La rabbia di Legambiente: «Quei soldi riusciranno a malapena
a ripagare la sabbia andata persa per colpa della subsidenza…»
Un accordo che deve essere ancora formalizzato ufficialmente ma che ha già scatenato le reazioni dei circoli Legambiente di Ravenna e della Bassa Romagna. «Siamo stupiti – si legge in una nota – che di fronte alla mole di dati già disponibili da anni, che mettono in relazione l’abbassamento del suolo con le attività umane, in particolar modo l’estrazione di acqua e metano dal sottosuolo, si debba ancora “studiare” la subsidenza. Basterebbe infatti fare una passeggiata a Lido di Dante, che sta scomparendo, oppure consultare i documenti ufficiali di Arpa e Regione Emilia-Romagna, a partire dal piano di difesa della costa, per accorgersi della gravità del problema».
Legambiente già lo scorso anno organizzò un convegno a Ravenna, con la partecipazione di parlamentari, tecnici ed esperti, in cui vennero presentati i dati delle ricerche effettuate negli ultimi decenni, da cui risulta che se la subsidenza naturale sulla costa emiliano-romagnola può attestarsi su circa 3 millimetri l’anno, tutto il resto, con abbassamenti in alcuni casi anche di 2 centimetri l’anno, va imputato alle attività umane, tra cui l’estrazione di metano. In quella sede vennero inoltre evidenziati i costi per la collettività per riparare ai danni della subsidenza, a fronte invece delle royalties corrisposte dalle aziende per poter trivellare in mare e terraferma. «Purtroppo il sindaco Matteucci, benché invitato, non partecipò a quel convegno – chiosano gli esponenti di Legambiente – ma potrebbe consultare il dossier che realizzò Legambiente (e che gli fu inviato a suo tempo) utilizzando i documenti di Arpa e Regione, da cui risulta chiaro come i soldi stanziati da Eni per i prossimi 3 anni riusciranno forse a malapena a ripagare la sabbia andata persa per colpa della subsidenza».
Secondo i dati di Arpa e Regione, dagli anni ’50 a oggi sarebbero già andati persi sulla costa emiliano-romagnola qualcosa come 100 milioni di metri cubi di sabbia, con un danno di circa 1,3 miliardi di euro, senza contare poi i costi derivanti dalla necessità di interventi per tutelare i centri abitati e l’adeguamento delle opere di bonifica.
«Da un certo punto di vista invidiamo le certezze del Comune, che si spinge addirittura ad impegnarsi a chiedere alla Regione Emilia-Romagna di rivedere le moratorie a nuove concessioni per l’estrazione di gas – hanno concluso gli esponenti di Legambiente – noi invece abbiamo molti dubbi, non vorremmo che la prosecuzione di questo modello di sviluppo, basato sullo sfruttamento del territorio, si traducesse in un beneficio effimero e per pochi, con danni permanenti per tutti: non solo all’ambiente, ma anche all’economia di questi territori».