Il secondo scafo dei cinque voluti da Raul Gardini per la Coppa America 1992 è ancora in laguna, ospitato gratuitamente all’Arsenale: compare anche in un video che celebra i 1600 anni di storia della Serenissima. L’equipaggio conta una decina di membri del team di 30 anni fa
Il Moro 2 che ora compare nel video invece venne varato il 7 agosto 1990 a Palma di Maiorca, dove l’equipaggio aveva fatto base per gli allenamenti, Nel 2014 divenne di proprietà di una coppia di umbri, appassionati del mito ma poco avvezzi alla vela vera. L’hanno venduto nel 2019 a Gianfranco Natali, imprenditore ancora di origini umbre che opera nel settore automotive. La città dei Dogi gli offre ospitalità gratuita nella cornice sontuosa dell’Arsenale considerandolo un patrimonio. La barca è ambassador al salone nautico fino al 6 giugno.
Il romano Duilio “Dudi” Coletti era a bordo trent’anni fa e oggi è il comandante. Che approccio ha impostato Natali?
«Si è presentato dicendo che l’armatore era e resta Gardini, e lui vuole solo mantenerla operativa. Sono state parole bellissime».
La barca è esattamente come era?
«Rispetto all’originale è stato cambiato l’albero perché si ruppe a San Diego negli allenamenti per il mondiale del 1991. Ora c’è un albero di 4-5 metri più alto. I vecchi proprietari avevano anche montato un po’ di arredi sotto coperta per usarla come yacht da crociera, ma non è il suo impiego».
Perché?
«È come se fosse una Formula Uno. È una barca progettata appositamente pensando alle condizioni che avrebbe trovato a San Diego: quando il vento arriva attorno a 12-14 nodi sei già al limite e devi stare attento per non rompere niente. Bisogna saperci fare. E poi in cabina non si sta in piedi: stiamo togliendo tutti gli arredi aggiunti perché sia una barca da regate».
A quali avete partecipato?
«Di solito le due-tre più storiche che si svolgono in ottobre, tra cui la Barcolana e Venice Hospitality. E ogni volta è la barca che attira più curiosi e appassionati per vederla da vicino o per farsi una foto».
«La conformazione classica da Coppa America sarebbe sedici più un ospite che a quel tempo era Gardini. Cerchiamo di rispettare quell’assetto: magari arriviamo a 18-20 in totale. Di solito siamo una decina di quelli che c’erano in California: abbiamo anche il gruppo “Moro Forever” su Whatspp e ci teniamo in contatto ancora con grande armonia. Poi completiamo la squadra con alcuni giovani appassionati: è bellissimo perché nessuno di loro era già nato a quei tempi ma hanno preso la passione dai genitori o da soli».
Dopo trent’anni siete ancora in contatto nel team. È una cosa comune?
«Non è così frequente. Abbiamo passato insieme alcuni anni per la preparazione e si era creato un affiatamento davvero bello. In questo credo abbia avuto un ruolo anche Raul con il suo grande carisma. Il merito va anche ai fratelli Enrico e Tommaso Chieffi che allora avevano scelto i partecipanti alle selezioni».
Quali sono i costi di gestione per tenere in vita il Moro?
«Non sono così proibitivi. È fatta in carbonio che non ha particolari costi di manutenzione, sarebbe diverso se fosse in legno. Certo, alcuni elementi ogni tanto vanno sostituiti e tocca farli fare a mano. Poi ci sono le vele che ogni due tre anni vanno cambiate».
Il Moro 3 è a Ravenna, esposto su un sostegno. Le piace vederlo così?
«Tenerlo a terra riduce gli interventi di manutenzione da fare ogni anno, si può capire il senso. Però così è visibile solo da sotto, si perde il fascino del pozzetto. Si potrebbe pensare di smontare il bulbo per abbassarla e renderla visibile. America 3, la barca avversaria nel 1992, è tenuta così da Bill Koch nel suo porto turistico».
Che fine hanno fatto le barche di Raul Gardini costruite per la Coppa America 1992?
Ecco la storia di ognuna: