lunedì
25 Agosto 2025

Caso Terremerse: assolta la cooperativa

La vicenda riguardava un finanziamento di un milione di euro da parte della Regione. Attesa in giugno la sentenza per Vasco Errani

Non ci sono responsabilità amministrative della cooperativa agricola Terremerse di Bagnacavallo e della Cantina dei Colli Romagnoli nella vicenda del finanziamento da un milione di euro concesso dalla Regione Emilia-Romagna per la realizzazione di uno stabilimento vinicolo a Imola. Lo ha deciso il tribunale di Bologna – citiamo qui un’agenzia dell’Ansa – nel processo per la responsabilità amministrativa degli enti, nella persona dei legali rappresentanti, in relazione alla presunta truffa che portò anche al processo dei vertici di Terremerse: tra questi, Giovanni Errani, fratello dell’ex governatore dell’Emilia-Romagna.

Vasco Errani, per una condanna in appello in un altro filone, diede le dimissioni da presidente della Regione, l’8 luglio 2014. Dopo l’annullamento con rinvio della Cassazione, per lui è fissato un nuovo giudizio di secondo grado, a giugno. Il processo alle società – Cantina Colli Romagnoli, assistita dall’avvocato Lorenzo Valgimigli, e Terremerse, avvocato Gaetano Forte e Filippo Sgubbi – era uno stralcio di quello a Giovanni Errani e altri dirigenti.

Qui sotto tra gli allegati i comunicati stampa di Terremerse e di Legacoop Romagna che sottolineano – oltre che «il fatto non sussiste», secondo il tribunale – i tempi troppo lunghi del processo.

Pronti per staccare la cassaforte del supermarket ma passa la pattuglia

I carabinieri trovano un’auto rubata in moto a fari spenti in piena notte davanti all’ingresso: si avvicinano e fuggono tre uomini a piedi

In sosta davanti all’ingresso di un supermercato con il motore acceso e i fari spenti alle 2 di notte: quella Fiat Marea nei pressi della Coop Reno in via Gramsci a Bagnara di Romagna ha attirato facilmente l’attenzione di una pattuglia di carabinieri in perlustrazione nella notte tra lunedì e martedì e quando i militari si sono avvicinati tre uomini vestiti di scuro sono fuggiti a piedi lasciado la vettura. Che poi si è scoperto essere pronta per un colpo: i tre avevano manomesso la porta d’ingresso ed erano riusciti ad introdursi nell’esercizio commerciale per agganciare la cassaforte con alcune funi al gancio di traino dell’auto.

I malviventi si sono dileguati nelle campagne, i carabinieri per alcune ore hanno continuato le ricerche nella zona di Bagnara con altri equipaggi dell’Arma. Gli accertamenti successivi sulla Marea hanno consentito di appurare che era stata rubata poche ore prima a Castel Bolognese. Sul posto sono intervenuti anche gli uomini del nucleo operativo della compagnia di Faenza, specializzati nei rilievi tecnici, che hanno cercato sia all’interno del supermercato che sull’auto eventuali tracce lasciate dalla banda.

Greenpeace sale sulla Agostino B Striscioni anti trivelle sulla piattaforma

Gli attivisti della Ong ambientalista in azione al largo di Marina
«È una delle più inquinanti tra quelle di cui abbiamo avuto i dati»

Un gruppo di attivisti di Greenpeace stamani, 30 marzo, ha abbordato la piattaforma Agostino B, al largo di Marina di Ravenna, per manifestare la propria posizione in vista del referendum cosiddetto No Triv del prossimo 17: sulla piattaforma sono stati affissi 250 metri quadrati di striscioni dove si legge “Stop trivelle” e “17 aprile vota Sì”. E nel frattempo l’Ong ambientalista annuncia anche di aver presentato in trenta procure della Repubblica un esposto contro le «trivelle fuorilegge»: «Nel nostro ultimo rapporto abbiamo reso pubblici per la prima volta i piani di monitoraggio di 34 impianti di proprietà di Eni, svelando che in tre casi su quattro questi impianti non operano nel rispetto degli standard di qualità ambientale stabiliti dal ministero dell’Ambiente». La Agostino B, dice Greenpeace, sarebbe tra quelle più inquinanti.

