giovedì
11 Settembre 2025

Covid, Ravenna la meno colpita in Regione: «Potrebbero festeggiare, complimenti»

I casi in corso al 28 aprile erano 280, meno della metà di Ferrara, seconda provincia “virtuosa” in Emilia-Romagna

Report 28aprile2020 10La provincia di Ravenna è la meno colpita della regione Emilia-Romagna dalla pandemia coronavirus.

Il risultato è reso ancor più evidente dai grafici pubblicati oggi dalla Regione, che mostrano come l’incidenza dei contagi qui sia di 3 ogni mille abitanti (come a Ferrara), contro i 14 di Piacenza.

E Ravenna fa ancora meglio per quanto riguarda i casi in corso, ossia i malati “attivi”, al 28 aprile, al netto dei guariti. Si è passati dai 320 del 25 marzo ai 280 del 28 aprile, in valore assoluto il numero nettamente più basso della regione (la seconda provincia è Ferrara, ma con 607).

«Fosse una regione – commenta il commissario per l’emergenza della Regione, Sergio Venturi –, la provincia di Ravenna starebbe festeggiando il punto zero. Sono molto contento, complimenti alle istituzioni e ai cittadini ravennati».

I casi diagnosticati dall’inizio dell’emergenza in provincia di Ravenna sono 981.

Riprendono le attività sanitarie non urgenti, l’Ausl contatterà i pazienti in attesa

I tempi di ripresa saranno graduati per avere maggiore sicurezza negli accessi alle strutture

MedicoL’Ausl Romagna sta predisponendo, in coerenza con le relative indicazioni regionali, la pianificazione per il graduale riavvio delle attività non urgenti che erano state sospese a seguito dell’epidemia da Covid-19.

Alcune attività – in particolare quelle chirurgiche e alcune ambulatoriali per pazienti il cui quadro clinico, sebbene non urgente, sia prioritario – riprenderanno in tempi più rapidi: i pazienti di queste attività verranno ricontattati direttamente dall’azienda.

Per le altre attività i tempi di ripresa saranno maggiormente graduati per avere maggiore sicurezza negli accessi alle strutture sanitarie. Sarà cura dell’zienda, così come ha fatto in occasione delle sospensioni, comunicare puntualmente la ripresa di ogni singolo servizio con le relative modalità ed orari.

Sul fronte della ripresa dell’attività ambulatoriale e territoriale sarà posto particolare riguardo ai pazienti con patologie croniche o rare. Al momento tale attività resta inoltre riservata ai cittadini emiliano-romagnoli mentre restano sospese le visite di idoneità sportiva per l’attività agonistica.

Sul fronte delle vaccinazioni si ripartirà col calendario vaccinale regionale per l’infanzia e vi sarà una graduale ripresa anche delle vaccinazioni per adulti, a partire dai portatori di malattie croniche. Riprenderà con gradualità anche l’attività legata agli screening oncologici.  Gli utenti di queste prestazioni saranno comunque ricontattati direttamente dall’Azienda.

Fino ad allora resta valido l’attuale assetto, per cui si invita la cittadinanza a non recarsi agli sportelli Cup o ad altri sportelli aziendali visto che l’accesso è previsto su prenotazione; per prenotare o chiedere informazioni utilizzare il Cuptel (numero verde 800-002255) e se proprio si reputa indispensabile recarsi ad uno sportello, anche per pratiche amministrative come ad esempio “Scelta revoca del medico di famiglia o altro”, si suggerisce di contattare preventivamente il servizio (i numeri si trovano sul sito aziendale www.auslromagna.it e in particolare quelli dei cup sono al seguente link).

Si ricorda infine che lo strumento più efficace per il rapporto con il proprio medico di base, per avere le ricette per i farmaci, per prenotare le visite, per pagare e per avere gli esiti è il Fascicolo Sanitario elettronico come app o accesso al proprio sito le cui credenziali possono essere richieste anche da casa a questo link.

Coronavirus, i dati aggiornati: a Ravenna solo 3 nuovi contagi ma un altro decesso

 

In Emilia-Romagna, dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus si sono registrati 25.177 casi di positività, 263 in più rispetto a ieri (28 aprile). Le nuove guarigioni sono 364 (9.803 in totale) mentre i test effettuati hanno raggiunto quota 176.865 (+4.276).  In netto calo i casi attivi, e cioè il numero di malati effettivi a oggi: -141 rispetto a ieri (11.862 contro 12.003).

Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi (29 aprile) sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Le persone in isolamento a casa, cioè quelle con sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi, arrivano complessivamente a 8.288, 96 in meno rispetto a ieri. I pazienti in terapia intensiva sono 226 (-2). Diminuiscono anche quelli ricoverati negli altri reparti Covid (-47).

