Dal sacrificio delle donne partigiane alle battaglie delle adolescenti di oggi: il progetto di Eugenio Sideri avrà tre repliche, una dedicata agli studenti, una alla cittadanza e una all’interno del carcere ravennate
“Teodora. La guerra delle donne, le donne in guerra”, curato Eugenio Sideri/Lady Godiva Teatro, porta in scena la guerra quotidiana delle donne in un racconto teatrale che va dalle storie delle staffette partigiane a quelle delle adolescenti di oggi.
Lo spettacolo, in programma per lunedì 20 al Teatro Rasi, avrà una replica mattutina dedicata agli studenti delle scuole superiori e una serale a ingresso libero (ore 21) aperta alla cittadinanza. Una terza replica sarà rappresentata il 23 maggio all’interno della casa circondariale di Ravenna, dove Sideri stesso, insieme alla sua compagnia, sta portando avanti da anni progetti teatrali.
Sul palco del Rasi, oltre ad attori e danzatori professionisti, “Le Oltraggiose”, adolescenti che il regista Sideri guida dal 2019, con le quali sono stati realizzati vari progetti che hanno visto protagonisti temi e soggetti al femminile (su Anna Polikovskaja, Medea, Euridice, la violenza di genere, il femminicidio). Alcuni dei testi dello spettacolo sulle staffette partigiane sono frutto del lavoro della classe “terza M turismo” dell’Istituto tecnico commerciale Ginanni di Ravenna, coordinata dalla professoressa Ilaria Cerioli. Il progetto vede inoltre la preziosa collaborazione del liceo scientifico Oriani, di Linea Rosa, Spazio A e Kc-Academy di Bologna, ed è stato realizzato con on il sostegno dell’assessorato alle Politiche e cultura di genere.
«Dare la vita. Tre parole per esprimere il mettere al mondo, ma anche per significare l’essere pronti a morire. Da qui siamo partiti, dalle staffette e dalle partigiane che, 80 anni fa, si sono battute anche a rischio della vita, per liberare l’Italia e farne un Paese libero e democratico; un Paese dove credevano che avrebbero potuto realizzare i loro sogni e desideri di donne. Una battaglia vinta ma, al tempo stesso, ancora in atto, su altri piani, in altri modi. La guerra quotidiana, appunto, delle donne, contro la violenza che viene loro fatta, fisica, morale, verbale. Una guerra che ahimè coinvolge età e ceti sociali diversi e che conduce, con un orrore quasi quotidiano, a volte anche alla morte» commenta il regista.
Il gruppo Demoskopika ha stilato un elenco delle località italiane minacciate dal sovraffolamento turistico: in regione rischio alto anche per Forlì-Cesena e molto alto per Rimini
La Provincia di Ravenna è ad alto rischio di sovraffollamento turistico, con risvolti negativi sulla qualità della vita dei residenti, sull’ambiente e sulla stessa esperienza turistica. Questo è quanto emerso da un’indagine di Demoskopika, i cui risultati sono stati depositati in esclusiva all’Ansa. La notizia è stata riportata online da Wired.
Il gruppo di ricerca ha stilato una lista delle province italiane più propense all’overtourism, basando la propria analisi sull’Indice Complessivo di Sovraffollamento Turistico (Icst), un indicatore sperimentale ideato dalla stessa agenzia e che valuta cinque principali criteri: densità turistica, densità ricettiva, intensità turistica, occupazione delle strutture e quota di rifiuti generati. Le città analizzate sono state poi catalogate secondo tre livelli di rischio, moderato, alto e molto alto.
Ravenna risulta appunto nella seconda fascia di rischio (alto) e nella stessa categoria rientra anche la vicina provincia di Forlì-Cesena. Nella fascia di rischio superiore a livello nazionale solo Rimini, Venezia, Bolzano, Livorno, Trento, Verona, Napoli.
La preoccupazione per le città menzionate è rivolta sia alla qualità della vita locale, sia alla sostenibilità turistica: «L’overtourism non solo minaccia la sostenibilità delle nostre destinazioni più amate ma rischia anche di compromettere la qualità dell’esperienza per i visitatori e la qualità della vita per i residenti, – dichiara Raffaele Rio, presidente di Demoskopika. – Il sovraffollamento turistico è un campanello d’allarme che ci chiama ad agire, promuovendo un turismo più responsabile e sostenibile». Per prevenire il fenomeno, è necessario concentrarsi su una corretta gestione dei flussi turistici e mettere al primo posto la sostenibilità ambientale: «È fondamentale – conclude Raffaele Rio – implementare politiche di gestione del turismo che includano limitazioni temporali e numeriche per l’accesso ai luoghi più a rischio, insieme a strategie per promuovere destinazioni alternative meno note ma altrettanto ricche di cultura e bellezza oltre a incentivare il turismo fuori stagione promuovendo i luoghi anche in periodi meno affollati».
Percorsi in bici, a piedi, su carro panoramico o trenino alla scoperta delle campagne faentine e delle eccellenze enogastronomiche del territorio
Torna a Oriolo dei Fichi la tradizionale due giorni all’insegna dei sapori del territorio e dell’incontro con vignaioli e artigiani locali. Sabato 25 e domenica 26 maggio le campagne che circondano l’antica torre medievale ospiteranno l’ottava edizione del il Trat-Tour, con numerosi gli itinerari tra vigne e strade di campagna da poter percorrere a piedi, in bicicletta o sul carro panoramico, per una giornata all’insegna della natura e dell’enoturismo.
I partecipanti potranno muoversi tra le cantine a piedi, in bicicletta, su un carro panoramico trainato da un trattore o su un trenino, scegliendo tra percorsi di diversa lunghezza e facilità riportati su una cartina che verrà consegnata al momento della partenza al punto di ritrovo, che come da tradizione sarà la Torre di Oriolo. Da lì, sabato dalle ore 12 alle 19 e domenica dalle ore 10 alle 19 si potranno per raggiungere le otto cantine di Oriolo dei Fichi e degustare il Centesimino, il Famoso, l’Albana, il Sangiovese e gli altri vini tipici del territorio.
Un carro panoramico trainato da un trattore farà la spola per tutta la durata dell’evento tra le cantine La Sabbiona, Leone Conti, Spinetta, San Biagio Vecchio e Ancarani, mentre un secondo itinerario ad anello tra le cantine Zoli Paolo, Calonga e Poderi del Nazareno sarà percorso da un trenino. Entrambi i carri faranno tappa anche alla Torre di Oriolo per il solo rientro a partire dalle ore 17. Il braccialetto giornaliero per il trattore (riservato alle persone dai 14 anni in su) e per il trenino (nessun limite di età) si potrà ritirare alla Torre al costo di 4 euro, ma dovrà essere prenotato online. I braccialetti sono disponibili in numero limitato e devono essere ritirati il sabato entro le ore 15 ed e la domenica entro le 14; eventuali braccialetti prenotati ma non ritirati dopo questi orari saranno messi in vendita direttamente alla Torre, dove sarà anche possibile noleggiare per la giornata di domenica una bici muscolare o elettrica (al costo di 25 e 35 euro). Sabato sarà invece possibile partecipare a un tour guidato in bicicletta.
Al punto di ritrovo anche un punto ristoro attivo dalle ore 12 alle 21.30 che darà la possibilità di pranzare e cenare con piatti tipici del territorio da gustare sul luogo o consumare durante il tragitto. Sono disponibili anche altri punti ristoro all’agriturismo La Sabbiona, a Ca’ de Gatti e alla Casetta Rio del Sol.
Appuntamento domenica 19 maggio alla sede del Comitato elettorale di via Nazario Sauro
Il leader della Lega Matteo Salvini sarà a Cervia domenica 19 maggio, per la presentazione di “Controvento. L’Italia che non si arrende” (Piemme 2024), il libro in cui il ministro descrive la propria visione del mondo tracciando il percorso delle sfide del prossimo futuro, tra autonomia, storico cavallo di battaglia della Lega, ponte sullo Stretto, difesa dei confini e una diversa idea di Europa.
L’appuntamento è alle ore 18 nella sede del Comitato elettorale Mazzolani sindaco, in via Nazario Sauro, 7M.
Alle ore 20 della stessa giornata Salvini sarà al Grand Hotel di Forlì (via del Partigiano, 12 bis) dove presenterà il libro intervistato da Claudia Conte, giornalista, scrittrice e opinionista tv.
L’associazione ambientalista invita la Regione a diventare un nuovo modello di governo del territorio
Ridare spazio ai fiumi, fermare il consumo di suolo, interventi di ripristino nelle aree collinari e di montagna dando priorità a percorsi di rinaturalizzazione e un approccio innovativo alla ricostruzione che metta al centro interventi di adattamento e delocalizzazioni.
Questi i temi al centro del convegno organizzato da Legambiente a Faenza negli scorsi giorni, in occasione del primo anniversario dall’alluvione. L’incontro è stata anche l’occasione per una prima valutazione del Piano Speciale Preliminare di interventi sulle situazioni di dissesto idrogeologico redatto dall’Autorità di Bacino distrettuale del Fiume Po.
Piano che vedrà la sua versione definitiva entro la fine di giugno 2024, ma già si ravvisano nei territori i primi segnali di difficoltà, soprattutto per quanto riguarda le delocalizzazioni, e ancora una scarsa attenzione delle amministrazioni a introdurre percorsi così complessi. «Un tema fondamentale da approfondire – si legge in una nota di Legambiente a conclusione dei lavori del convegno – è quello riguardante gli interventi nelle aree urbanizzate, per evitare concretamente che si possano realizzare nuove costruzioni nelle aree allagate e attuare una ricostruzione fondata su un approccio innovativo che metta al centro l’adattamento alla crisi climatica e gli interventi di delocalizzazione. Le delocalizzazioni sono interventi assolutamente necessari e al contempo molto complessi da realizzare, serve mettere in atto processi di coinvolgimento delle amministrazioni e della popolazione e chiediamo una norma nazionale che faccia da riferimento in tal senso. Ma è necessario al contempo anche il protagonismo dei Comuni per mettere in campo piani urbanistici e i regolamenti edilizi coerenti con questo nuovo approccio, per evitare che il piano degli interventi rimanga scollegato dalla pianificazione e dalla gestione ordinaria del territorio».
