Dopo l’ultimo via libera al progetto, interviene l’associazione: «Non siamo contrari, ma dobbiamo garantire la convivenza con le attività storiche»
Un rendering del progetto Agnes
Legacoop Romagna interviene nel dibattito relativo ai progetti sullo sviluppo delle energie rinnovabili e, in particolare, dell’eolico off-shore. Recentemente sono arrivati pareri e provvedimenti importanti riguardanti i due progetti di parchi eolici che riguardano la costa romagnola, tra cui quello Agnes di Ravenna (ne avevamo scritto qui).
«Legacoop Romagna, fin dall’inizio della discussione su questo argomento, si è dichiarata non contraria allo sviluppo di questo tipo di progetti – si legge in una nota -, consapevole di quanto sia importante per il nostro Paese progredire nel percorso dell’autonomia energetica e dell’indipendenza dalle fonti fossili. Continueremo, allo stesso modo, a lavorare affinché settori importanti per l’economia romagnola, come la pesca e l’acquacoltura e il turismo, possano continuare ad esistere e a crescere. Per questo, oltre a presentare osservazioni formali al Ministero e alle autorità competenti, stiamo lavorando, con il pieno coinvolgimento delle cooperative associate, per la formulazione di un protocollo relativo al progetto Agnes che consenta la convivenza tra queste tipologie di nuovi impianti e le attività della pesca e dell’acquacoltura. Questo, nell’ottica di consentire a questi settori di continuare a svolgere, anche in un’ottica di crescita e sviluppo, la propria attività in quel mare e su quella costa, diventati elementi caratterizzanti e strutturali della nostra economia e della qualità della vita che caratterizzano l’identità della Romagna».
Organizza Repubblica Nomade. L’arrivo è a Campi Bisenzio
È stato presentato in municipio il Cammino dell’acqua organizzato da Repubblica Nomade, che coi suoi cammini, intende richiamare l’attenzione su alcune questioni chiave del nostro tempo. Il primo (2011) Milano-Scampia puntava a “ricucire” l’Italia; nel 2012 il Cammino Stella d’Italia portò quattro colonne di camminatori nell’Aquila terremotata, l’ultimo (2023), dal Vesuvio all’Etna, “gridava” che siamo sull’orlo di un vulcano.
Quest’anno il Cammino dell’acqua 2024 partirà domenica 16 giugno da Ravenna per arrivare, dopo circa 200 chilometri, a Campi Bisenzio il 29 giugno, attraversando le zone colpite dalle recenti alluvioni. Come scrive Antonio Moresco, scrittore e saggista e fondatore di Repubblica Nomade: “Queste alluvioni non sono state soltanto una manifestazione della potenza naturale che ci sovrasta, ma sono anche gli esiti di scelte umane folli e suicide che hanno portato alla rottura progressiva dei precedenti equilibri, di cui cominciamo a sperimentare sempre più gli esiti catastrofici”.
Durante il cammino i partecipanti faranno molti incontri e toccheranno luoghi significativi. Fra questi l’azienda agricola Terrestra di Sant’Agata sul Santerno, la scuola di don Milani a Barbiana e i suoi allievi a San Donato di Calenzano, la fabbrica ex Gkn di Campi Bisenzio, punto d’arrivo fisico e metaforico. Il Collettivo di fabbrica ha avviato un progetto di vera transizione ecologica (dai semiassi a pannelli solari e cargo bike, attraverso una “fabbrica pubblica socialmente integrata” in gestazione) ed è stato protagonista del sostegno materiale agli alluvionati, con squadre di spalatori, sia in Romagna, sia nella Piana fiorentina.
Oggi (15 giugno), alle 17.30 alla Casa Volante, associazione Ortisti di strada, in via Fiume 23 a Ravenna il professor Paolo Pileri del Politecnico di Milano, partecipante del cammino, autore di “L’intelligenza del suolo” (Altreconomia), presenterà il libro e parlerà del nesso fra consumo di suolo e conseguenze degli eventi estremi.
Nel giorno dell’incontro in Regione del tavolo istituzionale
Un presidio dello scorso inverno a Ravenna contro la chiusura dell’ex Farmografica
È convocato per la mattinata di martedì 18 giugno, a Bologna, nella sede della Regione Emilia-Romagna, l’atteso incontro del tavolo istituzionale per la gestione della crisi della ex Farmografica di Cervia.