Facendo istanza pubblica di accesso agli atti, gli attivisti avevano infatti dal ministero dell’Ambiente i piani di monitoraggio di 34 piattaforme ma secondo il censimento del Mise stesso gli impianti operanti nei mari italiani sono 135: «Cosa ne è delle oltre 100 piattaforme e strutture assimilabili mancanti?».

Greenpeace sostiene che dall’analisi dei dati emerge che nell’area marina intorno alle piattaforme sono presenti inquinanti in concentrazioni che spesso eccedono i valori limiti previsti dalle norme. E citano il caso Agostino B: «In funzione da 45 anni, oggi produce circa un quindicesimo di quanto produceva nel 1980, eppure le concentrazioni di metalli pesanti e idrocarburi policiclici aromatici registrate nei sedimenti che la circondato hanno superato i valori degli Standard di Qualità Ambientale (identificati dal DM 56/2009) per ben 11 inquinanti nel 2011 e per 12 inquinanti sia nel 2012 che nel 2013».

Interrogava la compagna sui presunti tradimenti con il coltello alla gola

La donna ha subìto per mesi poi è andata dai carabinieri. Che hanno
arrestato il fidanzato 35enne mentre la speronava in strada 

Così geloso e convinto che lei lo tradisse da arrivare a svegliarla di soprassalto nel cuore della notte per accusarla di tradimenti inesistenti. Oppure la interrogava mettendole un coltello alla gola e la frustrazione per le ricerche dell’infedeltà senza esito sfociava in violenze fisiche e psicologiche: i carabinieri della compagnia di Faenza la vigilia di Pasqua hanno arrestato un 35enne faentino ritenuto responsabile di una serie di gravi maltrattamenti nei confronti della compagna che per mesi ha sofferto in silenzio senza mai rivolgersi alle forze dell’ordine fino a quando non ha potuto più sopportare oltre e si è rivolta ai militari.

Il compagno negli ultimi tempi era arrivato al punto di sequestrare il telefonino e le chiavi di casa della donna al suo rientro dal lavoro, oltre che a sottoporla a lunghi interrogatori anche sotto la minaccia di una cinta di accappatoio stretta intorno al collo, esplicite minacce di morte («Se non mi dici la verità ti uccido») accompagnate da pugni e schiaffi ma anche da morsi e colpi violenti inferti con qualsiasi oggetto a disposizione comprese bottiglie, libri, addirittura con un appendiabiti di legno. Quando però i carabinieri hanno visto i lividi e gli arrossamenti che la donna aveva sul corpo, non hanno esitato a far intervenire in caserma un’ambulanza che l’ha trasportata in ospedale per accertamenti: i medici hanno diagnosticato alla donna numerose ecchimosi, alcune molto recenti, presenti sulle braccia e sulle gambe nonché alcuni graffi sulla schiena, stabilendo una prognosi di sette giorni. Ai medici ha raccontato che quei segni erano dovuti ai colpi ricevuti insistentemente dal compagno.

All’uscita dall’ospedale i carabinieri hanno scortato l’auto dei familiari che la stavano accompagnando a un posto sicuro e proprio in quel frangente è spuntato il compagno: evidentemente si era nascosto nei paraggi e alla guida della propria auto ha tentato in tutti i modi di speronare quella della convivente per costringerla a fermarsi, nonostante la presenza dei carabinieri. A quel punto i militari lo hanno arrestato per maltrattamenti in famiglia e violenza privata inoltre gli hanno contestato anche il reato di lesioni personali ed è stato portato in carcere.

Assorbiti gli idrocarburi nel Bevano? Il sindaco: «Chiederemo i danni»  

Matteucci assicura: «Tuteleremo gli interessi pubblici»

Le cosiddette panne assorbenti lungo il torrente Bevano hanno svolto «un’importante funziona di assorbimento degli idrocarburi». Lo rivela il sindaco Fabrizio Matteucci, confermando che è stato individuato il sito e bloccato lo sversamento (vedi articoli correlati).

«Completate le analisi delle acque, revocherò l’ordinanza di divieto della balneazione», continua Matteucci, che poi aggiunge: «Insieme ai Sindaci di Forlì e Forlimpopoli, e in raccordo con le autorità competenti, tuteleremo gli interessi pubblici in relazione ai danni provocati e ai costi sostenuti per limitare gli effetti negativi dello sversamento».