Il presidente di Legambiente Emilia-Romagna, Davide Ferraresi, ritiene importante e positivo che sia l’Autorità di distretto del Po a sovrintendere la pianificazione degli interventi post-evento: «La Regione Emilia-Romagna ha davanti a sé una straordinaria occasione per fare da apripista e diventare un modello nazionale di un nuovo approccio al governo del territorio e della gestione del rischio alla luce del nuovo scenario a cui andiamo incontro».
Gli agronomi chiedono più spazio negli enti
«Purtroppo sono ancora pochi i Comuni e gli enti della Provincia di Ravenna che hanno un agronomo o un forestale nei propri organici per la cura del territorio e del paesaggio». Il rammarico di Giovanni Gualtieri, presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della provincia di Ravenna, è legato al tema della pianificazione territoriale: «Quando si sente dire che non bisogna più consumare suolo o, viceversa, sfruttarlo convenientemente è il dottore agronomo l’esperto in materia di terreni agricoli cui tocca l’ultima parola».
657 domande di aiuti al bando della Camera di Commercio Per 9 imprenditori su 10 è calato il potere di acquisto dei clienti
A un anno dall’alluvione solo il 3 percento delle imprese della Romagna faentina non ha riaperto, ma il 65 percento non è ancora tornato al fatturato precedente e nell’86 percento dei casi ritiene che questo sia dovuto alla riduzione del potere d’acquisto della clientela a sua volta alluvionata.
È una sintesi di un’indagine svolta dal centro studi di Confesercenti Ravenna-Cesena attraverso un questionario a un campione di cento attività commerciali distribuite nei sei comuni della Romagna faentina (Brisighella, Casola, Castel Bolognese, Faenza, Riolo e Solarolo). Il 92 percento degli intervistati dichiara di aver subito danni dagli eventi climatici di maggio 2023.
Le due tipologie di danni più frequenti sono quelli indiretti (personale alluvionato, viabilità compromessa, clienti non raggiungibili…) e quelli agli immobili: entrambi vengono segnalati dal 58 percento degli intervistati. Solo l’11 percento non ha mai fermato l’attività. Per chi invece si è dovuto fermare, le difficoltà maggiori incontrate verso la ripresa sono state il ripristino dei locali e la desertificazione dell’area commerciale circostante. Il ritorno alla normalità è stato finanziato con risorse proprie nell’88 percento dei casi, con prestiti bancari nel 24 percento e con aiuti familiari o donazioni nel 12 percento.
Insomma si nota, come emerge anche da altre fonti, che nessuna impresa nei primi dodici mesi post alluvione abbia beneficiato di sostegni pubblici. Finora infatti solo la Camera di Commercio si è attivata: 657 domande arrivate dalla Romagna faentina, 1.400 euro in media di aiuti per ognuna. L’associazione di categoria ha approfondito lo scenario del centro storico di Faenza. Solo il 13 percento del campione afferma che non ha perso attrattività. Il resto degli interpellati si divide fra chi parla di vetrine ancora spoglie e sporche e trasferimento fuori dal centro di alcune attività.
Il campione si spacca 55-45 in favore di chi è fiducioso per il futuro dell’economia della Romagna faentina. Per quelli pessimisti la ragione principale è le tante risorse che serviranno e i tempi lunghi.
Alla luce di questi risultati, Confesercenti avanza alcune proposte. Ordinanze di decoro per le vetrine, incentivi per il ripristino dei locali e nuovi arredi urbani per riqualicare le vie commerciali. Incentivi alle nuove attività commerciali (Imu, Tari, tassa suolo pubblico) per portarle nelle are danneggiate. Campagne di promozione del commercio di vicinato estendendo le politiche incentivanti anche ai quartieri alluvionati. Rafforzare i servizi in collina per contrastare lo spopolamento.
Lavori tra via Poggi e via Francesco de Sanctis martedì 20 e mercoledì 21 Gli interventi tra via Timavo e Nicolodi inizieranno invece giovedì 23
Continua il programma di riasfaltature delle strade, oltre ai lavori di via Faentina, è in programma nei giorni di martedì 21 e mercoledì 22 maggio la riasfaltura della via Destra Canale Molinetto, nel tratto compreso fra via dei Poggi e via Francesco de Sanctis. È previsto il restringimento della carreggiata.
Sarà riasfaltato anche il raccordo tra via Destra Canale Molinetto e via Bellucci, davanti a via Livenza. L’intervento, originariamente in programma a partire da giovedì 16 maggio, è slittato a causa di un rallentamento in un cantiere precedente.
Da giovedì 23 maggio i lavori interesseranno invece via Bellucci, nel tratto tra le vie Timavo e Nicolodi. Anche in questo caso è previsto il restringimento della carreggiata. Si stima che tale intervento abbia una durata di quattro giorni.
Oltre al rinnovo completo dei locali, la creazione di una comunità semiresidenziale per minori a partire dai 6 anni
È stato approvato il progetto di ristrutturazione del Centro diurno “I Girasoli”, ospitato nel Condominio solidale ex Pantera Rosa, in via Abruzzi 55 a Pinarella. L’investimento previsto è di 512mila euro, di cui 400mila a carico dell’Amministrazione comunale, mentre i restanti 112mila saranno a carico del gestore.
Attualmente il centro socio riabilitativo può ospitare fino a 15 persone con disabilità fisica, psichica o sensoriale tra i 14 e i 64 anni ed è gestito dalla Cooperativa Sociale Consorzio Selenia. Il progetto di ristrutturazione da una collaborazione tra Amministrazione, Servizio Sociale Associato e il gestore del Centro, che hanno evidenziato la necessità di diversificare l’offerta rivolta a disabili, minori e adulti, e di specializzare maggiormente i servizi per la disabilità. Oltre alla creazione di nuovi servizi infatti, il progetto prevede la costituzione di una comunità educativa semiresidenziale destinata a ospitare minori tra i 6 e i 18 anni e la completa ristrutturazione dei locali esistenti, con ampliamento al primo piano; la riorganizzazione dei locali a piano terra e l’ampliamento dell’attività nei locali al piano primo, in modo da poter gestire separatamente adulti, bambini e adolescenti.
Il piano terra dedicato ai “Girasoli” sarà totalmente rivisto con la creazione di un ampio living, un laboratorio multifunzionale, una sala tecnologica, una sala morbida, una sala da pranzo e ampi spazi dedicati alle attività assistenziali; il primo piano dedicato al servizio per minori sarà caratterizzato da spazi dal sapore casalingo che permetteranno attività educative, sociali e di tipo familiare; saranno presenti un ampio living, laboratori, camera da letto e una cucina.
Beneficerà della riqualificazione del centro l’intera struttura polifunzionale di viale Abruzzi 55, dove oltre ai “Girasoli” trovano spazio la comunità alloggio per anziani, nella quale vivono 18 persone e che viene gestita dall’Azienda di Servizi alla Persona di Ravenna, Cervia e Russi, e 21 alloggi, di cui 19 destinati all’emergenza abitativa, assegnati a famiglie sulla base di un progetto sociale concordato con il servizio sociale territoriale.
Il servizio per disabili oggi è attivo dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 15.30 per circa 235 giorni all’anno e tra i vari ambiti è presente un’attività pomeridiana rivolta a minori con disturbi del comportamento denominata “Volpi” e gestita dalla Cooperativa sociale Il Cerchio.
Al via il 28 maggio alla 52esima edizione di “Cervia Città Giardino” Oltre 350mila allestimenti all’insegna dei diritti, del rispetto e dello sport
Cervia Città Giardino torna per la sua 52esima edizione. La principale mostra d’arte floreale a cielo aperto di Europa porta a Cervia oltre 60 squadre di giardinieri in rappresentanza di città, aziende, enti, scuole ed associazioni che, nel mese di maggio, abbelliscono e decorano gli spazi più belli della cittadina.
Al centro dell’edizione di quest’anno il tema dei diritti e il rispetto per l’ambiente, per le persone e per la comunità. A sottolineare i valori di solidarietà e pace che muovono l’esposizione, anche la presenza del Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ospite d’onore all’inaugurazione del 28 maggio (ore 15.30). Con i suoi oltre 350mila allestimenti floreali e le migliaia di metri quadrati di tappeto erboso Cervia vuole omaggiare quest’anno anche il mondo dello sport, valorizzando gli eventi internazionali di cui sarà protagonista: il Tour de France, che per la prima volta nella storia partirà dall’Italia e sarà a Cervia domenica 30 giugno 2024 dove è previsto il km 0, l’Open d’Italia, dal 27 al 30 giugno all’Adriatic Golf Club e Ironman Italy Emilia-Romagna a settembre.
Anteprima di Cervia Città Giardino è l’appuntamento a Milano Marittima di MiMa in Fiore, mostra mercato floreale in programma sabato 25 e domenica 26 maggio che animerà la Rotonda 1° Maggio e viale Gramsci. Il percorso tra i fiori e i profumi del centro si concluderà con “Vialetto degli artisti in fiore’ – moda, arte, artigianato, design”, la mostra inedita allestita lungo il Vialetto degli Artisti (I Traversa sul canalino). Durante tutta l’estate la manifestazione sarà accompagnata da un calendario di eventi collaterali destinati a adulti e bambini, come visite guidate e laboratori Tra questi: la Primavera in Bonsai (17-19 maggio) Sala Rubicone a Cervia a cura dell’Associazione Cervia Bonsai, la Festa dei Diritti al Parco Lento nella pineta di Pinarella e Tagliata, le visite guidate nel Bosco del Duca d’Altemps, visite all’orto botanico dei frutti dimenticati, passeggiate meditative nel verde e un percorso di apicoltura urbana, con laboratori di smielatura e adozione di alveari.
La mostra floreale è allestita fino a settembre e interessa le aree verdi di Cervia, Milano Marittima, Pinarella e Tagliata. Coinvolti nell’edizione 2024 anche gli alunni elle scuole di Cervia, che insieme ai loro docenti ed al pittore ambientalista Alteo Missiroli, hanno dipinto con i colori della pace sagome a forma di margherita che verranno posizionate in alcune aiuole del territorio.
Il primo cittadino Emiliani rimase 24 ore bloccato nel municipio che da un anno è inutilizzato con il trasloco degli uffici nelle scuole. Solo per il patrimonio pubblico servono 9 milioni di euro, ma la ricostruzione non è ancora partita «Più che di risorse avremmo bisogno di personale»
Il sindaco di Sant’Agata sul Santerno apre la porta di quella che era l’aula di informatica delle scuole medie e punta il dito verso una scrivania appoggiata contro un angolo: «Quello è tutto il mio ufficio da un anno». Accanto c’è un piccolo acquario con una decina di pesci rossi: «Erano nella fontana della scuola – dice Enea Emiliani –, sono sopravvissuti al fango come i santagatesi». Attorno, nella stessa stanza, ci sono altre scrivanie: dal giorno dell’alluvione, il 17 maggio 2023, il municipio in piazza è inagibile e tutti gli uffici comunali sono stati trasferiti al piano terra delle scuole in via IV Novembre, stringendo i 260 alunni di elementari e medie al primo piano. L’edificio è più in alto rispetto al livello del paese, dentro arrivarono solo una decina di centimetri di acqua e fango: «In municipio ne avevamo circa un metro e 80, la protezione civile decise che era più rapido ripulire il piano terra della scuola e spostarci qui». Da allora la sala mensa ospita sportelli per il pubblico e le riunioni dei dieci membri del consiglio comunale. Il sindaco e le due assessore si incontrano sotto una cappa aspirante: un piccolo cucinotto è stato svuotato per le riunioni della giunta. La gestione della cosa pubblica è scandita dal suono della campanella ogni ora. E i disagi non mancano. «Ci arrangiamo come possiamo. Dovrebbero sistemare l’ex centro sociale per spostare tutto il Comune in quel palazzo, in attesa che venga ripristinato il vero municipio».
L’edificio in cui lei era la notte tra il 16 e il 17 maggio di un anno fa…
«Ricordo tutto. Dalla tarda serata del 16 aspettavamo la piena. Alle 20.44 facemmo un posto su Facebook per invitare i cittadini a restare ai piani alti per tutta la notte oppure recarsi alle scuole dove c’erano due dipendenti comunali per l’accoglienza. Io ero in municipio con l’assessora Elisa Sgaravato e altri quattro dipendenti: eravamo collegati in videochiamata con la prefettura. In alcuni punti del fiume dopo mezzanotte c’erano delle tracimazioni e l’acqua stava entrando in paese ma non era preoccupante. Poi alle 3.30 ho sentito la voce di qualcuno accanto al prefetto che diceva che si era rotto l’argine a Sant’Agata. Ho aperto la finestra e le strade erano un torrente di fango. È stato davvero come vedere una scena che fino a quel momento avevo visto solo nei film».
E poi?
«Pochi minuti dopo siamo rimasti senza corrente elettrica e poco dopo si sono ovviamente scaricati portatili e telefonini. A quel punto eravamo bloccati in municipio, isolati da tutto. Dalle finestre sentivo le richieste di aiuto gridate dai cittadini e in quel momento ho cominciato a temere chissà quanti morti. Ne abbiamo avuti due, sempre troppi, ma credevo molti di più».
Quando è uscito dal municipio? «Ventiquattro ore dopo abbiamo sentito il rumore di un trattore per le strade allagate e sul rimorchio c’erano i pompieri che ci hanno aiutato: l’acqua mi arrivava al petto. Per un paio di giorni ci siamo appoggiati nel municipio di Massa Lombarda e poi siamo arrivati nelle scuole per essere sul posto».
Gli argini del Santerno avevano mai rotto prima?
«A dicembre del 1959 successe in due punti, all’altezza di Santa Maria in Fabriago e nei pressi del ponte della ferrovia dove ha rotto anche l’anno scorso. Però sessant’anni fa l’acqua andò tutta verso Conselice e Massa, Sant’Agata rimase miracolosamente salva».
In 64 anni è stata fatta la manutenzione necessaria?
«Io ho 42 anni e sono di Sant’Agata, ricordo più di una piena passata senza cedimenti, con la gente a osservare il fiume. Questa volta la quantità di acqua è stata qualcosa senza precedenti, con una frequenza di ritorno calcolata in centinaia di anni».
Quali numeri descrivono l’impatto dell’alluvione sul suo paese?
«Contiamo 2.900 residenti e il 95 percento della popolazione è stato coinvolto. Io ho la fortuna di essere nell’altro 5 percento: personalmente ci ho rimesso solo l’auto con cui ero andato in municipio. Il Comune è il soggetto che deve gestire la ricostruzione dei privati ma a sua volta è un soggetto alluvionato nei suoi immobili: municipio, stadio, palasport, centro sociale, scuole e asilo, farmacia, poste, cimitero e parchi pubblici. In totale, considerando 3,5 milioni di euro di danni per strade e infrastrutture, si stimano 9 milioni di euro di danni al patrimonio pubblico. Per rendere l’idea dell’impatto sulla pubblica amministrazione basta dire che la parte corrente del bilancio comunale è 2,8 milioni».
A che punto è la ricostruzione?
«Di fatto è ancora tutto fermo perché tutto deve passare attraverso la struttura commissariale. Il Comune è intervenuto con 150mila euro di risorse proprie per il ripristino del cimitero e per la farmacia che è privata ma in locali pubblici. Il Commissario Figliuolo ha individuato la società Sogesid partecipata dallo Stato a cui affidare gli interventi sul palazzo della Casa del Contadino che ospitava il centro sociale e ospiterà il Comune in via provvisoria, lo stadio, il palazzetto, la biblioteca e l’ufficio postale che cambierà sede. Però è ancora tutto fermo. Per le strade invece si parla che debba essere Anas a occuparsene. Ora sembra definito chi deve fare cosa, mi auguro non si perda più tempo».
Il ponte della ferrovia sul fiume è ancora chiuso al transito?
«Sì. Prima sono stati rifatti gli argini all’altezza ritenuta necessaria dall’Autorità di bacino per la sicurezza idraulica. Ma il ponte è a una quota inferiore e quindi bisognerebbe aprire una sezione negli argini per ripristinare il binario. L’idea di Rete ferroviaria italiana era quella di predisporre paratie temporanee da aggiungere in casi di emergenza ma quando lo abbiamo saputo abbiamo chiesto che si trovi una soluzione più efficace. Va fatto un ponte più in alto e senza piloni nel letto del fiume che, secondo alcuni esperti, potrebbero aver avuto a loro volta un ruolo nel crollo dell’argine avvenuto proprio in quei pressi. Al momento la linea ferroviaria Lavezzola-Faenza è inattiva e i quattro treni che la servivano per gli studenti sono sostituiti da autobus. Però non credo che nel 2024 si possa pensare di sopprimere linee ferroviarie in maniera definitiva. Al contrario, andrebbe vista come una linea da prolungare perché diventi la Faenza-Ferrara».
Avete ricevuto donazioni?
«In totale circa 800mila euro. Mezzo milione da Corriere della Sera e La7 per le scuole e 250mila euro da Barilla».
Di cosa avrebbe bisogno il Comune di Sant’Agata per gestire la ricostruzione?
«Di personale ancora più che di risorse. Perché stanziare milioni se non c’è il personale per coordinare lavori e pratiche è la cosa peggiore da fare. Siamo un Comune con 8 dipendenti, di cui una a part-time. Già non erano in eccesso per la gestione dell’ordinaria amministrazione. Ora c’è tutto il lavoro straordinario, con l’aggravante che il Comune per primo è un soggetto alluvionato che opera in spazi e condizioni provvisori. La cosa più efficace da fare, secondo il mio parere, sarebbe stato inviare qua sul posto una task force della struttura commissariale dedicata solo alla gestione della ricostruzione, lasciando al Comune il disbrigo dell’ordinario. Come fece, in alcune località dell’Emilia, Vasco Errani nel ruolo di commissario per il terremoto nel 2012. Invece ora la normativa poggia tutto sui Comuni».
Lo scorso ottobre il Governo parlò di 250 nuove assunzioni a tempo determinato nei Comuni alluvionati per le pratiche di ricostruzione. Sono state fatte?
«Ne erano previste 216 per l’Emilia-Romagna ma nulla è stato fatto perché nel decreto è scritto di attingere dalle graduatorie in essere senza rendersi conto che erano già tutte spolpate. I Comuni, noi compresi, abbiamo fatto nuovi concorsi e le nuove liste sono pronte ma fino a quando non viene corretto il decreto non si può procedere. Basta un emendamento alla legge eppure lo attendiamo da ottobre. Mi sembra incredibile. E la gente in graduatoria intanto sta cercando altri impieghi».
Con le elezioni di giugno si chiuderà il suo secondo mandato. Non si è candidato per il terzo. Cosa farà?
«Prima dell’alluvione avevo già deciso e comunicato alla mia squadra che non mi sarei più candidato. Due mandati penso che debbano bastare per chiunque in qualunque comune. Penso sia uno sbaglio la legge che toglie il limite ai mandati consecutivi nei paesi sotto ai cinquemila abitanti. Mi sembra un modo sbagliato per affrontare la difficoltà di trovare candidati: i partiti devono tornare a essere scuole per politici. Io tornerò al mio lavoro alla Confartigianato di Lugo».
Quali sono i ricordi più positivi dei dieci anni da primo cittadino?
«Tra le cose fatte metto la rotatoria all’incrocio con via Bastia che ha dato sicurezza in un punto dove transitano 20mila veicoli ogni giorno. E la nascita del grande parco Vatrenus che prima era un campo di erba medica, ora purtroppo è da ricostruire. Però voglio citare anche il fatto di essermi trovato unico candidato nel 2019: mi piace leggerlo come la testimonianza di aver fatto un lavoro di coesione della comunità nei cinque anni precedenti».
La coesione è rimasta dopo l’alluvione?
«Con la squadra di lavoro l’unione non è mai mancata. Con la popolazione qualcosa è cambiato. Ma se il 95 percento dei tuoi cittadini è stato alluvionato, difficilmente puoi attraversare la piazza del paese e non incontrare qualcuno che se la prende con il sindaco. Ci sta. Mi dispiace solo che siano state dette cose inesatte, come che ero scappato quando non davo notizie di me perché ero bloccato e isolato in municipio. C’erano ragioni per querelare molte persone, ma non l’ho fatto perché in certi momenti bisogna anche incassare».
La scrittrice milanese a Scrittura Festival: «I miei libri sono arrivati più lontani di quello che pensavo»
Foto di Chiara Stampacchia
Nata a Milano nel 1986, dopo il diploma al liceo classico si trasferisce a Pisa per studiare filosofia alla Normale e a Parigi per un dottorato alla Sorbonne nello stesso ambito. Ilaria Gaspari è più di una promessa della scena filosofica contemporenea. Non si definisce però una filosofa, ma una «scrittrice che ha studiato filosofia».