In concomitanza con l’appuntamento, convocato dall’Assessore allo sviluppo economico e lavoro, Vincenzo Colla, d’intesa con il prefetto di Ravenna, Castrese De Rosa, è stato indetto un presidio dai sindacati territoriali di categoria di Cgil, Cisl e Uil che, a partire dalle ore 10, anticiperà e accompagnerà la discussione che dovrà fare chiarezza sulle sorti della storica azienda di confezioni farmaceutiche.
«Le lavoratrici e i lavoratori – dichiarano Saverio Monno della Slc Cgil, Stefano Gregnanin della Fistel Cisl e Ryan Paganelli della Uilcom Uil – hanno accolto con un misto di rabbia e stanchezza la notizia della nuova battuta d’arresto nelle trattative per l’acquisizione aziendale da parte del gruppo Focaccia. A un anno dall’alluvione che si è portata via il lavoro, dopo mesi di battaglie e di trattative, dopo proclami, promesse e dichiarazioni d’intenti, e con la cassa integrazione che ancora latita, qualcuno dovrà proprio spiegare cos’è che impedisce di archiviare questa brutta storia. É il tempo della responsabilità: ciascuno faccia la sua parte».
In piazza, al fianco di sindacati, Rsu e di una delegazione di lavoratrici e lavoratori in trasferta, saranno presenti anche il Presidente della Provincia di Ravenna Michele de Pascale, il neoeletto sindaco di Cervia, Mattia Missiroli, e l’ex assessora comunale Michela Brunelli, rieletta in Consiglio comunale. «Non vogliamo nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi di una chiusura – dichiarano – quella per la riapertura della Farmografica è una battaglia di Cervia, dei cervesi e della Romagna intera nessuno escluso. Siamo stati e saremo al fianco di queste lavoratrici e questi lavoratori, al fianco di queste 87 famiglie, con l’idea di esprimere una solidarietà sia personale che istituzionale, fatta di gesti e di pratiche concrete prima ancora che di parole. Le nostre istituzioni come hanno fatto finora, continueranno a fare la propria parte, partecipando ad ogni tavolo di confronto e ad ogni iniziativa, impegnandosi per arrivare il prima possibile alla soluzione di questa crisi».
Oltre 2mila invitati al grande evento organizzato dalla Regione
Bonaccini e la vice Priolo
Una giornata per dire “grazie”. Grazie a tutti coloro che, a diverso titolo, con o senza uniforme, accorsero in quei terribili giorni del maggio di un anno fa, per soccorrere e aiutare i cittadini delle zone colpite dall’alluvione. Una giornata per ribadire gli impegni per i legittimi aiuti ancora necessari. Ma soprattutto per ricordare le 17 vittime, uniche perdite irreparabili.
“Una giornata per dire grazie. Alluvione, un anno dopo”: questo il titolo del grande evento organizzato dalla Regione Emilia-Romagna insieme all’Agenzia regionale per la Sicurezza territoriale e la Protezione civile, in corso al PalaCattani di Faenza con oltre 2.000 invitati: Protezione civile, istituzioni, forze dello Stato, mondo del volontariato. Per tutti i presenti una borsa di tela con il libro “Quel che conta”, realizzato dall’Agenzia di comunicazione e informazione della Giunta regionale e gli scatti del fotografo cesenate Marco Onofri, oltre una spilla ricordo della Protezione civile.
All’ingresso dei partecipanti, sono seguiti i saluti introduttivi di Castrese De Rosa, prefetto di Ravenna, e Massimo Isola, sindaco di Faenza; poi Michele de Pascale, presidente della Provincia di Ravenna, in rappresentanza di Upi Emilia-Romagna; Enzo Lattuca, sindaco di Cesena, in rappresentanza di Anci Emilia-Romagna; infine, Matteo Lepore, sindaco metropolitano di Bologna.
Spazio, poi, agli interventi: sul palco si sono avvicendati Sisto Russo (Dipartimento nazionale di Protezione civile); Rita Nicolini, direttore dell’Agenzia regionale per la Sicurezza territoriale e la Protezione civile; Gian Marco Desogus, Ercc Liaison Officers della Commissione europea; Sergio Zaniboni, presidente del Comitato regionale di Coordinamento del volontariato di Protezione civile, e Dario Pasini, presidente del Comitato nazionale di Protezione civile. Ha coordinato Marco Bilancioni (Il Resto del Carlino – Forlì).