Assorbiti gli idrocarburi nel Bevano? Il sindaco: «Chiederemo i danni»  

Matteucci assicura: «Tuteleremo gli interessi pubblici»

Le cosiddette panne assorbenti lungo il torrente Bevano hanno svolto «un’importante funziona di assorbimento degli idrocarburi». Lo rivela il sindaco Fabrizio Matteucci, confermando che è stato individuato il sito e bloccato lo sversamento (vedi articoli correlati).

«Completate le analisi delle acque, revocherò l’ordinanza di divieto della balneazione», continua Matteucci, che poi aggiunge: «Insieme ai Sindaci di Forlì e Forlimpopoli, e in raccordo con le autorità competenti, tuteleremo gli interessi pubblici in relazione ai danni provocati e ai costi sostenuti per limitare gli effetti negativi dello sversamento».

Coltello da cucina e parrucchino Caccia al rapinatore impacciato

In banca chiede i soldi e quando il cassiere gli dice che non può darne tenta di scavalcare il bancone ma frantuma il vetro divisorio e scappa

Ha mostrato un coltello da cucina con la lama in ceramica chiedendo i soldi al cassiere e quando si è sentito rispondere che il sistema di sicurezza della banca non permette di consegnare denaro senza operazioni allo sportello è andato in confusione: ha cominciato a muoversi impacciato nella piccola filiale dell’Unicredit in via Rotonda dei Goti a Ravenna, ha cercato di scavalcare il bancone fallendo nel primo tentativo e poi frantumando il vetro divisorio nel secondo. A quel punto si è dileguato. Fallimentare tentativo di rapina stamani per un uomo sulla 50ina che si è presentato a volto scoperto con occhiali da vista e indossando probabilmente un parrucchino. Sul posto ha lasciato il fodero del coltello. Le indagini sono affidate ai carabinieri che ora stanno lavorando per identificare l’uomo.

E i cappelletti finiscono nel cono da passeggio Arriva il primo festival in centro a Ravenna

Altra novità, all’insegna della gastronomia, in centro a Ravenna. Dal 13 al 15 maggio in piazza del Popolo si svolgerà infatti il primo
Festival del cappelletto. Si tratta di un evento interamente dedicato a questa specialità di pasta fresca romagnola considerata uno dei brand più importanti della tradizione gastronomica locale.

I cappelletti al ragù saranno preparati e venduti da ristoratori locali, coinvolti dalle associazioni di categoria Confesercenti e Confcommercio, con modalità street food, cioè mezze porzioni in una sorta di cono da passeggio.

Maggiori informazioni nei prossimi giorni.

A caccia di gas sul fondo del mare Offshore, tra storia e futuro incerto

Il 17 aprile il referendum No Triv: a Ravenna interessa 32 piattaforme
Nel 1960 il primo giacimento in mare, oggi migliaia di occupati

A 1.849 metri di profondità la trivella si ferma. C’è il giacimento di gas. È l’ottobre del 1960 e dopo due buchi nell’acqua, nonostante fossero scesi a 3.237 metri e 2.062, il terzo pozzo perforato in quattro mesi è quello buono: comincia la storia dell’offshore di Ravenna. A distanza di 56 anni i pozzi attualmente in produzione nel fondale delle acque ravennati sono un centinaio (molti di più quelli trivellati in mezzo secolo ma già giunti a esaurimento), collegati alle due centrali di raccolta a terra a Casalborsetti e Lido Adriano tramite 42 piattaforme di produzione (dato fornito da Eni che è l’unico operatore presente nelle acque antistanti la provincia di Ravenna) che punteggiano quella linea dove l’azzurro del cielo tocca l’azzurro del mare nel tratto di litorale cervese e ravennate. Una trentina di quei giganti d’acciaio ha il destino appeso all’esito del referendum del 17 aprile.

