Anche i bancari contro i “padroni”: sciopero nella Ravenna del presidente Abi

«I compensi dei banchieri aumentano, ma il salario dei lavoratori è più povero». Manifestazione nazionale; anche di fronte alla Cassa

Domani, 30 gennaio, a partire dalle 10, le vie di Ravenna ospiteranno lo sciopero generale di tutte le sigle sindacali dei bancari (Dircredito, Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, Ugl, Uilca e Unisin), indetto, si legge nella nota dei sindacati, «per sollecitare il rinnovo del contratto nazionale contro la decisione unilaterale di Abi (Associazione bancaria italiana) di dare disdetta e successiva disapplicazione del contratto collettivo di lavoro a partire dal 1° aprile prossimo».

In tutta la penisola, contemporaneamente, ci saranno quattro grandi manifestazioni (Palermo, Roma, Milano, oltre che Ravenna, la città del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli) ognuna delle quali abbraccerà un determinato numero di regioni. Difatti, nel capoluogo romagnolo sono attesi oltre 4mila manifestanti provenienti, oltre che dall’Emilia Romagna, da Veneto, Toscana, Marche e Umbria, in rappresentanza degli oltre 100mila bancari di queste cinque regioni.

La manifestazione inizierà alle 10 con il concentramento dei militanti in piazza Farini (Stazione Fs), per poi proseguire (a partire dalle 11) in un corteo che transiterà anche in via Angelo Mariani (proprio nei pressi della sede ufficiale della Cassa di Risparmio di Ravenna, la banca di Patuelli) e si concluderà in piazza del Popolo con gli interventi, tra gli altri, di Piero Ragazzini, della segreteria confederale nazionale Cisl, e Agostino Megale, segretario generale nazionale Fisac Cgil.

Uno sciopero che vedrà i bancari di tutta Italia incrociare le braccia per l’intera giornata, nato lo scorso 25 novembre dopo la rottura delle trattative di rinnovo del contratto nazionale con Abi e approvato all’unanimità dai lavoratori bancari nelle centinaia di assemblee che si sono tenute su tutto il territorio nazionale, a partire da metà dicembre fino ad oggi.

Una manifestazione che, scrivono i sindacati, «oltre alla sacrosanta protesta per il rinnovo del contratto nazionale e per la difesa del potere d’acquisto del salario dei lavoratori di banca, rivendica un nuovo modello di banca “al servizio del Paese”, più vicino a famiglie, piccole medie imprese e al territorio, e nello stesso tempo punta l’indice contro chi ha le reali responsabilità per la difficile situazione in cui versa il settore del credito».

«I 180 miliardi di sofferenze che soffocano i bilanci delle banche, con l’erogazione del 48 per cento di prestiti pari o superiori ai 2 milioni di euro, prevalentemente a favore dei grandi gruppi industriali, non sono certo stati decisi dai lavoratori delle banche – sottolineano all’unisono i sindacati dei bancari –. Nello stesso tempo nonostante i risultati gestionali siano stati quantomeno disastrosi, i banchieri negli ultimi 15 anni hanno incrementato i loro compensi mediamente di 600 mila euro, passando da 3,1 milioni a 3,7 milioni euro, vale a dire come 150 giovani apprendisti. Al contrario dei lavoratori delle banche che, oltre a sostenere carichi crescenti di lavoro a causa della fuoriuscita di oltre 68mila colleghi, hanno perso, nello stesso periodo, circa 810 euro di salario contrattuale».

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