A San Diego il 30 aprile 1992 la barca dell’imprenditore ravennate fu la prima non anglofona a conquistare l’accesso in Coppa America in 141 anni di storia. Leo Porcari, segretario del tycoon, era là: «Raul non si accontentava mai»
La vicenda del Moro di Venezia è legata a doppio filo con quella di Raul Gardini, imprenditore ravennate che alla guida del Gruppo Ferruzzi realizzò negli anni Ottanta una delle operazioni più spettacolari della storia della economia italiana: l’acquisizione della Montedison. Sostenuto dall’impegno finanziario e tecnologico del grande gruppo industriale e chimico del paese, l’armatore bizantino diede vita nel 1989 a un progetto tanto ambizioso, quanto visionario. In poco meno di due anni furono costruite cinque imbarcazioni, l’ultima delle quali, il Moro di Venezia V, fu varata a San Diego il 16 dicembre del 1991 e fu scelta poco più di un mese dopo per competere alla Louis Vuitton Cup. Giunto terzo al termine della fase a Round Robin, lo scafo condotto da Cayard sorprese in semifinale i partecipanti francesi e giapponesi, eliminandoli, per poi sconfiggere 5-3 nella serie finale, disputata dal 25 febbraio al 30 aprile 1992, i favoritissimi neozelandesi di New Zealand Challenge.
Raggiunto un obiettivo così importante, l’imprenditore ravennate infatti non si voleva certo fermare sul più bello e non voleva correre certo il rischio di ricoprire il ruolo di comparsa nella Coppa America. «Gardini voleva vincere, ma era preoccupato perché la Montedison nel frattempo gli aveva tagliato i finanziamenti. Non era una persona che faceva trasparire ciò che provava, ma era chiaro che fosse sua intenzione continuare a investire nella tecnologia. Lui era uscito dal Gruppo Ferruzzi l’anno prima, nel giugno del 1992, e tutto ciò non gli fu permesso dai nuovi vertici del gruppo industriale, Sama e Garofano».
Il resto è storia, dalla morte di Gardini il 23 luglio 1993 fino al restauro, al termine degli anni Novanta, della barca, che nel 2006 è stata messa in vendita su eBay. «Purtroppo non è rimasto più nulla di quella avventura così eccezionale. Quella della Louis Vuitton Cup è stata una delle ultime grandi vittorie di Gardini, ma tutto poi è stato soffocato».
Travolto, l’imprenditore ravennate, dallo scandalo Tangentopoli, come tanti altri. «Macché travolto, lui era un combattente. Non si è ammazzato, non si è sparato. È stato tenuto sulla graticola per quattro mesi, durante i quali tutti i giorni chiedeva di essere interrogato dai magistrati, perché voleva dire le sue verità. Se avesse potuto – termina Porcari – Gardini avrebbe lottato ancora a lungo».