A conclusione dell’evento, gli interventi di Luigi D’Angelo (Dipartimento nazionale di Protezione civile), Irene Priolo, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna con delega alla Protezione civile, Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna. Ha coordinato Agnese Pini, direttrice di QN – il Resto del Carlino La Nazione Il Giorno.
Sono stati accolti nei giorni scorsi a Ravenna 40 bambini ucraini rimasti orfani, figli di soldati, che il distretto 2072 del Rotary sta ospitando per due settimane all’Euro Camp di Cesenatico.
Un’iniziativa resa possibile grazie a una raccolta fondi organizzata dal distretto del Rotary nei mesi scorsi.
«Le testimonianze dei ragazzi, delle due madri e del parroco che li accompagnano sono state toccanti – scrivono dal Rotary -, considerato ciò che hanno visto e sofferto, anche se non mancano di forza, coraggio e di speranza che la guerra finisca presto».
Durante l’incontro al Mar, i ragazzi hanno avuto modo di conoscere e apprezzare i mosaici che per cui è famosa Ravenna e di vedere come si arriva al mosaico moderno e alla sua costruzione, attraverso i diversi passaggi.
Dal 17 giugno il Cau sarà operativo al padiglione C dell’ospedale. Il 19 l’inaugurazione
A Lugo entra in funzione da lunedì 17 giugno, il Centro di Assistenza Urgenza (Cau) all’interno del presidio ospedaliero Umberto I, nel Padiglione C (ingresso da viale Masi 3).
L’inaugurazione ufficiale avverrà mercoledì 19 giugno alle ore 10,30.
È attivo sette giorni su sette, per 12 ore, dalle 8 alle 20; le visite mediche domiciliari nelle ore notturne e nei giorni prefestivi e festivi continueranno ad essere garantite dalla Continuità Assistenziale.
Gli operatori lavorano su due turni giornalieri; ogni turno è coperto da 1 medico e 1 infermiere.
I locali sono stati ristrutturati e in parte modificati, in modo da creare uno spazio di accettazione, una sala di attesa, ambulatori medici e l’area infermieristica di osservazione e terapia.
Si tratta del quarto Cau della provincia dopo quelli di Cervia, Ravenna e Faenza. Si tratta come noto delle strutture territoriali destinate alla gestione delle urgenze sanitarie a bassa complessità clinico assistenziale che garantiscono, oltre a quelle erogate dalla Continuità Assistenziale, prestazioni non complesse attualmente erogate nei Punti di Primo Intervento e/o nei Pronto Soccorso.
La visita e alcuni accertamenti diagnostici sono gratuiti per tutti i cittadini residenti o assistiti della Regione Emilia-Romagna, mentre per tutti gli altri la visita avrà un costo di 20 euro da corrispondere al medico, a fronte di relativa ricevuta. Le ulteriori prestazioni specialistiche, prescritte dal medico del Cau per il completamento diagnostico, sono a carico del paziente con relativo ticket, se dovuto, in base alle esenzioni possedute.
Una pattuglia della polizia locale è impegnata a fare da blocco (nonostante ovviamente la presenza anche della segnaletica) e a dare informazioni a chi non era a conoscenza della novità. Arrivati alla rotonda che di fatto divide Punta Marina da Marina di Ravenna, in auto l’unica possibilità per arrivare su viale delle Nazioni (nel tratto tra la stessa rotonda e via Ciro Menotti, quella del Park Hotel) è tornare indietro e prendere la parallela via Trieste (quella dello storico pub Ghinea, per intenderci), per poi svoltare a destra in via Ciro Menotti e percorrerla fino al lungomare, dove è possibile tornare nuovamente verso Punta Marina.
Diversa invece la questione per cicli e motocicli, che possono continuare a percorrere viale delle Nazioni anche in direzione Marina di Ravenna, nella corsia riservata anche ai bus, ai taxi e ai mezzi di soccorso.
Il provvedimento resterà in vigore (in via sperimentale, dicono dal Comune) solo nei festivi e nei giorni prefestivi, fino al 31 agosto.