Nel 2015 pubblica il primo libro per Voland, Etica dell’acquario, un romanzo noir a cui sono seguiti Ragioni e sentimenti (Sonzogno, 2018). Lezioni di felicità, Vita segreta delle emozioni e Cenerentole e sorellastre (Einaudi 2019, 2021 e 2022). Oltre al lavoro da autrice, collabora con testate giornalistiche e podcast, conduce una trasmissione su Radio 3 e tiene corsi di scrittura alla Scuola Holden di Torino e all’Omero di Roma.
Gaspari sarà a Ravenna sabato 18 maggio (ore 21) in un dialogo con Gianni Gozzoli negli spazi della biblioteca Classense. L’autrice presenterà la sua ultima pubblicazione La reputazione nell’ambito di ScrittuRa Festival.
Cosa significa essere una filosofa al giorno d’oggi, dov’è la linea tra lo scrittore e il filosofo? «È una domanda a cui non è semplice rispondere: il mio percorso di studi mi permette di poter spaziare tra diversi temi nella mia scrittura, interrogandomi sul senso delle parole e costruendo ragionamenti il più possibile complessi e articolati. Io per prima però non mi definirei una filosofa, ma una scrittrice che ha studiato filosofia. Quello che racconto nei miei libri attinge inevitabilmente dai miei studi: sia in ambito puramente narrativo, sia quando affronto tematiche relative alle emozioni e alla felicità, temi trasversali e comuni a tutti, ma propri del pensiero filosofico. La filosofia si occupa di questioni che non sono così distanti dalla vita reale, anche se dall’esterno si tende a pensare al contrario».
Il suo libro d’esordio, Etica dell’acquario (Voland, 2015) è romanzo noir, mentre le pubblicazioni successive sono più incentrate su una scrittura filosofica nel senso più tradizionale del termine. Questo cambio di stile è stato dettato dalla voglia di sperimentare o da una necessità? «Lo definirei più un processo naturale. Personalmente, mi diverto molto di più a scrivere narrativa pura, credo sia un esercizio divertente e creativo. Ad un certo punto però, ho voluto provare a riprendere in mano ciò che avevo studiato durante gli anni dell’università e del dottorato, trasformandolo in un racconto. Una sorta di sperimentazione, volta a mettere in comunicazione filosofia e narrativa, anche con l’idea di tornare al romanzo con un “bagaglio” in più».
Possiamo dire che questo connubio tra narrativa e filosofia si rifà al mito greco o al romanzo filosofico illuminista?
«Assolutamente, partendo da Platone e passando per Montaigne, Nietzsche e Kierkegaard, il binomio tra racconto e filosofia è ben radicato nella storia, raggiungendo il suo apice durante l’illuminismo, tra gli scritti di Voltaire e Diderot. Non ho inventato nulla, e naturalmente non mi sto paragonando a nessuno dei citati: penso solo che il romanzo filosofico sia un genere ben definito, di cui si ha oggi molto bisogno. Abbiamo bisogno di capire quanto la filosofia sia viva ancora oggi e quanto sia essenziale per rivolgere sguardi più complessi a ciò che ci circonda».
La sua ultima pubblicazione La Reputazione (Guanda, 2024) è appunto un ritorno alla narrativa, senza mancare però di sottotesti di carattere più filosofico. Può dirci qualcosa sul romanzo? «Ho scritto questa storia ispirandomi a un fatto di cronaca francese di fine anni 60, ambientato a Orleans. In quegli anni in Francia iniziavano ad aprire i primi negozi di abbigliamento dedicati alla moda adolescenziale. Queste attività però non erano viste di buon occhio, anzi, giravano spesso voci al riguardo di ragazzine scomparse, anche se si trattava per lo più di calunnia antisemita. La mia storia è ambientata all’interno di Josephine, un atelier di Roma dei primi anni ’80. A gestire il negozio, la francese Marie-France e il socio ebreo-romano Giosuè. Gli affari nella capitale vanno a gonfie vele, fino all’improvviso susseguirsi di strani avvenimenti, accompagnati da spietate dicerie. Ad accompagnare la trama, una riflessione sul peso dello sguardo e delle parole degli altri nei confronti della nostra identità. Dopotutto, il negozio di vestiti è un luogo che si frequenta per riscrivere la propria immagine, e dove il desiderio di apparire in un certo modo si sovrappone alla realtà della nostra apparenza».
La sua produzione editoriale è serrata e sorprendente, come riesce a mantenere questi ritmi di scrittura? «Sono molto veloce e ho tante idee, anzi, forse troppe. Realizzo un decimo delle cose che penso. La mia fortuna è quella di riuscire a scrivere nelle situazioni più disparate: in treno, in albergo, in qualsiasi luogo… sono in grado di dormire e scrivere dappertutto! Vivo la scrittura come un processo del tutto istintivo, non ho mai sperimentato un “blocco dello scrittore”, anche se so che prima o poi accadrà. Scrivo di getto, senza troppe revisioni: in questi anni ho avuto anche modo di incontrare ottimi editor, puntuali nelle indicazioni senza mai essere invadenti nella correzione. Sulla lingua però sono molto attenta, revisiono l’uso delle parole in maniera quasi maniacale».