Le persone complessivamente guarite salgono a 9.803 (+364): 2.762 “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione, e 7.041 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.

Purtroppo, si registrano 40 nuovi decessi: 19 uomini e 21 donne. Complessivamente, in Emilia-Romagna sono arrivati a 3.512.

I nuovi decessi riguardano 8 residenti nella provincia di Piacenza, 8 in quella di Parma, 4 in quella di Reggio Emilia, 3 in quella di Modena, 7 in quella di Bologna (uno nell’imolese), 1 inquella di Ferrara, 2 ciascuno in quelle di Ravenna (l’operatrice sanitaria di 64 anni di cui abbiamo già dato notizia questa mattina e una donna di 87 anni) e Forlì-Cesena (i 2 nuovi decessi nel cesenate), 5 nel riminese. Nessun nuovo decesso da fuori regione.

Questi i casi di positività sul territorio, che invece si riferiscono non alla provincia di residenza ,ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 3.993 a Piacenza (75 in più rispetto a ieri), 3.144 a Parma (22 in più), 4.613 a Reggio Emilia (20 in più), 3.630 a Modena (21 in più), 3.977 a Bologna (80  in più), 375 le positività registrate a Imola (9 in più), 918 a Ferrara (9 in più). In Romagna sono complessivamente 4.527 (27 in più), di cui 981 a Ravenna (3 in più), 880 a Forlì (3 in più), 676 a Cesena (4 in più), 1.990 a Rimini (17 in più).

Infanzia, la Regione al lavoro per l’apertura dei Centri estivi in giugno

La proposta è stata presentata al Governo. Previste attività all’aperto e in piccoli gruppi

Centro Estivo Campo Estivo La Piemontesina 01Attività preferibilmente all’aperto, aerazione costante e sanificazione degli ambienti in caso di soggiorno al chiuso. Bambini organizzati in piccoli gruppi seguiti da sempre dallo stesso educatore (o più d’uno), accolti su più turni, con fasce orarie diversificate in modo da evitare assembramenti ed evitando contatti tra diversi gruppi. E ancora, triage all’ingresso, attenzione ai contatti, utilizzo da parte degli educatori dei dispositivi di protezione individuale, massima attenzione ai principi di igiene e pulizia, sanificazione dei giocattoli a fine giornata, e stop agli spettacoli di fine soggiorno.

Sono solo alcune delle prime proposte per immaginare la graduale riapertura dei Centri estivi in Emilia-Romagna, che la Regione ha elaborato grazie al confronto con amministratori locali, coordinamenti pedagogici territoriali, soggetti gestori, Terzo settore, esperti in campo educativo e sanità pubblica, ed altri contributi pervenuti.

Proposte che ieri mattina (28 aprile) la vicepresidente con delega al Welfare, Elly Schlein, ha presentato in videoconferenza alla ministra della Famiglia, Elena Bonetti, e a quella dell’Istruzione, Lucia Azzolina; e che saranno messe a disposizione della Conferenza delle Regioni e del Governo, per dare un contributo propositivo in vista delle valutazioni dell’Esecutivo sulla riapertura dei Centri estivi.

«Positivo il confronto avviato oggi dal Governo con le regioni, le province e i comuni, che proseguirà per studiare protocolli specifici. Abbiamo voluto in più occasioni evidenziare come alla strategia di graduale ripresa delle attività lavorative se ne debba accompagnare necessariamente un’altra sul sostegno alle famiglie nella gestione dei bambini e la graduale ripresa della loro socialità. Per due ragioni, da un lato la preoccupazione per le conseguenze di questa prolungata sospensione dei percorsi educativi e di socialità dei bambini, dall’altro le difficoltà delle famiglie che non possono essere lasciate sole ad affrontare la gestione dei bambini, anche perché non sarebbe accettabile alcun passo indietro sulla già difficile conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, in particolare delle donne – sottolinea la vicepresidente Schlein -. Per cercare di dare risposta alle esigenze, giuste e comprensibili delle famiglie, ci siamo messi al lavoro, con l’aiuto di tutti i soggetti interessati, della sanità regionale e di alcuni esperti del mondo educativo, per pensare a modalità alternative e innovative di gestione dei bambini nei Centri estivi che in ottica propositiva abbiamo sottoposto anche al Governo. Naturalmente nel pieno rispetto dei criteri di sicurezza e tutela della salute necessari sia per educatori che per i bambini e le loro famiglie, cercando soluzioni bilanciate. Un preciso dovere istituzionale- aggiunge la vicepresidente- al quale non abbiamo voluto sottrarci e che abbiamo voluto condividere con il Governo».

