Ilenia Fabbri con l’ex marito
L’avvocata incaricata sarà Elena Bianconcini: «La volontà è di far assumere al Comune un ruolo attivo nel procedimento che attualmente è pendente in indagine. L’intento del Comune è di non rimanere un mero osservatore ma di portare la propria voce, chiara e forte, dando conto di una riprovazione di questo tragico episodio che lede i principi e i valori dei quali il Comune si fa promotore. Il reato in sé non lede solo la sfera personale della vittima ma anche la dimensione pubblica e quindi vede come vittima anche la comunità rappresentata dal Comune, quale garante del libero svolgimento della vita personale, della dignità, della famiglia, delle pari opportunità e del quieto vivere in un ambiente dove i singoli e la comunità tutta si debbano sentire protetti».
Sarà la prima volta che l’associazione Sos Donna si costituisce parte civile in un processo penale per un omicidio nei confronti di una donna: «Sin dalla nostra nascita, avvenuta nel 1994, non era mai avvenuto un episodio di sangue nel faentino – ha detto Antonella Oriani, presidente del centro antiviolenza –. Per quel che ci riguarda, la costituzione di parte civile assume una valenza sociale, dove il risarcimento non sarà in termini economici ma anche simbolici».
Dal primo gennaio 112 sono state le donne che si sono rivolte a Sos Donna e Servizio Fenice, 28 provenivano da situazioni prese in carico dall’anno precedente. Nel 2020, le donne accolte furono 199, di queste 16 ospitate nelle case protette.
Dietro alla torre dell’acquedotto, di fronte alla nuova scuola
Iniziano i lavori di creazione di un nuovo parco pubblico nell’area situata dietro alla torre dell’acquedotto di Lido Adriano.
L’area si trova fra il centro sociale “Il Desiderio” in viale Manzoni, la torre piezometrica e via Tono Zancanaro, di fronte alla nuova scuola secondaria di primo grado “Dante Alighieri”.
Attualmente il lotto si trova ad una quota più bassa di circa 1,50 metri rispetto al piano stradale e il progetto prevede il suo riempimento fino ad una quota che permetta di scaricare in fogna le acque di pioggia e la creazione di una nuova fognatura; l’intervento crea le premesse per allestirlo una volta che il riporto di terreno si sarà opportunamente assestato.
Il terreno utilizzato per il riempimento proviene dal cantiere di costruzione del nuovo palasport di Ravenna, in quanto, a seguito degli scavi già eseguiti, era necessario smaltire l’esubero di terreno, che risulta idoneo all’impiego in un parco pubblico.
Lo sgombero del terreno al Pala De Andrè serve anche per liberare le aree in vista dello svolgimento di Omc Med Energy Conference & Exibition, programmata per il 28-30 settembre, evento di primaria importanza nell’ambito dell’oil & gas.
Riqualificazione per i 39 punti toccati dalla linea gratuita tra Marina e Punta
Riqualificazione per 39 fermate dell’autobus sui lungomare di Marina di Ravenna e Punta Marina. Dante Alighieri arriva sotto le pensiline: un’area per i selfie con alcune delle più note terzine tratte dalla Divina Commedia. Il progetto riguarda le fermate del servizio gratuito Navetto Mare e dei servizi di linea. La realizzazione è di Start Romagna per conto del Comune di Ravenna.
Le fermate sono individuabili anche grazie alla mappatura sui sistemi di geolocalizzazione e sono indicate sull’app Moovit. Grazie a questa applicazione per smartphone è possibile avere informazioni in tempo reale sul servizio, poiché appunto tutte le fermate sono mappate e georeferenziate con indicazioni sui tempi di attesa.
Le paline di fermata si presentano con un design nuovo ed originale, grazie a manufatti realizzati ad hoc che richiamano la forma dell’albero, elemento caratterizzante il contesto di riferimento, e cioè la pineta, e dal colore blu acceso, con richiami al mare e ai servizi collegati (Navetto Mare, Freccia Blu). Ad ogni fermata la mappa dell’area e i servizi che insistono sul percorso, insieme alle informazioni utili e alle regole di accesso.