Fu la burocrazia a permettere di scoprire il giacimento nell’Adriatico ravennate. I primi due pozzi, come detto, si erano rivelati improduttivi così si era deciso di spostare in Egitto l’impianto di perforazione (costituito da una torre su una piattaforma mobile e una nave appoggio per ospitare i lavoratori con motori, pompe e deposito di materiale). In attesa di completare le pratiche doganali, per evitare il fermo macchina come racconta il sito web dell’associazione pionieri e veterani Eni, cominciò un terzo tentativo…

Una volta trovato il giacimento si moltiplicarono le trivellazioni fino a quando fu necessario installare le piattaforme di produzione sulla testa dei pozzi. La prima fu costruita in officina in una notte e installata in cinque ore di lavoro al largo: misurava cinque metri per cinque (oggi le strutture più grandi di fronte a Ravenna hanno dimensioni 56×25 o 30×165 con altezze sul livello del mare che possono raggiungere gli 80 metri e installate su fondali profondi una trentina, potendo ospitare di solito fino a 30-40 lavoratori in turni di due settimane). Nel 1964 cominciava l’erogazione di gas dal primo giacimento marino scoperto nell’Adriatico.

Se si parla di piattaforme offshore occore subito una necessaria distinzione: quelle entro le 12 miglia nautiche (circa 22 km) dalla costa e quelle oltre. Ricordando che in linea d’aria la Croazia dista da Ravenna poco meno di cento miglia (180 km). La distinzione sulla linea delle 12 miglia è necessaria perché sono le concessioni di estrazioni interne a poter risentire delle conseguenze del referendum abrogativo. Ma sui numeri di quante siano a dover fare i conti con l’eventuale raggiungimento del quorum e della vittoria del sì, è scoppiata una vera e propria guerra in queste settimane di campagna referendaria con gli schieramenti a fornire ognuno la propria lettura. Una elaborazione di Legambiente su dati aggiornati a dicembre 2015 dice che le piattaforme in Italia entro le 12 miglia sono 79 (collegate a circa 450 pozzi) di cui 47 in Emilia Romagna e di cui 32 su una superficie di 770 km quadrati di fronte alle coste ravennati. Il ministero dello Sviluppo economico dice che in totale entro le 12 miglia sono 89 (collegate a 469 pozzi) su un totale di 131 nell’offshore italiano (collegate a 726 pozzi).

L’ipotesi della Cgil è che in caso di vittoria del sì al referendum possano chiudere 15 piattaforme ravennati entro il 2018: si tratta degli impianti inclusi in tre concessioni scadute a fine 2015 per cui è già stata richiesta la proroga ma il pronunciamento del ministero è sospeso in attesa della consultazione popolare. Le restanti 17 piattaforme ravennati fanno parte di concessioni che raggiungerano la scadenza tra il 2024 e 2027. Ci sono poi le dieci piattaforme oltre le dodici miglia che non sono coinvolte dal referendum e continueranno la loro operatività a prescindere da cosa accadrà a metà aprile. A livello nazionale, dice il Mise, entro le 12 miglia ci sono 44 piattaforme di concessioni che scadono da qui al 2034 (di cui 30 nel 2020).

Secondo Legambiente la produzione italiana entro le 12 miglia nel 2015 è stata di 542mila tonnellate di petrolio e 1,84 miliardi di mc di gas, il ministero dice 1,5 Miliardi di mc di gas e di circa mezzo milione di tonnellate di olio che corrisponderebbero al 43 percento della produzione offshore di gas e al 72 percento della produzione di olio offshore. A Ravenna si estrae solo gas: secondo i dati dell’associazione ambientalista l’anno scorso dal sottosuolo marino ravennate in acque territoriali sarebbero arrivati circa 670 milioni di mc, un terzo della produzione nazionale offshore. Ma Legambiente si spinge a conteggiare anche i consumi italiani: per il gas nel 2014 sono stati di 50,7 milioni di tep (milioni di tonnellate) corrispondenti a 62 miliardi di mc. Alla luce di questo vorrebbe dire che la fascia costiera di 12 miglia a Ravenna ha contribuito al fabbisogno nazionale per l’uno percento.