Mentre i Centri estivi potrebbero partire da giugno, non appena concluso il ciclo scolastico (con modalità a distanza), resta aperta la questione della sospensione dei servizi educativi per la prima infanzia (0-3 anni), caratterizzati da un contatto fisico costante, continuo, prezioso e del tutto inevitabile tra i bambini stessi e tra i bambini e gli educatori. L’auspicio della Regione «è che le proposte sui centri estivi consegnate al Governo possano stimolare anche sperimentazioni utili per quanto riguarda i servizi educativi per l’infanzia».

La biologa in Ohio tra lockdown e 1.200 dollari «a tutti coloro che pagano le tasse»

Il racconto della ravennate Veronica Balatti, ricercatrice a Columbus

Veronica Balatti, 42 anni, diplomata al liceo scientifico Oriani di Ravenna, laurea e dottorato in Italia è oggi una ricercatrice della Ohio State University a Columbus, una città di 900mila abitanti in un’area metropolitana di quasi 2milioni, e studia come si muovono alcune piccole molecole in rapporto allo sviluppo della leucemia.

La contattiamo via Skype per farci raccontare la crisi Covid-19 dall’altra parte dell’Oceano e la troviamo, naturalmente, a casa.

BalattiIn Italia l’università è stata una delle prima realtà a chiudere, è successo lo stesso anche in Ohio?
«Sì, sono tornata da una vacanza in Messico a fine febbraio e l’Università ha deciso di chiudere quando ancora non c’erano casi. Ci ha dato una settimana di tempo per prepararci, concludere gli esperimenti che era possibile concludere e ha permesso a chi non aveva altro modo di lavorare da casa di portare materialmente via i computer dai laboratori. Ma in generale devo dire che tutto lo stato dell’Ohio si è comportato molto bene».

Da qui abbiamo avuto la sensazione che gli Stati siano andati un po’ in ordine sparso mentre Trump tuonava contro l’Oms…
«È vero, c’è stata un po’ di confusione. Ora gli stati stanno seguendo le linee guida federali, ma con la possibilità di prendere anche provvedimenti diversi, perché gli Usa sono non solo vasti, ma molto diversi. Penso a posti come Utah e Idaho dove le case sono molto distanti e dove i contagi sono praticamente a zero o a situazioni come quella di New York…».

La situazione in Ohio appare abbastanza sotto controllo con 16.700 casi e 800 morti su una popolazione di oltre 11 milioni di abitanti.
«Sì, come dicevo si sono mossi bene a mio parere, chiudendo prima che altrove, nonostante il governatore sia repubblicano, come Trump, che invece secondo me ha aspettato davvero troppo prima di prendere iniziative serie al riguardo a livello federale. Per fortuna è stata assemblata una task force diretta da scienziati come Fauci che ha dato una direzione più seria alla gestione del problema. Ora si tratta di riaprire l’1 maggio, che è venerdì e vedremo. Mi pare di capire che si aspettino un aumento dei casi, ma che per allora contino di aver attrezzato ospedali e reparti pronti».

A proposito di attrezzature, qui si parla ancora e sempre di mascherine…
«Io so che è stato chiesto anche a noi di mettere a disposizione i materiali di protezione che usiamo normalmente in laboratorio per i sanitari che si occupano di Covid-19. Ma non c’è nessun obbligo di usarle».

Come è il lockdown a Columbus?
«Diverso da come mi sembra di capire sia in Italia per diversi fattori. Qui innanzitutto gli spazi sono maggiori anche nelle corsie dei supermercati e quindi di file non ne abbiamo mai fatte, solo pochi giorni fa alcuni punti vendita hanno annunciato di contingentare le entrate. A metà aprile sono stata a passeggiare in un parco, le persone erano sole o per gruppi familiari. Va detto che qui quando il governatore dice di fare una cosa le persone la fanno. Va anche detto che nel momento in cui hanno detto “state a casa” hanno anche chiuso bar e locali. L’americano medio, almeno qui nel mid-west, segue le direttive, forse per rispetto dell’autorità, forse per paura di spendere soldi per farsi curare, forse perché non c’é la stessa cultura del divertimento e della socializzazione che c’é in Italia, ma le lamentele ci sono eccome. Molti vogliono tornare a lavorare per rilanciare l’economia e temono la recessione».

