Chi è senza “esse romagnola” scagli la prima pietra

Uno come Andrea Sasdelli da Alfonsine, in arte Giuseppe Giacobazzi, ci ha costruito sopra una carriera intera da comico sulle tv nazionali. Qualcun altro a Rimini l’ha fatta diventare un brand con cui battezzare un ristorante. La “esse romagnola”, quel modo unico che abbiamo a queste latitudini di pronunciare la diciassettesima lettera dell’alfabeto, non manca di popolarità. Più o meno calcata, ma di sicuro un marchio di fabbrica delle terre del Passatore. Che diventasse argomento da campagna elettorale però no, non era ancora successo. A colmare la lacuna ci hanno pensato a Lugo.

A portare tutto nel dibattito tra gli schieramenti in corsa per la Rocca ci ha pensato Davide Solaroli, candidato del centrodestra. Con un comunicato ufficiale si è detto amareggiato dal comportamento di alcuni esponenti del Pd della giunta uscente: l’assessore Fabrizio Casamento e il sindaco Davide Ranalli, quest’ultimo in corsa per il bis, hanno sbeffeggiato su Facebook qualche rappresentante della lista “La Buona politica” che sostiene Solaroli scrivendo “pesi”, “sippi”, “fasisti” e “antifasisti” al posto di “pesci”, “scippi”, “fascisti” e “antifascisti”. Non si tratta di errori di battitura, era proprio tutto voluto e rimarcato dalle virgolette. E gli sfottò sulla pronuncia della “esse” sarebbero già avvenuti in passato anche nell’aula del consiglio comunale.

Di primo acchito a leggere le lamentele di Solaroli viene da pensare al bimbo in lacrime che all’asilo chiama la dada perché l’amichetto l’ha preso in giro. In effetti sorprende la pochezza della lamentela per chi finora, tutto sommato, aveva già provato a fare una campagna con contenuti mettendo sul tavolo già qualche proposta per il turismo. Poi l’effetto “asilo Mariuccia” si completa se ci si ferma a riflettere sul principio di tutto: ci sono amministratori in carica che usano i social per perculare l’avversario politico sui difetti di pronuncia. Insomma, Churchill levati.

Ma forse è solo che Ranalli ha qualche problemino con il Facebook. A settembre pubblicò un post sul suo profilo che tutti interpretarono come la volontà di farsi da parte, dopo aver già ricevuto l’investitura dal partito. Il post scomparve dopo pochi minuti alimentando ancora di più le teorie della resa ranalliana. Il giorno dopo, la spiegazione: l’intenzione era quella di dire “Vi ho trollati tutti, ci siete cascati”, la sensazione fu “come fosse Antani con scappellamento a destra”.

A questo punto prima del 26 maggio da Ranalli ci aspettiamo un bel corso di dizione offerto a tutti i candidati delle liste. Perché chi è senza “esse” scagli la prima pietra.

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