Tutte le piattaforme ravennati oggi sono di proprietà di Eni che ha ereditato da Agip e Saipem le conoscenze e le competenze che muovono il distretto energetico imperniato sul quartier generale della multinazionale in via del Marchesato a Marina. Gli ultimi dati forniti da Filctem-Cgil parlano di 550 dipendenti diretti Eni e circa quattrocento aziende collegate per un indotto di alcune migliaia di posti di lavoro. Un mese fa l’assessorato regionale alle Attività produttive, citando dati del Roca (l’associazione ravennate dei contrattisti offshore), sosteneva che nel 2014 il distretto ravennate potesse contare settemila addetti e un fatturato di circa 2,35 miliardi di euro stimando per il 2016 una contrazione degli occupati del 27 percento e una perdita di fatturato del 44 percento. Proprio il presidente del Roca, la settimana scorsa, si è espresso con toni preoccupati sostenendo che il settore a Ravenna ha già perso oltre novecento occupati e ne perderà entro l’anno altri 2.700, su un totale di circa settemila. Lo scorso ottobre Confindustria Ravenna parlava di 40 aziende dirette per circa tremila dipendenti e 80 nell’indotto per ottomila dipendenti indiretti che in totale generano oltre tre miliardi di business. A novembre il vicesindaco Giannantonio Mingozzi, con delega al Porto, parlava di un settore vicino alle diecimila unità tra addetti diretti e indiretti per poi aggiustare il tiro a gennaio paventando il rischio di perdere 1.600 occupati su cinquemila in tre mesi e il resto entro un anno. Alla vigilia di Pasqua, Mingozzi ha diffuso i dati di un rilevamento commissionato dalla Regione a Unioncamere per una stima più dettagliata del settore: in regione 976 imprese offshore che occupano 9.010 addetti, di questi rispettivamente il 13 percento e il 30 percento si concentrano su Ravenna cioè circa centro aziende e tremila addetti.

Ma per capire davvero la situazione del settore occorre riocordare un ultimo dato: l’11 luglio 2008 la quotazione del petrolio toccò il massimo storico di 147,25 dollari al barile mentre le quotazioni del Brent di gennaio lo vedono precipitato a 28. In questo scenario le estrazioni di idrocarburi non sono più così convenienti e sono le compagnie petrolifere a bloccare gli investimenti a livello mondiale, dove l’incidenza delle 79 piattaforme nelle 12 miglia italiane è irrisoria.

Delta del Po riserva Unesco: ci provano anche i Comuni ravennati

Proseguono gli incontri del processo partecipativo

Proseguono a Ravenna gli incontri legati al processo partecipativo recentemente avviato per candidare parte del territorio dei Comuni di Alfonsine, Argenta, Cervia e Ravenna a diventare Riserva della Biosfera Mab Unesco.

Dopo l’incontro generale di avvio della candidatura, svoltosi in municipio a Ravenna, e i due incontri territoriali nell’area nord del Comune (al Palazzone di Sant’Alberto) e nell’area sud (alla Bevanella di Lido di Classe), mercoledì 30 marzo alle 17 si torna in residenza municipale a Ravenna: qui è infatti in programma un novo incontro espressamente dedicato alle associazioni di categoria. Saranno presenti l’assessore all’Ambiente del Comune di Ravenna, Guido Guerrieri, e Maria Pia Pagliarusco, direttore dell’Ente di Gestione Per i Parchi e la Biodiversità Delta del Po.

Il programma Unesco Man and Biosphere (Mab) ha l’obiettivo di stabilire una base scientifica per il miglioramento delle relazioni tra le persone ed il loro ambiente. Le Riserve della Biosfera sono aree che comprendono ecosistemi terrestri, marini e costieri in cui si promuovono soluzioni per conciliare la conservazione della biodiversità ed il suo uso sostenibile. Oggi le aree Mab coprono una rete mondiale di 651 riserve distribuite in 120 paesi.

Durante l’International Co-ordinating Council del programma Mab svoltosi a Parigi a giugno 2015, il Delta del Po è stato ufficialmente inserito in questa rete: il territorio a cui si riferisce l’attuale riconoscimento comprende vari Comuni del Delta veneto e una parte del Delta emiliano in provincia di Ferrara.

«Il prestigioso riconoscimento – si legge in una nota del Parco del Delta – darebbe ai nostri territori ulteriore prestigio, aprendo nuove possibilità di sviluppo sostenibile in termini economici, ambientali, turistici. Ecco l’importanza di avviare un percorso partecipativo – così come richiesto dall’Unesco – affinché la richiesta di allargamento possa coinvolgere il maggior numero possibile di stakeholders territoriali».

Delta del Po riserva Unesco: ci provano anche i Comuni ravennati

Proseguono gli incontri del processo partecipativo

Proseguono a Ravenna gli incontri legati al processo partecipativo recentemente avviato per candidare parte del territorio dei Comuni di Alfonsine, Argenta, Cervia e Ravenna a diventare Riserva della Biosfera Mab Unesco.

Dopo l’incontro generale di avvio della candidatura, svoltosi in municipio a Ravenna, e i due incontri territoriali nell’area nord del Comune (al Palazzone di Sant’Alberto) e nell’area sud (alla Bevanella di Lido di Classe), mercoledì 30 marzo alle 17 si torna in residenza municipale a Ravenna: qui è infatti in programma un novo incontro espressamente dedicato alle associazioni di categoria. Saranno presenti l’assessore all’Ambiente del Comune di Ravenna, Guido Guerrieri, e Maria Pia Pagliarusco, direttore dell’Ente di Gestione Per i Parchi e la Biodiversità Delta del Po.

Il programma Unesco Man and Biosphere (Mab) ha l’obiettivo di stabilire una base scientifica per il miglioramento delle relazioni tra le persone ed il loro ambiente. Le Riserve della Biosfera sono aree che comprendono ecosistemi terrestri, marini e costieri in cui si promuovono soluzioni per conciliare la conservazione della biodiversità ed il suo uso sostenibile. Oggi le aree Mab coprono una rete mondiale di 651 riserve distribuite in 120 paesi.

Durante l’International Co-ordinating Council del programma Mab svoltosi a Parigi a giugno 2015, il Delta del Po è stato ufficialmente inserito in questa rete: il territorio a cui si riferisce l’attuale riconoscimento comprende vari Comuni del Delta veneto e una parte del Delta emiliano in provincia di Ferrara.

«Il prestigioso riconoscimento – si legge in una nota del Parco del Delta – darebbe ai nostri territori ulteriore prestigio, aprendo nuove possibilità di sviluppo sostenibile in termini economici, ambientali, turistici. Ecco l’importanza di avviare un percorso partecipativo – così come richiesto dall’Unesco – affinché la richiesta di allargamento possa coinvolgere il maggior numero possibile di stakeholders territoriali».

Individuata e bloccata nel forlivese la fonte inquinante del fiume Bevano

Si tratterebbe di nafta fuoriuscita da un’azienda di Forlimpopoli. Panne assorbenti stanno limitando i danni all’ecosistema

tecnici inquinamentoNel primo pomeriggio di Pasquetta il sindaco Matteucci ha informato con un tweet che è stata «trovata nel forlivese e bloccata la perdita di idrocarburi che si riversava nel Bevano», e che come noto ha raggiunto la foce del fiume nello scorso fine settimana.
Pare si tratti di un’azienda di Forlimpopoli – così riporta il Resto del Carlino – che ha subito una falla in una cisterna di nafta, su cui sono intervenuti nelle ultime ore, oltre ai tecnici dell’impresa anche Carabinieri e Arpa.
Lo stesso Sindaco in una nota alla stampa ha dichiarato che «al momento questo sversamento di idrocarburi non sembra aver prodotto danni rilevanti all’ecosistema»; e una volta accertato che lo sversamento è definitivamente interrotto e che saranno completate le analisi, ha affermato che revocherà l’ordinanza di divieto di balneazione firmata la vigilia di Pasqua.

Per intercettare e neutralizzare gli idrocarburi sversati nel Bevano sono stati installati tre sbarramenti di panne assorbenti lungo il corso d’acqua all’altezza di San Zaccaria, Castiglione e Savio.

«Ringrazio per il lavoro svolto in queste ore il personale del Sevizio Tecnico di Bacino, di Arpa, della Capitaneria di Porto, dei Vigili del Fuoco, del Corpo Forestale dello Stato, della Polizia Municipale, di Hera – ha dichiarato il Sindaco –, in contatto con il Prefetto di Ravenna continuiamo a monitorare la situazione».

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