Maestra con la Tbc, il medico dell’Ausl: «Il rischio di contagio è molto basso»

Bevilacqua, responsabile prolifassi: «Nessun allarmismo, per diffondersi la malattia ha bisogno di contatti ravvicinati e prolungati»

Sul caso dell’insegnante ammalata di tubercolosi polmonare in una scuola di Ravenna abbiamo interpellato Loris Bevilacqua, responsabile profilassi delle malattie infettive per l’Ausl di Ravenna. Nei prossimi giorni gli allievi della classe dove la maestra insegna e i suoi colleghi saranno sottoposti al test di Mantoux per verificare se qualcuno si sia infettato.

Dottor Bevilacqua, che cosa vi aspettate di trovare?

«Non ci è quasi mai capitato di trovare positività al test Mantoux in contesti scolastici anche se ciò non si può escludere a priori. Nel caso riscontrassimo soggetti contagiati questi saranno indirizzati rispettivamente ai pneumologi del reparto di pediatria o ai medici pneumologi o infettivologi dell’ospedale per la profilassi. Ma è molto probabile che non troveremo nulla perché la tubercolosi polmonare si trasmette sì per via aerea ma ha bisogno che ci sia un contatto ravvicinato e prolungato con l’ammalato, parliamo di ore se non di giorni e a distanza di circa un metro. Le persone davvero a rischio sono quelle che convivono con il paziente».

Nella lettera mandata alla famiglia ipotizzate una bassa diffusività del caso specifio. Perché?

«Alla signora la malattia è stata diagnostica dopo accertamenti importanti a seguito di una tosse persistente e a disturbi che normalmente vengono attribuiti a malattie stagionali. È a casa ed è in buone condizioni. Non ci sono caverne polmonari o nulla di simile: questo fa pensare alla bassa diffusività.Fra l’altro il germe responsabile è risultato sensibile a tutti i farmaci utilizzati per la terapia».

Da quanto tempo era ammalata e come potrebbe aver contratto la malattia?

«Difficile rispondere: potrebbe essere ammalata da mesi e sicuramente l’ha contratta da qualcun altro ma è praticamente impossibile sapere quando. La malattia può rimanere latente per decenni.  Ci sono molte persone in Italia che sono infettate senza saperlo e che si potrebbero ammalare magari in età avanzata o con l’insorgere di malattie o in casi di immunodepressione o mai. Gli infettati non sono contagiosi. La ragione per cui oggi noi cerchiamo di capire se ci sono degli infettati è proprio per evitare che ci siano in futuro malati di tubercolosi. Lo vediamo nei nostri anziani che si ammalano dopo essersi probabilmente infettati in età giovanile ».

Qual è la terapia per gli infettati?

«Sei mesi di terapia con un farmaco che normalmente è ben tollerato».

E quanto è ancora pericolosa la malattia vera e propria? Come si cura?

«Di tubercolosi si può ancora morire soprattutto se in presenza di altre malattie importanti o di particolari condizioni, e più frequentemente in età avanzata. Anche la terapia che si realizza con l’uso di quattro farmaci e che può durare  diversi mesi è quasi sempre in grado di debellare la malattia. Dopo poche settimane di terapia e ulteriori controlli di solito si può tornare in comunità perché non si è più contagiosi. In questo caso mi aspetto questa situazione».

Non esiste un vaccino?

«Non è efficace, è stato abbandonato ormai da tempo nei paesi più evoluti ma viene ancora utilizzato nei paesi del terzo mondo o in particolarissime condizioni anche in Italia».

Nella lettera è scritto che dopo gli esiti dei primi test deciderete se allargare ad altri soggetti l’indagine. Quanti bambini dovrebbero risultare positivi per sottoporne altri al test di Mantoux?

«Sì, in ogni indagine epidemiologica si lavora per centri concentrici. Faremo i test sui circa 25 bambini e sugli insegnanti della classe. Diciamo che se circa il 30% di questi, un numero tra i sette o gli otto bambini, dovesse risultare positivo vedremo come e quanto allargare le indagini ma vorrei fosse chiaro che solo il contatto stretto con una persona malata può portare al contagio».

Il test sarà ripetuto nel tempo?

«Sì, sui bambini risultati negativi sarà ripetuto il test dopo otto settimane perché questo può essere il tempo necessario per svelare una eventuale risposta immunitaria e i bambini potranno tranquillamente continuare a frequentare la scuola durante le indagini».

Quindi il messaggio alle famiglie è quello di stare tranquille?

«Al momento, vista la situazione, non ci sono situazioni di particolare allarmismo e si sta facendo tutto il necessario per individuare eventuali infettati, anche se ritengo che il rischio di contagio sia molto basso ».

 

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