Oltre al lavoro di autrice, anche quello di docente di scrittura creativa alla Scuola Holden di Torino e all’Omero di Roma. Come funziona il lavoro di writing coach?
«Non avendo mai frequentato scuole di scrittura prima di questi incarichi, ho dovuto inventarmi un metodo basato sulla mia esperienza. Nelle mie lezioni non mi concentro sugli aspetti tecnici della scrittura, quanto su quelli psicologici, cercando di fare un lavoro personalizzato. Indago le loro motivazioni, cercando di capire cosa vogliono trasmettere con le loro opere. Credo che “insegnare a scrivere” sia una cosa impossibile. Nessuno diventa scrittore se non prova già una forte inclinazione dentro di sé. Si può insegnare però come trattare un argomento specifico e soprattutto, come leggere davvero».
Qual è invece il rapporto tra una filosofa contemporanea e i social network?
«Una relazione molto naïf, anche perché li trovo un’arma a doppio taglio. Se da un lato sono utili per veicolare notizie e informazioni, anche in ambito lavorativo, dall’altro sono in grado di promuovere forme di conformismo, di misurare il gradimento degli altri e di spingere a una costante ricerca di prestigio e adulazione. Uso i miei profili come diario, cercando di sfruttare le opportunità artistiche e narrative delle piattaforme per costruire un’immagine che mi rispecchi nel modo più reale possibile. Quando comunico sui social cerco comunque di andare in profondità, spostando l’attenzione dal personale a una riflessione universale».
Se sui social network esporsi può diventare un’arma a doppio taglio, l’ambiente culturale è comunemente percepito come una dimensione aperta e all’avanguardia. Ha mai riscontrato invece qualche difficoltà in quanto donna in ambito accademico e lavorativo? «Ovviamente sì, e tante. Il mio modo di affrontare gli ostacoli di questa natura è semplice: li ignoro e non mi lascio scoraggiare. Questo secondo me è un grande gesto femminista. Sono una donna molto sorridente, e a una prima occhiata potrei sembrare un’oca giuliva. Molti pensano che sia proprio così, ma a me non importa. Da giovane ho provato ad addomesticare il mio lato più entusiasta e gentile per cercare di corrispondere a un’immagine più austera, ma non sono fatta per interpretare un personaggio: sono proprio la ricerca di libertà e emancipazione a guidare il mio lavoro, e non voglio indossare maschere. Da quando ho capito che i pregiudizi feriscono più chi li pensa che chi li subisce, non nascondo più il mio lato frivolo».
In una vecchia intervista sosteneva di aver perso tanto tempo nella tua vita, sente di starne perdendo ancora?
«Oggi in realtà ho tanta nostalgia di quel tempo perduto. Negli ultimi anni, i miei libri sono arrivati più lontani di ciò che pensavo, questo mi rende felice, ma aumenta il carico dei miei impegni, con un lavoro di conferenziera nato un po’ dal nulla. Sono arrivata dove volevo arrivare: nelle scuole, nelle biblioteche, nei centri della cultura, ma sono sempre in viaggio, non ho ancora imparato come risparmiarmi. È come se oggi avessi trovato dei “nuovi modi” di perdere tempo, ma il tempo perso in passato è stato estremamente utile per darmi le energie per vivere questa nuova fase. Credo che la perdita di tempo sia una vera e propria esigenza nella vita di un creativo, anche se è un lusso che si possono permettere in pochi, e spesso con grandi sacrifici».
Cosa vede nel suo futuro?
«Una maggiore saggezza nel gestire il mio tempo e le mie energie. Non so per quanto potrò continuare a correre così tanto! Per il resto libri, tanti libri, e la possibilità di poter portare sempre di più la mia esperienza e il mio lavoro dove più ce n’è bisogno, come all’interno delle carceri. I contribuiti che posso dare alla società sono le mie parole, le mie storie, e voglio metterle a disposizione di chi ne ha necessità».
I poliziotti lo hanno “scortato” fino a Pesaro, dove ha potuto riabbracciare i suoi connazionali
Nei giorni scorsi un anziano turista tedesco è stato notato dagli agenti del posto di polizia ferroviaria aggirarsi in stazione a Ravenna in preda a un evidente stato di apprensione. L’uomo ha quindi raccontato ai poliziotti che si era perso durante la gita a Ravenna con una comitiva di connazionali, con cui era giunto in Italia in pullman.
Sono quindi subito scattati gli accertamenti che hanno consentito ai poliziotti di verificare che il gruppo di turisti si trovava già in viaggio alla volta di Pesaro. Dopo aver tranquillizzato l’anziano è partita una sorta di staffetta di solidarietà che ha visto coinvolti anche gli uomini della Polfer di Rimini. Un agente in servizio a Ravenna, al termine del proprio turno di lavoro, si è offerto di “scortare” l’uomo fino a Cesenatico, dove ha trovato ad attenderlo i colleghi di Rimini, i quali hanno affidato l’anziano al capo treno del convoglio diretto a Pesaro, dove il cittadino tedesco ha potuto finalmente riabbracciare gli altri connazionali.