Sarà più facile raggiungere le attività di spiaggia: tutte le nuove fermate sono infatti contrassegnate da una lettera e da un numero ben visibili (ad esempio P10, cioè fermata numero 10 di Punta Marina) che individua la zona e i vari bagni e servizi di spiaggia limitrofi, in modo da creare una semplice associazione tra fermate e punti di interesse serviti posti lungo il tracciato, così da favorire anche i turisti nel raggiungimento del lido o della spiaggia di destinazione.
Insieme all’impiego di nuovi autobus da 18 metri sul servizio del Navetto Mare, che potenziano la capacità complessiva di trasporto, le nuove fermate renderanno più funzionali i servizi anche in vista degli sviluppi previsti dal progetto Parco Marittimo, nell’ambito del quale la mobilità sostenibile avrà un ruolo particolarmente rilevante. I nuovi mezzi si rivelano particolarmente utili in questa stagione estiva perché consentono una capienza comunque buona nel rispetto dei limiti posti dalle norme anticontagio.
Intanto procedono i lavori per l’ampliamento del parcheggio del Marchesato e il Comune fra poco acquisirà l’area per il potenziamento del parcheggio scambiatore che sarà sempre più un hub intermodale, una porta d’ingresso per raggiungere in maniera agile e sicura il litorale di Marina di Ravenna e di Punta Marina.
Operaio di una ditta esterna soccorso dal 118, non è grave
Infortunio al porto di Ravenna negli spazi della ditta Euro Docks. A metà mattina di oggi, 24 maggio, un operaio di una ditta esterna è caduto mentre stava montando una copertura per merci. L’uomo è precipitato per qualche metro ma non ha mai perso conoscenza dopo l’impatto. È stato soccorso dal 118 e trasportato in ospedale con un quadro di media gravità.
Da diverso tempo la barca è smontata, sotto agli alberi, coperta da un telo: lo sfregio di Bill Koch, l’armatore che sconfisse Raul Gardini nelle acque di San Diego. Nel 2005 era stata in un museo per qualche mese
Il Moro 5 nel Nauticus Marina di Bill Koch a Osterville
Smontato, coperto da un telo, dimenticato nell’angolo di un prato in un villaggio di quattromila anime a un’ora da Boston. Da anni è tenuto così il Moro di Venezia che nel 1992 a San Diego vinse la Louis Vuitton Cup e arrivò alla finale di Coppa America. La barca che fu di Raul Gardini, la quinta disegnata dal progettista German Frers per la missione californiana, appartiene da una ventina d’anni a Bill Koch: l’81enne magnate americano con un patrimonio di 1,6 miliardi di dollari (stime Forbes) era l’armatore di America 3 che sconfisse il Moro 4-1.
Nel 1997 il Moro 5 – era infatti la quinta delle barche costruite a partire dal 1990 per cercare la versione più performante – era stato acquistato da America One, una delle squadra che partecipò all’edizione 2000 della Coppa America: venne utilizzata come barca da allenamento (lo skipper era lo stesso Paul Cayard che accompagnò Gardini nelle sue imprese). Nel 2001 era passato a One World, squadra che partecipò alla Louis Vuitton Cup 2003. E poi arrivò a Koch.
Oggi lo scafo rosso si trova nelle pertinenze del Nauticus Marina, il porticciolo turistico privato di proprietà dello stesso Koch a Osterville. Abbiamo contattato il referente della struttura via email e al telefono ma nonostante l’iniziale disponibilità a collaborare, non ci sono state fornite informazioni più dettagliate sulla barca italiana. «Ho inoltrato le vostre domande alla persona che si occupa dei materiali di America’s Cup di Koch, fino a quando non sarà lui ad autorizzare le risposte non possiamo fornire informazioni».
Il Moro di Venezia esposto al museo di Boston nel 2005
Nello stesso circolo nautico c’è anche America 3, ma in ben altre condizioni: esposta e ben tenuta nel giardinetto a ridosso degli ormeggi. Da Google Maps sono entrambe visibili. Le due barche ebbero un momento di celebrazione comune nel 2005. Il museo di belle arti di Boston ospitò “Cose che amo”, una mostra dedicata al collezionismo di Koch, e di fronte all’edificio vennero esposti proprio i due scafi.
Che fine hanno fatto i Mori di Venezia?
A questi link la storia e l’attuale situazione delle altre barche: Moro 1, Moro 3, Moro 4. Presto online anche l’articolo sul Moro 2.