All’Alighieri “Lo schiamano di ghiaccio” con la drammaturgia di Guido Barbieri, le immagini di Piergiorgio Casotti e il musicista Massimo Pupillo
Foto Piergiorgio Casotti
Tusaqtuut, “ascoltare”, è il nome che gli Inuit danno al periodo fra metà ottobre e metà novembre, perché quando il mare è ghiacciato è possibile viaggiare in slitta e scambiare notizie con gli altri insediamenti. Nell’anno in cui la sua XXXV edizione riflette sull’impatto dell’uomo sul pianeta, Ravenna Festival si mette all’ascolto: domenica 16 giugno, alle 21 al Teatro Alighieri, debutta Lo sciamano di ghiaccio, nuovo lavoro di teatro multimediale dedicato agli Inuit, oggi non più di 120 mila individui la cui esistenza e le cui tradizioni sono minacciate dai cambiamenti climatici e dalle aggressive politiche estrattive di Stati Uniti e Canada.
Con la drammaturgia di Guido Barbieri, la regia e il dispositivo visivo di Fabio Cherstich, le immagini e i video di Piergiorgio Casotti, le composizioni originali di Massimo Pupillo e la drammaturgia musicale di Oscar Pizzo, Lo sciamano di ghiaccio è un racconto di luce e tenebra, che ci trasporta in una Groenlandia dove stili di vita arcaici convivono con la modernità urbana.
In scena, accanto a Pizzo e Pupillo – rispettivamente alla tastiera e al basso elettrico e live electronics – c’è Manuel Zurria ai flauti; il progetto conta inoltre sulla collaborazione con la cantante inuit Karina Moeller.
In prima assoluta a Ravenna, lo spettacolo è una coproduzione del Festival con il Festival Aperto di Reggio Emilia e Transart Festival di Bolzano e sarà in diretta streaming su ravennafestival.live.
Morì nel 1920 accoltellato mentre faceva da paciere tra repubblicani e socialisti
Il primo atleta di Ravenna a partecipare alle Olimpiadi moderne fu un ciclista. Guglielmo Malatesta, nato il 6 dicembre 1891, è l’emblema del ciclismo pionieristico. La sua storia farà parte di “Un secolo di ciclismo a Ravenna”, un progetto ideato e realizzato dal comitato Amici del Ciclismo Ravenna per riscoprire e celebrare la storia delle due ruote ravennati in occasione del passaggio del Tour de France in città il prossimo 30 giugno e dell’avvio dei lavori per la realizzazione del Ravenna Bike Park all’ex ippodromo, il progetto costitutivo del comitato che permetterà di dotare la città di una vera e propria palestra di ciclismo.
Il progetto prevede una mostra all’aperto in via Zirardini dal 28 giugno al 28 luglio (inaugurazione venerdì 28 giugno alle 21.30) con l’esposizione di illustrazioni realizzate da Giuditta Matteucci (qui sopra il suo ritratto di Malatesta). Di seguito un’anticipazione della storia di Malatesta che sarà parte integrante della mostra.
Nel 1906 un gruppo di appassionati restaurò il velodromo in terra battuta dietro alla basilica di Santa Maria in Porto in via di Roma, che era in stato d’abbandono. Dopo poche settimane l’impianto attraeva già ciclisti da ogni parte e vedeva la presenza di un pubblico straripante. In poco tempo le manifestazioni assunsero rilievo nazionale e un ragazzo ravennate, alto e magro, con la maglia del Pedale di Ravenna, si distinse fra i tanti. Aveva solo sedici anni, ma se la cavava bene dappertutto: nella velocità, nell’inseguimento, sui 5 chilometri e, persino, sui 100 km. Poi, il campioncino della città diventò campione quando vinse, nel 1908, le Eliminatorie per le Olimpiadi di Londra. E a Londra, Guglielmo Malatesta partecipò a soli 16 anni di età. Non vinse medaglie ma fu uno dei quattro italiani a partecipare a quelle olimpiadi per l’Italia del ciclismo. Nel 1909 partecipò al primo Giro d’Italia della storia e poi, nel 1919, divenne professionista. Non aveva ancora 29 anni quando la sua vita e la sua carriera si conclusero drammaticamente. L’8 novembre 1920, un corteo organizzato dal Partito Repubblicano per celebrare la vittoria alle elezioni locali e la riconferma del sindaco Fortunato Buzzi, preceduto da una sfilata di ciclisti fra i quali il campione Malatesta, venne a contatto con un gruppo di socialisti. Ne seguì un violento tafferuglio, durante il quale Malatesta, accorso per fare da paciere restò ferito a morte da una coltellata. Del nome di Malatesta si appropriò il movimento fascista ravennate che lo celebrò come uno dei “martiri” della “violenza bolscevica” e intitolando col suo nome una delle quattro “squadre d’azione” di Ravenna e una società ciclistica. Nel dopoguerra il Partito Repubblicano, con l’intento di salvaguardare l’unità antifascista del Cln, non rivendicò l’appartenenza politica dell’incolpevole Malatesta, che fascista non era mai stato e ch’era morto da militante repubblicano. La Società Ciclistica Malatesta finì col fascismo. Nel 1945, in ricordo del “loro” Malatesta, alcuni repubblicani fondarono il Pedale Ravennate mantenendo i colori sociali della S.C. Malatesta.