Ci sono più controlli, sono previste autocertificazioni?
«Nulla di tutto questo, i controlli c’erano già prima, soprattutto nel quartiere in cui abito io, che è molto sicuro e dove non ho mai avuto timori. Va anche detto che qui la polizia incute un certo timore, in generale…»

Cosa succede a una persona malata di Covid negli Usa? Qui è ricorrente ripetere che a differenza di quello italiano il sistema sanitario americano non garantisce una tutela diffusa…
«È vero che si basa sul sistema delle assicurazioni, ma ci sono poi meccanismi che proteggono almeno in parte anche chi è più in difficoltà, spesso si ha un’idea un po’ troppo semplificata del sistema. In generale, si può dire, che è molto difficile avere un’assicurazione se non si lavora ed è per questo che in questa emergenza sono state automaticamente prolungate le assicurazioni per chi è rimasto disoccupato in queste settimane, per esempio tutte le persone che lavorano nella ristorazione. Però una degenza per Covid può costare una decina di migliaia di euro di dollari e molto di più se c’è bisogno di un apparecchio per la ventilazione. Io per esempio ho un’ottima assicurazione, grazie all’università, che copre l’80 percento delle spese, ma so che se dovessi ammalarmi avrei comunque un conto di qualche migliaia di dollari da pagare. Del resto, anche per questo mi è arrivato il cosiddetto “Stimuls check” da 1.200 dollari».

Ma lei non ha perso il lavoro, né ha subito riduzioni di compenso…
«Esatto ma è stato mandato a tutti coloro che negli Stati uniti guadagnano meno di 75mila dollari l’anno proprio da Trump che aveva detto di volerli firmare a uno a uno. Il punto è che qui il contesto è molto diverso e 75mila dollari non sono poi così tanti. Per esempio una persona della mia età che fa il mio lavoro a questo punto della sua vita sta ancora pagando i debiti contratti per frequentare l’università, senza contare quelli per la casa e l’auto. Anche per questo in laboratorio siamo tutti stranieri. Gli americani si iscrivono più volentieri a legge o medicina per poter guadagnare di più e ripagare un debito universitario che può arrivare anche a 200mila dollari… In generale qui l’economia è basata sul debito e quindi sanno bene che quei 1.200 dollari saranno immediatamente spesi da chi li riceve».

E lei non è nemmeno cittadina americana…
«No, potrò chiedere la cittadinanza tra tre anni. Ma ho la Green Card e, soprattutto, ciò che conta per loro: pago tutte le tasse negli Usa».

Rispetto al futuro, quanto e come pensa e spera che cambierà dopo il Covid-19?
«Credo che dovrà cambiare e molto per un paio di anni, spero davvero che si trovi in fretta un vaccino. Come ricercatrice spero proprio che questo faccia almeno riflettere sull’importanza della ricerca che non dà risultati immediati ma a cui ci rivolgiamo in un momento drammatico come questo. Quando penso ai compensi di certi calciatori…»

I voli tra Usa e Italia sono sospesi. La preoccupa questo? Quando pensava di tornare in italia?
«Sarei voluta tornare a settembre, ma credo proprio che prima del 2021, a questo punto non sarà possibile. Anche perché vorrei evitare quarantene in ingresso o in uscita».

Covid, sono oltre 33mila i lavoratori in cassa integrazione in provincia di Ravenna

I dati analizzati dalla Cgil, «seriamente preoccupata per le ripercussioni sociali, economiche e produttive»

Costantino Ricci
Il segretario della Cgil Costantino Ricci

Il virus inizia a rallentare nella sua diffusione sul territorio ravennate, ma non altrettanto si può dire per l’emergenza occupazionale. I dati, aggiornati al 24 aprile, dell’Ufficio studi e ricerche della Cgil di Ravenna mostrano che sono 33.345 le lavoratrici e i lavoratori soggetti ad ammortizzatori sociali nella provincia.

«La Cgil è seriamente preoccupata per le ripercussioni sociali, economiche e produttive che questa pandemia produrrà nell’immediato e nel medio e lungo termine – commenta Costantino Ricci, segretario generale della Cgil di Ravenna –. Oggi viviamo una fase decisiva della lotta al virus e siamo fermamente convinti che la ripartenza, per quanto necessaria, debba avvenire a determinate condizioni. Non si può vanificare tutto quello che è stato fatto fino ad ora; il ritorno nei luoghi di lavoro potrà avvenire solo se saremo in grado di assicurare ai lavoratori piene garanzie in termini di salute e sicurezza e il pieno rispetto delle disposizioni».

I dati sulla cassa integrazione
«I numeri ci parlano di 3.169 imprese coinvolte – commenta Davide Gentilini, responsabile dell’ufficio studi e ricerche – sono 1.595 quelle contrattualmente seguite dalla Filcams, la categoria che riunisce i lavoratori del terziario, del commercio, del turismo e dei servizi, pesantemente coinvolte sin dalla chiusura delle scuole prima e dei pubblici esercizi subito dopo. Aziende che sono state costrette a sospendere l’attività di 10.584 lavoratrici e lavoratori. Sempre ai primi provvedimenti governativi che hanno decretato la chiusura delle scuole risalgono la maggior parte delle sospensioni cui hanno provveduto le aziende dei trasporti (113 aziende per 2.066 addetti) e della cooperazione sociale (25 per 1.621 lavoratori), oltre ovviamente al personale delle scuole non pubbliche (51 per 454 dipendenti)».

