Frank Zappa: genio fuori dagli schemi che intreccia classica e pop, rock e jazz

Zappa

Al Ravenna Festival l’opera “The Yellow Shark” eseguita dal Parco della Musica Contemporanea Ensemble, il 9 giugno al Pala De André

L’esecuzione di The Yellow Shark di Frank Zappa – il 9 giugno al Pala De André – è indubbiamente uno degli highlight di Ravenna Festival 2023. E intreccia due ricorrenze che riguardano il celebre musicista americano: il 30esimo anniversario della sua morte e il 50esimo anniversario del primo concerto in assoluto fatto da Zappa in Italia,  Bologna.

Frank Vincent Zappa, nato a Baltimora il 21 dicembre 1940 e scomparso, a causa di un tumore, a Los Angeles il 4 dicembre 1993, «è stato un compositore, chitarrista, cantante e polistrumentista statunitense», recita Wikipedia, aggiungendo che è «considerato uno dei maggiori talenti musicali del XX Secolo». Che altro dire? Molto, anzi moltissimo, è stato scritto su una mente musicale così vulcanica, su un personaggio volutamente sopra le righe, fuori da qualsiasi schema, quale è sempre stato, e di conseguenza scomodo all’establishment, discografico e non solo, tanto da rendere appunto arduo l’aggiungere qualcosa. Quello zappiano è un vero e proprio microcosmo sonoro, che tanto micro poi non è, in cui si ritrovano rock e pop di svariata foggia, dal doo wop in avanti, influenze di compositori accademici – Stravinskij e Varèse su tutti -, jazz, sperimentazioni elettroniche. Il tutto condito con una vena ironica, dissacrante, che si è immancabilmente interfacciata con una meticolosità professionale maniacale. Caratteristiche ben difficili da trovare tutte insieme in una sola personalità artistica, ma che invece in Frank Zappa hanno trovato un mirabile, straordinario bilanciamento.

Biglietto Zappa BolognaE di dimensioni impressionanti è la sua produzione, rendendo tutt’altro che semplice l’accostarsi a una discografia in costante aggiornamento, con registrazioni inedite dal vivo e in studio pescate in uno sterminato archivio. Eppure dei punti fermi, imprescindibili, ci sono, ad iniziare dalla stagione delle Mothers of Invention originarie: il doppio Freak Out! d’esordio, i successivi Absolutely Free e Uncle Meat sono ancora materia viva, a volte grezza ma sempre illuminante di un modus operandi avventuroso, che nel beffardo Were only in it for the money, esprime una feroce satira della società americana ma anche della controcultura hippy. E poi c’è Hot Rats, affresco rockblues-jazz di tuttora stordente intensità. Della cosiddetta “vaudeville band” dei primi Settanta, si consiglia il box The Mothers 1971, con i leggendari Fillmore East Tapes con John Lennon e Yoko Ono. The Grand Wazoo è una parentesi jazz orchestrale di notevolissimo impatto. Roxy & Elsewhere è un buon documento delle Mothers anni Settanta. Dal vivo è pure Zappa in New York, con registrazioni del dicembre 1976. Tinsel Town Rebellion e You Are What You Is vanno bene per testare lo Zappa canzonettistico, pungente come non mai, degli anni Ottanta, decennio chiuso con l’ultimo, spettacolare tour di Broadway The Hard Way e di The Best Band You Never Heard in Your Life. E poi c’è The Yellow Shark, summa della sua mirabolante poetica sonora. Ma di questo, e di altro, si parla in seguito. Intanto, un ascolto ai dischi sopracitati – ma ce ne sarebbero anche molti altri – non può che fare bene alle orecchie e al cervello. Aprite entrambi e ne trarrete sicuro beneficio.

The Yellow Shark, partitura dadaista. Parla il direttore Tonino Battista dell’ensemble PMCE alle prese con l’opera di Zappa

A proporre The Yellow Shark, che rimane una delle pagine più emblematiche ed entusiasmanti dell’intero corpus zappiano, sarà il PMCE – Parco della Musica Contemporanea Ensemble, i cui componenti si disimpegnano abitualmente tra autori come Arvo Pärt, Philip Glass, Steve Reich e molti altri, incluso Frank Zappa, appunto. D’obbligo, quindi, un incontro con Tonino Battista, direttore principale e coordinatore artistico dal 2009 della stessa orchestra romana.

Come collocherebbe l’opera di Frank Zappa nel quadro delle musiche del Novecento?
«Sulla copertina di Freak Out!, tra le varie figure rappresentate troviamo Salvador Dalì, del quale andrebbe valutata l’influenza significativa sul lavoro di Zappa: personalmente direi che l’influenza di Dalì sull’opera zappiana è da attribuire alla sua venatura dadaista, più che alla figura del surrealista. Lo stesso Zappa ha spesso riconosciuto l’ispirazione Dada di molti suoi lavori: per esempio, il manifesto che pubblicizzava il concerto delle Mothers of Invention a Boston nel 1969, con la Monna Lisa adornata dall’iconico pizzetto zappiano, è indubbiamente una delle sue più memorabili espressioni anti-estetiche di matrice Dada. Se quindi consideriamo il punto di partenza della poetica di Zappa, in cui la dislocazione e la frammentazione sono usate ad arte per destabilizzare le convenzioni di trasparenza e immediatezza proprie dei linguaggi del rock, del pop e del jazz, e dei loro sottogeneri, questa poetica può essere compresa solo attraverso forme alternative di continuità concettuale, che esulano dal discorso narrativo consequenziale cui fa ricorso molta musica, soprattutto musica di consumo. In questo processo è il suono in quanto tale a richiedere attenzione, piuttosto che essere esso stesso veicolo di emozioni. È in questo aspetto che la musica di Zappa sembra essere in accordo con la produzione delle avanguardie musicali a lui coeve, al concetto di work-inprogress, paradigma del mondo progressista, che indebolisce le barriere tra produzione artistica e consumo, mettendo in rilievo la matericità del suono e della musica. Questa è l’idea di composizione zappiana: lui stesso descrive l’atto compositivo come “processo di organizzazione con qualsivoglia medium” e la musica come assemblaggio di “insospettabili molecole di aria” risultanti dalla “decorazione di frammenti nel tempo”».