Analisi del voto. Nei comuni sopra i 15mila abitanti il Pd conserva 30 consiglieri su 56, Fdi passa da zero a 7 e invece la Lega crolla da 15 a 1 (nessun eletto nella Cervia del Papeete e delle vacanze di Salvini). Tra i 196 eletti nei 14 comuni in base alle preferenze ci sono più donne di quelle che c’erano tra i consiglieri uscenti
Le elezioni amministrative del weekend 8-9 giugno riguardavano 14 comuni in provincia di Ravenna dove, oltre ai sindaci, sono stati eletti anche i 196 componenti dei consigli comunali. La composizione è stata decretata sulla base delle preferenze espresse sulle schede. In base a quanto emerso dalla ripartizione dei seggi tra le forze politiche, si possono sottolineare due aspetti: c’è un po’ più parità di genere e Lega e Movimento 5 Stelle di fatto scompaiono dai tre comuni sopra i 15mila abitanti dove è possibile presentarsi con il proprio simboli di partito.
Questione di genere
L’esito delle elezioni comunali 2024 in provincia di Ravenna migliora lo scenario di cinque anni fa per quanto riguarda la parità di genere. I rappresentanti degli elettori si avvicinano un po’ di più al cosiddetto paese reale.
La sintesi è mostrata dal grafico in questa pagina. I 123mila aventi diritto al voto nei 14 comuni erano in maggioranza donne (non è disponibile il dato della distribuzione donne-uomini tra chi ha effettivamente esercitato il diritto) ma i 196 consiglieri comunali erano uomini per il 61 percento. Ora invece la percentuale si abbassa di due punti. Da notare che i candidati in totale erano ben 869 e la ripartizione uomini-donne era ancora più equilibrata (55-45 per gli uomini). Va ricordato che sulla scheda era possibile esprimere due preferenze ma di genere diverso.
Nulla cambia, invece, nella ripartizione per quanto riguarda i sindaci. Si partiva da 11-3 in favore degli uomini e si resta così. Anche se sono cambiati i nomi: Paola Pula (Conselice) e Eleonora Proni (Bagnacavallo) sono state sostituite da uomini, ma Elena Zannoni (Lugo) e Maria Diletta Beltrani (Solarolo) prendono il posto di uomini. Valentina Palli (Russi) conserva la sua poltrona. Ora è tempo di comporre le giunte: i 59 assessori uscenti erano in maggioranza donne.
La Lega crolla da 15 consiglieri a 1 nei comuni più grandi
Il crollo della Lega alle elezioni comunali è mostrato anche dal numero dei rappresentanti nei municipi. Prendendo in esame i tre comuni sopra ai 15mila abitanti (gli unici in cui potevano comparire i simboli dei singoli partiti), il Carroccio si trova a passare da un totale di 15 consiglieri a uno solo (Lugo). Per il partito di Salvini è particolarmente pesante il dato di Cervia, la località del Papeete, della festa leghista di agosto e delle vacanze del ministro: cinque anni fa cinque consiglieri (contando anche il candidato sindaco Dino Cellini) e oggi invece nessun eletto. Scomparsi del tutto dai radar anche i grillini: nel 2019 l’M5s aveva due rappresentanti (uno a Cervia e uno Lugo, in entrambi i casi correva da solo con il proprio candidato sindaco) mentre oggi, entrato nelle coalizioni di centrosinistra, non è riuscito a eleggere nemmeno un rappresentante.
