Servillo: «Sono un interprete autodidatta, che cerca di cancellare i luoghi comuni»

La voce degli Avion Travel a Cesena con il suo progetto jazz che omaggia Lucio Battisti: «È stato uno degli autori che mi hanno formato: andava controcorrente»

Peppe Servillo

Cantante, attore, compositore, sceneggiatore, Peppe Servillo è tra le figure più eclettiche del panorama culturale italiano. Divenuto popolare con i suoi Avion Travel, è impegnato da diversi anni, tra le altre cose, anche con un gruppo di jazzisti di caratura internazionale, con cui arriverà (domenica 24 marzo alle 21) al Bonci di Cesena per un omaggio a Lucio Battisti.

Qual è il suo ricordo personale di Battisti?
«È uno degli autori della musica popolare con i quali mi sono formato fin da ragazzino, che ha fornito anche spesso chiavi di lettura per il mio malessere da adolescente, andando controcorrente in un clima di esplosione del consumismo. Poi la consapevolezza del suo valore è maturata nel tempo e qualche anno fa con i miei compagni abituali (Javier Girotto, che si è occupato degli arrangiamenti, al sax, Fabrizio Bosso alla tromba, Furio Di Castri al contrabbasso, Rita Marcotulli al pianoforte e Mattia Barbieri alla batteria, ndr) abbiamo iniziato a lavorarci. Da diverso tempo eseguiamo questo repertorio (20 grandi canzoni dell’epoca di Mogol, ndr) e ogni replica è un approfondimento ulteriore, davanti a un pubblico che ne ha memoria e quindi ha strumenti per comparare».
L’ha sopreso qualcosa in particolare del variegato repertorio di Battisti?
«Diciamo che spesso i grandi artisti come Battisti vengono ricordati con luoghi comuni che spesso ne possono tradire i contenuti. E il nostro compito è evitare che questo accada. Affrontando in maniera professionale Battisti ne viene fuori la profondità e il valore, soprattutto nell’esibizione dal vivo credo che la tradizione venga restituita e resa attuale e universale».
Perché ha deciso di utilizzare l’arma del jazz per omaggiare grandi autori popolari?
«Il jazz si è sempre nutrito di musica popolare, anche in ambiti recenti. Per certi versi quindi non c’è nulla di nuovo e il jazz italiano in particolare è da diverso tempo che si approccia alla canzone d’autore. Personalmente mi sono sempre accostato al jazz con grande rispetto, fin da quando mi ci sono avvicinato grazie a Roberto Gatto (grande batterista jazz italiano con cui Servillo ha collaborato a fine anni novanta, ndr)».
A proposito di musica italiana, invece, cosa ne pensa dell’ultimo Sanremo, lei che l’ha vinto nel 2000 con gli Avion Travel, e delle polemiche che ci sono state sul vincitore?
«Le polemiche servono solo per accendere il clamore. In quelle sere lavoravo e ho risentito le canzoni nei giorni seguenti, apprezzando molto quella che ha vinto, con un bel testo e una bella voce».
Qual è la differenza tra interpretare canzoni altrui e suonare le proprie?
«La responsabilità da interprete è maggiore: un vero interprete se affronta bene un autore importante finisce in qualche modo in minima parte per essere anche un po’ autore. E se poi non si conosce l’autore, la responsabilità è ancora maggiore».
Lei porta avanti anche una carriera di attore e ha preso parte a progetti diversissimi uno dall’altro, qual è la filosofia che sta dietro le sue scelte?
«Purtroppo non ho avuto la fortuna di studiare in questi ambiti, sono sempre stato un autodidatta e così vedo ogni occasione come un momento di approfondimento del mio mestiere. Che sia recitazione o musica, il mio modo di affrontare i testi non cambia, mi sento un interprete che recità con musicalità e canta puntando sull’espressività».
Sta già lavorando su qualche nuovo autore? È alla ricerca di nuova musica da ascoltare?
«Sto preparando insieme a Danilo Rea uno spettacolo sugli autori genovesi. Cerco sempre di approfondire musicalmente quello che posso, recentemente ho spesso l’occasione di frequentare l’Accademia di Santa Cecilia e credo proprio che andrò presto ad ascoltare Brahms…».

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