Frank Zappa 2Secondo lei Zappa è stato un musicista rock con ambizioni “colte” oppure un compositore prestato alla chitarra e al rock?
«Zappa ha sempre ritenuto i suoi “assolo” chitarristici come composizioni estemporanee che prendevano posto disciplinatamente nei layers del brano. Nell’atto “solistico” non intendeva trasporre il cliché da guitar-hero in voga in quegli anni: i suoi interventi raramente sovrastano il suono dell’insieme. È documentato – per esempio, lo dichiara il suo alter ego chitarristico Steve Vai – che molte delle songs di Zappa siano state concepite alla chitarra, anche durante i viaggi in aereo. Eppure, la vastità della mole della sua produzione e la complessità delle sue composizioni, denunciano una statura che va ben oltre una semplice ambizione “colta”, una levatura artistica che stride a confronto di una semplice figura di compositore relegato al mondo del rock. Lui veniva dal blues, e lo dimostrava ampiamente nell’approccio impprovvisativo, complementare all’atto creativocompositivo. Zappa è, dunque, la versione attualizzata del compositore di altri tempi, il musicista che aveva le mani sporche del suono dello strumento che usava per le sue composizioni».

The Yellow Shark è di solito indicato tra i lavori più rappresentativi dello Zappa compositore: cosa ne pensa?
«The Yellow Shark è il vero trait-d’union tra il versante zappiano più imparentato con le sonorità maturate nel rock e l’estetica astratta dei linguaggi dell’avanguardia post-darmstadtiana. È una suite di 16 brani ricavata dalla rielaborazione-trascrizionericomposizione di alcuni lavori precedenti. Tra questi anche degli hit che si trovano in varie versioni in album differenti, come in Uncle Meat, e anche brani di denuncia ecologica o sociale. E non mancano le graffianti satire socio-politiche. The Yellow Shark è una grande suite, quindi, che contiene nei suoi circa 60 minuti le più disparate accezioni della musica: dalla citazione del carnevale tedesco con la “Narhalla March” a “Louie Louie”, al brano dal titolo più zappiano della discografia zappiana, “Questi cazzi di Piccione”. Chiude la suite un brano che era considerato impossible to play, “G-Spot Tornado”, realizzato da Zappa al Synclavier e reso “possibile” dall’interpretazione dell’Ensemble Modern di Francoforte».

Zappa Yellow Shark

Come vi siete avvicinati a The Yellow Shark, a trent’anni dalle prime esecuzioni da parte dell’Ensemble Modern?
«The Yellow Shark concretizza in maniera esemplare l’incontro tra la spontaneità dell’improvvisazione e il controllo dell’atto compositivo, a cui aggiungerei il gesto fisico dal quale il suono scaturisce. Il tentativo messo in atto da Zappa di coinvolgere i musicisti dell’Ensemble Modern – che come noi provenivano fondamentalmente da un training accademico – ha reso possibile la realizzazione di tutto ciò. Quando, con il PMCE, abbiamo deciso di misurarci con quest’opera, abbiamo dovuto necessariamente fare i conti con la registrazione dell’Ensemble Modern: dopo aver assorbito e maturato le inflessioni interpretative e assimilato anche le parti legate all’improvvisazione, abbiamo ritenuto che la possibile “umanizzazione” scaturita dal lavoro degli interpreti tedeschi andasse a sua volta “umanizzata” con un aggiornamento di carattere italico, viste le ascendenze siciliane di Zappa. Non per presunzione, ma il lavoro fatto ci ha dato un’opportunità in più di crescere nella dimensione e nella direzione che sin dalla fondazione del PMCE è stata ispiratrice del percorso fatto e di quello futuro: rendere sempre più evanescenti le barriere della musica e guardare a una nuova declinazione del musicista, curioso, interessato e esigente, desideroso della diversità e nello stesso tempo audace nel praticarla. Quale faro migliore di Frank Zappa!»

Quale è l’eredità più importante lasciata da Frank Zappa?
«La sollecitazione a reagire al gesto del direttoreimprovvisatore, di cui come detto alcuni brani di The Yellow Shark fanno uso, metteva Zappa alla pari delle sperimentazioni di Stockhausen e degli altri compositori che facevano uso di notazione anticonvenzionale e di tecniche direttoriali non ortodosse. Il lascito di questa ulteriore sperimentazione zappiana è lungimirante e rende indispensabile la collaborazione di uno strumentista sempre più formato alla gestione di linguaggi plurimi e di situazioni non accademiche. Andrei oltre: mi piacerebbe se, sempre più, nel presente e nel futuro, si tornasse a considerare attuale il musicistastrumentista-compositore al posto dello specialista nella composizione che spesso non ha rapporto diretto con la prassi performativa. Stiamo andando in questa direzione, ne sono certo, anche grazie alla figura e all’eredità di Frank Zappa».

 

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