Nella ripartizione dei 56 seggi ora pianta una bandierina Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni conta 7 consiglieri (almeno due in ognuno dei tre municipi in esame) e ora è il primo partito di opposizione. Anche se non si può trascurare il dato dei civici di centrodestra: 9 consiglieri di cui 4 a Cervia con la lista di Massimo Mazzolani che raccoglie il 19,7 percento e 4 seggi.
Una storia che parte dalla foto in copertina di “I Am a Bird Now”
Candy Darling on her Deathbed, printed 2016 Peter Hujar 1934-1987 Purchased with funds provided by the Tate Americas Foundation, courtesy of Christian Keesee 2019 http://www.tate.org.uk/art/work/P82412
Siamo nel tardo inverno del 1974 e Candy Darling sta per morire. Darling è un’attrice transgender, nata nel Queens 29 anni prima, in una famiglia violenta. Si è fatta conoscere all’interno della Factory di Andy Warhol, come attrice in Flesh ed altri titoli prodotti dall’artista. Ha perfino ispirato Lou Reed: Candy Says dei Velvet Underground parla di lei, e l’artista la nominerà anche in Walk On The Wild Side. Non ha ancora trent’anni, ma è malata di una leucemia che non le lascerà scampo. Negli ultimi giorni di vita, in una stanza del Cabrini Health Care Center, riceve la visita di un amico. Il suo nome è Peter Hujar, di professione fa il fotografo ed è più vecchio di dieci anni. Qualche anno prima ha deciso di mollare il suo lavoro da capo assistente in un prestigioso studio di fotografia commerciale, per inseguire il progetto della sua vita: documentare per immagini il sottobosco LGBTQ+ newyorkese di quegli anni, perennemente in bilico tra un realismo brutale e diretto e la spinta di militante per i diritti civili. Potremmo considerare il suo lavoro come una versione più oscura e politica di Robert Mapplethorpe. Hujar ha conosciuto Darling negli anni della Factory, ha stretto un’amicizia profonda, e ora la vuole fotografare nei suoi ultimi giorni di vita. L’attrice accetta. Le foto sono nel severissimo bianco e nero di Hujar. La stanza è una stanza d’ospedale come tante, Candy è truccata di tutto punto e avvolta nelle lenzuola. C’è una rosa sul letto, e ci sono fiori in tutta la stanza. Pochi giorni dopo morirà. Delle foto scattate quel giorno Hujar ne pubblicherà una, intitolata Candy Darling on her deathbed. Diventerà uno dei suoi più celebri ritratti, forse il più celebre: un momento di bellezza assoluta, all’apice di una tragedia irraccontabile. E sarà proprio quella foto il tassello mancante per la canonizzazione dell’attrice come una delle massime icone transgender del dopoguerra statunitense.
Anche Hujar morirà da giovane, per la precisione a 53 anni, in una stanza dello stesso ospedale dove ha fotografato Candy Darling. Dieci mesi prima gli era stata diagnosticata l’Aids. L’importanza del suo lavoro sarà riconosciuta soprattutto dopo la sua morte, e oggi è una figura fondamentale della storia della fotografia.
Vent’anni dopo la morte del fotografo, Candy Darling on her deathbed entra nell’iconografia musicale. In qualche modo c’è ancora lo zampino di Lou Reed. È lui, infatti, ad imporre all’attenzione del mondo musicale il nome di Anohni Hegarty. Fino a quel momento il suo nome (che all’epoca è ancora Antony) è appannaggio di un circolo molto ristretto di appassionati: aveva esordito nel 2000, quando David Tibet dei Current 93 aveva deciso di pubblicare con Dutro, la sua etichetta, una raccolta dei suoi demo. In cerca di un cast di supporto per portare a termine l’ambiziosissimo concept-album The Raven, lui e Laurie Anderson s’imbattono nel suo primo disco, e si convincono ad invitare la cantante per una reinterpretazione di Perfect Day (la quale, curiosamente, in origine usciva su una delle due facce di un singolo assieme a Walk On The Wild Side, la canzone in cui Reed parlava di “Candy”). L’impatto sul mondo di The Raven, l’ultimo capolavoro di Lou Reed, farà il resto, e dal 2003 in poi quello di Anohni è uno dei nomi su cui gli appassionati di musica sono disposti a scommettere forte. Ci vorranno ancora due anni per incassare le puntate: un contratto con