L’inasprirsi delle misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 (a partire dal Dpcm 9 marzo 2020 #Iorestoacasa, al Dpcm 11 marzo 2020 che chiude le attività commerciali non di prima necessità, fino al Dpcm 22 marzo 2020 che prevede la chiusura delle attività produttive non essenziali o strategiche) provoca il blocco, totale o parziale, di larga parte del tessuto produttivo provinciale. Si fermano la metalmeccanica (593 imprese e 8.716 dipendenti in cassa integrazione), l’edilizia (312 imprese e 2.977 dipendenti) e la chimica/tessile (189 imprese e 4.197 dipendenti), ovvero la parte preponderante del manifatturiero provinciale, volano del motore economico locale.

Gli ammortizzatori sociali per territori
La scomposizione per aree territoriali dei lavoratori sottoposti ad ammortizzatore mette in evidenza quali siano le “vocazioni” produttive della provincia. Se nei comuni dell’Unione della Romagna Faentina il 33% dei dipendenti sospesi fa parte del comparto metalmeccanico, in Bassa Romagna questa percentuale (pur maggioritaria, 28%) è avvicinata dal settore della gomma-plastica e del tessile-calzaturiero che arriva al 26%. Un cenno particolare merita il comune di Cervia, nel quale il 68% dei lavoratori sospesi dal lavoro sono legati al mondo del turismo, ma dove anche una buona parte delle imprese degli altri settori sono più o meno direttamente coinvolte nella filiera.

«È nostro dovere – conclude Costantino Ricci – garantire la salute e sicurezza per chi è e per chi tornerà nei luoghi di lavoro e la copertura degli ammortizzatori per chi non potrà farlo nell’immediato. Garantire la salute dei nostri lavoratori significa anche tutelare la nostra comunità. Invito infine ad avviare una riflessione nazionale, da declinare poi a livello locale, su come riprogettare le aperture dell’anno scolastico e dei servizi dell’infanzia 0-6 anni, che sono fattori determinanti non solo per il futuro delle nuove generazioni, ma anche per la qualità del sistema economico emiliano-romagnolo, fortemente interdipendente con un sistema di servizi alla persona che permetta alle famiglie di svolgere il proprio percorso lavorativo. Solo con un’attenta progettazione sapremo infatti garantire, nel mondo del lavoro, l’importante presenza femminile che è determinante per la qualità del nostro sistema economico».

 

Denuncia una rapina in strada, le indagini cercano un gruppo di tre giovani

Episodio in piazza d’Armi, coinvolti sei giovani: il bottino un telefonino e un portafoglio

20200428 171902La polizia locale di Ravenna sta indagando sulla denuncia di una rapina presentata da un giovane nel pomeriggio di ieri, 28 aprile. Secondo i fatti raccontati tutto si sarebbe svolto in strada in piazza d’Armi: un gruppo di tre giovani sarebbe stato avvicinato da altri tre e uno di questi ultimi avrebbe estratto una pistola (da capire se vera o falsa) per farsi consegnare portafoglio e cellulare da uno dei tre aggrediti. Dopo aver ottenuto il bottino i tre presunti aggressori si sono allontanati.

Coronavirus, è morta un’operatrice socio sanitaria dell’ospedale di Faenza

Donatella Brandi, 64 anni, abitava a Fognano. Era ricoverata dal 27 marzo

Ospedale Umberto Lugo
L’ospedale di Lugo

C’è una nuova vittima nell’ambito dell’emergenza coronavirus in provincia di Ravenna. Nonostante il bollettino di ieri (28 aprile) della Regione non ne facesse menzione, nella mattinata è morta a 64 anni un’operatrice socio sanitaria che lavorava nel reparto di Chirurgia dell’ospedale di Faenza. Si tratta di Donatella Brandi.

La notizia è riportata dal Carlino Ravenna in edicola oggi, tramite un’intervista al figlio, Enrico Maria Lucci, che racconta la straziante vicenda della madre iniziata il 21 marzo, quando risultò però negativa al tampone. Il giorno dopo però aveva 38,5 di febbre, racconta il figlio, e nella notte tra giovedì 26 e venerdì 27 si è reso necessario il ricovero in ospedale a Faenza e poi a Lugo nel reparto Covid, dove è morta nella mattinata di ieri.

«I medici e il personale di Lugo sono stati fantastici, hanno fatto di tutto per salvarla», dice nell’intervista il figlio, che ha potuto vederla in queste settimane solo tramite videochiamata.

Via libera ai cantieri negli stabilimenti balneari e nelle strutture ricettive

Nuova ordinanza della Regione che consente anche le “attività propedeutiche” alla riapertura dei cantieri navali

Spiagge Di CerviaDa oggi, 29 aprile, in Emilia-Romagna sarà possibile spostarsi per fare manutenzione alle imbarcazioni e ai velivoli di proprietà. Lo si potrà però fare nell’ambito della stessa provincia, individualmente e rientrando in giornata alla propria abituale abitazione.

Inoltre, nel settore edilizio sono consentite alle imprese le attività propedeutiche alla riapertura dei cantieri negli stabilimenti balneari, sia su demanio pubblico che su proprietà private, nelle strutture ricettive, negli impianti termali, nei parchi tematici e all’interno dei pubblici esercizi e degli esercizi commerciali. Questo nel pieno rispetto di quanto stabilito dal protocollo di sicurezza nei cantieri sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali.

È quanto stabilisce una nuova ordinanza firmata dal presidente della Regione, Stefano Bonaccini, le cui disposizioni si applicano a tutto il territorio regionale, compresa la provincia di Piacenza.

In particolare, le imbarcazioni potranno essere portate ai cantieri navali “per avviare le attività propedeutiche alla riapertura dei cantieri stessi”.

Coronavirus, in provincia di Ravenna otto nuovi contagiati nelle ultime 24 ore

 

In Emilia-Romagna, dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus, si sono registrati 24.914 casi di positività, 252 in più rispetto a ieri. Le nuove guarigioni sono 433 (9.439 in totale) mentre i test effettuati hanno raggiunto quota 172.589, 7.610 in un solo giorno.

In netto calo i casi attivi, e cioè il numero di malati effettivi a oggi: -222 rispetto a ieri (12.003 contro 12.225).

Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi (28 aprile) sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Le persone in isolamento a casa, cioè quelle con sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi, arrivano complessivamente a 8.384, -114 rispetto a ieri. I pazienti in terapia intensiva sono 228 (-19 rispetto a ieri). Diminuiscono anche quelli ricoverati negli altri reparti Covid (-66).

Le persone complessivamente guarite salgono a 9.439 (+433): 2.687 “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione, e 6.752 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.

Purtroppo, si registrano 41 nuovi decessi: 17 uomini e 24 donne. Complessivamente, in Emilia-Romagna sono arrivati a 3.472.
I nuovi decessi riguardano 10 residenti nella provincia di Piacenza, 3 in quella di Parma, 10 in quella di Reggio Emilia, 3 in quella di Modena, 8 in quella di Bologna (nessuno nell’imolese), 2 nella provincia di Forlì-Cesena (due decessi nel forlivese), 5 nel riminese. Nessun nuovo decesso nelle provincie di Ferrara, Ravenna e da fuori regione.

Questi i casi di positività sul territorio, che invece si riferiscono non alla provincia di residenza ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 3.918 a Piacenza (92 in più rispetto a ieri), 3.122 a Parma (10 in più), 4.593 a Reggio Emilia (8 in più), 3.609 a Modena (31 in più), 3.897 a Bologna (70 in più), 366 le positività registrate a Imola (2 in più), 909 a Ferrara (4 in più). In Romagna sono complessivamente 4500 (35 in più), di cui 978 a Ravenna (8 in più), 877 a Forlì (nessun caso in più rispetto a ieri), 672 a Cesena (7 in più), 1.973 a Rimini (20 in più).

«Le spiagge e gli eventi sono luoghi del cuore: saremo come un servizio pubblico»

Abbiamo chiesto una riflessione sulla stagione balneare in epoca coronavirus a Chris Angiolini, noto imprenditore ravennate, fondatore di Bronson Produzioni nel 2004, in grado di portare Ravenna sulla mappa internazionale della musica rock con l’omonimo club e lo stabilimento balneare Hana-Bi a Marina di Ravenna. Ci ha scritto lo scorso 6 aprile, ma il suo intervento (come ci conferma lui stesso) è ancora attuale, non essendoci state novità per il settore in queste settimane.

Chris AngioliniEra il 24 febbraio quando uscì l’ordinanza che poneva fine agli eventi di pubblico spettacolo in Italia. Nonostante apparisse come un’interruzione temporanea, la reazione fu di immediata preoccupazione perché, a dispetto di quello che è il pensiero comune, in realtà tutto il nostro sistema si regge su basi fragilissime. Sono bastati pochi giorni per capire che il peggio doveva ancora arrivare e in un rapido susseguirsi di misure precauzionali sempre più stringenti ci siamo ritrovati in lockdown con tutte le attività chiuse. mentre fuori la pandemia iniziava una vera e propria strage e i bollettini giornalieri potevano essere equiparati a quelli di guerra mettendo a dura prova il nostro sistema sanitario, dentro a tutte le nostre attività legate ai settori commercio-turismo-spettacolo e cultura iniziava una lotta silenziosa per la sopravvivenza. Silenziosa, perché è chiaro come le priorità fossero – e siano tuttora – altre. il bene comune.

