venerdì
03 Ottobre 2025
Rubrica L'opinione

La barzelletta sui carabinieri che non fa ridere

Ci sono voluti 38 anni per dare un nome a chi uccise un 21enne di Alfonsine. Nell'inchiesta l'ombra di depistaggi e insabbiamenti

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Si è accorciata la lista dei delitti irrisolti in provincia di Ravenna. Ora sono 18 negli ultimi 55 anni, perché il 30 settembre è arrivata la sentenza nel processo di secondo grado per l’omicidio di Pier Paolo Minguzzi avvenuto nel 1987 a Alfonsine. Sono stati condannati due ex carabinieri.

Nelle 22 udienze – spalmate negli ultimi quattro anni tra primo grado a Ravenna e appello a Bologna – è uscito un misero spaccato di indagini che nella migliore delle ipotesi furono fatte male. Ma l’ombra dei depistaggi e degli insabbiamenti è enorme. E lo è anche se si volesse prendere per buona l’assoluzione dei tre imputati in primo grado: quella sentenza parla di delitto di mafia, «tipico caso di lupara bianca», ma non ha nomi di colpevoli.

Uno dei testimoni chiamato a deporre, un ex carabiniere che ha dichiarato di essere stato ostacolato nelle sue indagini all’epoca dei fatti, ha fatto presente che questa vicenda, se non fosse tragica per la morte di un ragazzo di 21 anni, sembrerebbe una di quelle barzellette in cui i carabinieri sono tutti stupidi.

Il commento si può capire. Come si può non fare una perizia fonica per comparare le voci di due episodi criminali molto simili avvenuti a distanza di tre mesi nella stessa Alfonsine? Il nome della voce del secondo caso era noto: come può non venire il dubbio di confrontarla con quella ignota del primo caso? Su eventuali negligenze o peggio nelle indagini forse diranno qualcosa le motivazioni attese entro 90 giorni. Ma eventuali profili penali sarebbero a questo punto prescritti e riguarderebbero persone ormai a godersi la meritata pensione.

La sentenza di pochi giorni fa restituisce un barlume di sollievo ai familiari della vittima. Pier Paolo non tornerà in ogni caso, nemmeno con i due milioni di euro di risarcimento decisi dalla corte e che nessuno mai pagherà. Ma almeno un tribunale ha dato una risposta a chi l’attende da 38 anni. In particolare a Rosanna Liverani, classe 1933: la madre della vittima non ha perso nemmeno un’udienza ed è stata interrogata tre volte.

La vicenda insegna che, se gli investigatori pasticciano o qualcuno li ostacola, anche un delitto in un paesino di provincia dove tutti si conoscono può restare irrisolto per decenni.

La vicenda insegna che quando un delitto imbocca la strada dell’oblio occorre trovare avvocati testardi che prendano a cuore la causa e si ritrovino con gli occhi lucidi quando arriva una sentenza a distanza di nove anni dal primo esposto presentato in procura per chiedere la riapertura del caso.

La vicenda insegna che magistratura e investigatori possono trovare la soluzione a casi che sembravano sepolti. Ci sono altri 18 omicidi senza colpevole. Da chi cominciamo?

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