Secretly Canadian e le dieci spettacolari canzoni che andranno a comporre I Am A Bird Now, il suo primo “vero” disco di studio. Il quale viene pubblicato nel febbraio del 2005, nell’estasi generale della critica, che grida da subito al capolavoro. Da lì in poi Anohni è intoccabile. Pubblicherà altri dischi, salutati quasi tutti come capolavori del cantautorato contemporaneo; in Hopelessness, ambizioso disco di cantautorato sperimentale prodotto assieme a Oneohtrix Point Never e Hudson Mohawke, rende ufficiale il nome che nella vita privata utilizza da anni. Dal 2023 ha ricominciato a suonare in full band, Anohni And The Johnsons, e pubblicato un disco che i fan hanno salutato come un ritorno alla sua forma migliore, My Back Was a Bridge for You to Cross (l’album che presenterà a Ravenna Festival, in unica data italiana, sabato 15 giugno al Pala De André). In copertina, come da tradizione per i dischi della band, la bellissima foto di un’icona LGBTQ+: Marsha P. Johnson, la persona da cui prende il nome The Johnsons, la backing band della musicista. Attivista e fondatrice del Gay Liberation Front, morta nel 1992 a New York in circostanze mai davvero chiarite. Ma a dispetto di un cursus honorum invidiabile e di uno status da testa di serie della musica contemporanea, il miglior disco di Anohni rimane ancora il suo capolavoro del 2005, I Am a Bird Now. Il disco in cui bellezza e disperazione si fondono nella maniera più perfetta ed assoluta. Il disco sulla cui copertina c’è una foto scattata nell’inverno del 1974 al Cabrini Health Care Center, e intitolata Candy Darling on her deathbed.
La novità nella squadra di governo di Sabadini rispetto alla giunta Emiliani è Enrico Rambelli, 36enne laureato in Viticoltura ed enologia, lavora come consulente in cantine
Sant’Agata sul Santerno ha una nuova giunta comunale. Il neoeletto sindaco Riccardo Sabadini ha nominato la vicesindaca Lilia Borghi e l’assessore Enrico Rambelli.
Borghi è nata a Lugo il 17 aprile 1945 e vive a Sant’Agata sul Santerno dal 1980. Sposata, madre di due figli, Borghi si è affacciata al mondo lavorativo come imprenditrice agricola prima e come gestrice del locale «Bowling» dal 1987 al 2004. Per un breve periodo è stata volontaria nelle scuole. Nominata inizialmente assessora esterna il 22 giugno 2009 dal sindaco Luigi Amadei, ricopre la carica di vicesindaca dal 2012. A Borghi vanno le deleghe a Servizi educativi, Attività produttive, Istruzione e formazione professionale, Pari opportunità, Sanità, Servizi sociali e assistenziali, Politiche per l’immigrazione e Politiche per la casa e edilizia residenziale pubblica.
Rambelli, 36 anni, si occuperà invece di Ambiente, Cultura, Turismo, Sport, Politiche giovanili e Scambi culturali. Rambelli è cresciuto a Sant’Agata dove ha frequentato le scuole fino alle medie. Ha giocato per locale squadra di calcio, Santagatese, dove in seguito ha anche allenato. Rambelli è perito tecnico agrario e dal 2012 laureato in Viticoltura ed enologia. Ha lavorato come operaio addetto alla raccolta di frutta e dopo la laurea ha svolto un’esperienza biennale in una multinazionale; dal 2012 lavora come consulente tecnico commerciale in numerose cantine della regione.
Il primo cittadino ha tenuto per sé le deleghe a Rapporti istituzionali, Sicurezza e Polizia locale, Personale e organizzazione, Sistemi informativi, Bilancio, Tributi, Enti e società a partecipazione pubblica, Sport e tempo libero, Associazionismo e volontariato, Urbanistica ed edilizia privata, Lavori pubblici e Patrimonio. Nato a Ravenna il 13 febbraio 1982, Sabadini risiede a Sant’Agata sul Santerno dal 2016. Sposato, padre di due figli, è laureato in Scienze dell’informazione e ha circa 20 anni di esperienza in ambito informatico, dal networking alla programmazione; da qualche anno si occupa di consulenza informatica. Ha collaborato con le testate giornalistiche Il Resto del Carlino e Setteserequi; è appassionato di sport, in particolar modo di basket che ha praticato per 25 anni, e ha ricoperto il ruolo di dirigente sportivo e telecronista per circa una decina d’anni.