Oggi (Angiolini ci scrive, appunto, il 6 aprile, ndr) sono passati 40 giorni da quel 24 feb- braio e la situazione sembra in lento miglioramento e parzial- mente sotto controllo, e solo ieri avremmo dovuto aprire l’Hana Bi, il nostro fazzoletto di spiaggia tra le dune.

Fuori c’è il sole e puoi percepire lo sconforto strisciante nel dovere rimanere a casa. Lo capisci dai social, dai messaggi che ti arrivano. La gente sogna, e i sogni aiutano a rimanere aggrappati alla speranza. In queste settimane mentre fuori la battaglia era durissima, altre malattie si sono insinuate strisciando nelle nostre vite, quelle legate alle preoccupazioni per i nostri lavori e per le nostre attività, accompagnate da quelle sociali che hanno cavalcato indisturbate nel nostro subconscio in questo periodo di reclusione. Nominiamole pure: ansia e depressione.

In questo caso il rimedio potrebbe essere a portata di mano, perché l’unica cura possibile per le nostre aziende è quella di poter ripartire prima possibile, e l’unica cura per quei mali invisibili che affliggono la nostra società e che hanno trovato terreno fertile in questa fase è quella di tornare a vedersi, di condividere le emozioni di cui ci siamo accorti di non poter fare a meno. In fondo cosa sono le nostre spiagge, i nostri eventi, la nostra musica se non luoghi del cuore? È arrivato il momento di ammetterlo. Ma è anche arrivato il momento di mettere da parte lo slancio emozionale e guardare negli occhi la dura realtà. Servirà tempo. e nessuno può sapere quanto. Possiamo solo sperare che sia breve, ma con le speranze andiamo poco lontano.
Improvvisamente ci siamo accorti quanto siano fondamentali le piccole e medie imprese che trascinano il comparto turistico su cui si poggia una bella fetta del nostro Pil comunale, regionale, nazionale. Fa piacere visto che anno dopo anno non si è fatto altro che sommergerci di sempre nuove gabelle burocratiche. fa piacere all’improvviso sapere di essere indispensabili per l’economia, oltre che un antidoto per le malattie sociali. Fa molto meno piacere non avere ancora visto in campo un solido piano di salvataggio per le imprese, al momento sento solo parlare di prestiti agevolati e rateizzazioni di questo e di quello. Questa è la soluzione per passare da una morte fulminea a una lenta agonia. purtroppo c’è bisogno di molto di più, deve entrare liquidità a fondo perduto, e tutta una serie di costi e tassazioni per l’anno 2020 dovranno essere agevolate.

Lo abbiamo capito che ci vorrà tempo, abbiamo capito che dovremo operare in un regime precauzionale, ma forse non tutti stanno tenendo conto del fatto che a queste condizioni potrebbe essere più costoso rimanere aperti che rimanere chiusi. Mi dispiace non leggere chiaramente a cosa stiamo andando incontro. quest’estate il nostro potrebbe essere equiparato ad una forma di servizio pubblico per il nostro sistema turistico, ma nessuno pensi che ciò significhi realmente fare impresa. È proprio per questo che serve un piano di salvataggio coerente con le restrizioni a cui dovremo attenerci, perché noi riapriremo le nostre aziende, contribuiremo a rimettere in moto la macchina, ma abbiamo bisogno di benzina. Serve un patto solido di sopravvivenza tra Imprese e Stato.

Se così non fosse, lo scenario distopico che ci aspetta è piuttosto facile da prevedere: i piccoli imprenditori saranno soffocati dalle rateizzazioni e a quel punto entreranno in gioco le Multinazionali, le Grandi Catene, che faranno un sol boccone a prezzi stracciati di un sistema turistico al collasso.

Chris Angiolini

Coronavirus, dal Comune oltre 420mila euro per nidi privati e scuole Fism

Così le famiglie non dovranno pagare le rette (che saranno anche eventualmente restituite) e i lavoratori potranno usufruire degli ammortizzatori sociali

Asili Fism, aumentati i contributiOltre 420mila euro (importo massimo, nel caso l’anno scolastico, come presumibile, non ricominci) dal Comune di Ravenna per sostenere nidi privati, convenzionati e non, e Fism (la federazione delle scuole cattoliche o comunque di ispirazione cristiana). E fare così in modo che anche le famiglie con bambini (da 0-6 anni) iscritti a questi servizi non debbano pagare la retta (da marzo a giugno compresi), così come già stabilito a inizio emergenza per le scuole e gli asili comunali. Chi avesse già pagato quella di marzo, verrà rimborsato.

Il Comune giustifica la decisione, ricordando il funzionamento del sistema integrato di servizi per bambini da 0 a 6 anni che «si basa su un’offerta pubblica e privata che garantisce percentuali di copertura rispetto alla popolazione in età, non raggiungibili con la sola offerta comunale di servizi».

In particolare, il Comune ricorda come il sistema dei servizi per bambini da 0 a 3 anni sia articolato in servizi comunali a gestione diretta ed esternalizzata (che rappresentano il 60 percento circa dell’offerta) nonché in servizi privati con posti convenzionati con l’Amministrazione comunale (oltre a servizi privati “a libero mercato”). Il sistema dei servizi scolastici per bambini da 3 a 6 anni è invece articolato in scuole dell’infanzia comunali e statali (che insieme rappresentano il 71 percento circa dell’offerta) e scuole dell’infanzia private paritarie aderenti alla Federazione Italiana Scuole Materne (Fism).

«Il nostro primo pensiero – dichiara il sindaco Michele de Pascale – è stato fare in modo che tutte le famiglie dei bambini e delle bambine che frequentano i servizi di tutti i tipi potessero godere delle medesime condizioni, non pagando per ciò di cui non hanno potuto usufruire e senza la preoccupazione di dover rinunciare al posto».

«Per le mensilità di completa chiusura – dichiara Ouidad Bakkali assessora alla Pubblica istruzione e infanzia – l’Amministrazione sosterrà i servizi educativi/scolastici in modo da assicurare una ripresa immediata dell’attività educativa, appena l’emergenza Covid-19 lo consentirà. La proposta elaborata parte dal presupposto che i gestori, aderendo all’accordo, non percepiranno alcuna retta dalle famiglie per tutti i mesi di chiusura del servizio (marzo, aprile, maggio e giugno), nell’ipotesi che i servizi educativi e scolastici non riprendano a funzionare fino alla fine dell’anno scolastico. Gli stessi gestori s’impegneranno a restituire somme eventualmente già riscosse per il mese di marzo, secondo un rapporto diretto con le famiglie e a chiedere l’applicazione degli ammortizzatori sociali per i lavoratori e le lavoratrici per tutte le mensilità possibili».

Le famiglie coinvolte sono 1.139 e i servizi 29: 10 servizi educativi privati già convenzionati per posti bimbo (Domus Bimbi, Stefano Biondi, I Pargoli, Bianca e Bernie, Il Mondo di Heidi Alfa, Il Paese delle Meraviglie, Il Tamburino, Il Treno dei bimbi, La Mongolfiera, Il Canguro), 4 servizi educativi privati (Mary Poppins, Piccoli Tesori, Tante Lune- Sperimentale per la fascia 0-3, Crescere Insieme), 15 servizi educativi e scolastici Fism (Eugenio Foschi, Divina Provvidenza, Madonna della Fiducia, Maria Immacolata, Mons. Giulio Morelli, Paolo e Vittoria Ghezzo, L’Arca di Noè, Madre Teresa di Calcutta, S.Giuseppe Cottolengo, S.Maria in Ferculis, San Francesco di Sales, San Sisto II, San Vincenzo de Paoli, Istituto Tavelli, Mamma Margherita).

Le misure previste dagli accordi sono differenziate per tipologie di servizi e variano da 60/80 euro a bambino per servizi aderenti alla Federazione italiana Scuole Materne e da 140 a 170 euro a bambino per ciascun mese nei nidi privati, tenendo come limite i costi fissi incomprimibili dichiarati dai gestori.

L’applicazione delle nuove misure determina un costo mensile stimato per il Comune pari a 106.069,99 euro, che determina, nella previsione di non riapertura dei servizi per l’intero anno scolastico, un costo complessivo massimo pari a 424.279,96 euro, di cui 183.130,44 per nidi convenzionati quale corrispettivo ad integrazione prezzi, 37.229,52 per i servizi educativi privati come contributo e 203.920,00 per i servizi educativi scolastici aderenti alla Fism. «Tali somme – spiegano dal Comune – trovano copertura nel bilancio di previsione 2020 destinando le somme che erano previste per le convenzioni ordinarie già in essere, sia impiegando le risorse regionali residue del progetto “Al nido con la Regione” finalizzato all’abbattimento delle rette/tariffe di frequenza ai servizi educativi per la prima infanzia e infine utilizzando i fondi residui derivanti dal Decreto legislativo 65/2017 che finanzia il sistema integrato 0-6».

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