Gli Architetti: «Una torre Hamon va salvata, è una testimonianza storico-culturale»

L’Ordine professionale della provincia di Ravenna chiede di rivedere i piani che coinvolgono Eni e Autorità portuale per l’area ex Sarom e ricorda che il percorso di partecipazione cittadina voluto dal Comune per la darsena chiedeva proprio il recupero delle archeologie industriali

Passato, presente, nessun futuro

L’Ordine degli architetti della provincia di Ravenna entra nel dibattito pubblico locale nato con l’inizio della demolizione delle due torri Hamon nell’area dell’ex raffineria Sarom e chiede di conservarne almeno una – quella più a est non è stata ancora interessata dai lavori – perché «può ancora essere un’emergenza visiva di Ravenna e una testimonianza di valore storico-culturale degli anni dell’industrializzazione e in particolare dello sviluppo dell’industria petrolchimica nel secondo Dopoguerra». Come noto, l’abbattimento partito il 2 aprile è opera di Eni, proprietaria dell’area di 44 ettari che poi verrà ceduta per 6,4 milioni di euro all’Autorità portuale per farne un campo fotovoltaico di 25 ettari e, in un futuro non ancora calendarizzato, la viabilità per un nuovo ponte mobile sul canale Candiano.

A seguito dell’annuncio dell’abbattimento, dato dal sindaco il 27 marzo, diverse realtà cittadine nell’ambito della cultura e dell’architettura si sono mobilitate a difesa dei manufatti. E gli architetti si rammaricano che la notizia delle intenzioni di demolizione sia emersa solo poco prima che il cantiere fosse avviato: «Così si è impedita una necessaria riflessione pubblica sull’opportunità di agire».

La posizione espressa dall’Ordine a favore della conservazione chiama il Comune al rispetto delle sue stesse iniziative condotte in passato. L’intero comparto della darsena è stato oggetto, negli ultimi decenni, di molte riflessioni e proposte. Queste hanno portato nel 2011 a dare vita al processo partecipato chiamato “La Darsena che vorrei”, condotto dal Comune e dalla cooperativa Villaggio Globale, che coinvolse centinaia di persone. «La gente chiedeva uno sviluppo a vocazione pubblica tramite un sistema integrato e cooperante di luoghi e infrastrutture collegate al resto della città – sottolinea la vicepresidente dell’Ordine, Piera Nobili – per dare un nuovo senso e significato all’acqua, alle banchine, agli edifici di archeologia industriale e alle nuove attività lavorative e residenziali. Le indicazioni e gli interventi proposti dai partecipanti guardavano oltre al consueto concetto di città/territorio da consumare, ovvero oltre a uno spazio frazionato e semplicemente reso decoroso grazie ad alberature, fioriture e arredi».

Da quel percorso di partecipazione uscì la volontà di un recupero delle archeologie industriali, fra cui le torri Hamon e tutti quegli edifici che sono simbolo di una Ravenna che si industrializzò a partire dagli anni Cinquanta: «In quella occasione si avanzarono ipotesi di riutilizzo di tali strutture che il piano urbanistico generale (Pug) giacente da quasi due anni negli uffici comunali, ha prospettato di recuperare. Tant’è che l’Ordine, pur presentando nel 2022 diverse osservazioni al Pug, non è intervenuto su questo fronte in quanto ne condivideva appieno la prospettiva indicata».

Ecco perché, insieme alla salvaguardia di una torre, l’Ordine chiede che sia rivisto il progetto del parco solare per valutare possibili usi pubblici e privati ed evitare lo scenario di una manufatto lasciato isolato e inaccessibile al centro di una distesa di pannelli fotovoltaici. L’obiettivo verso cui tendere, se si volesse rispettare l’opionione della collettività emerso con il processo partecipativo, sarebbe quello di creare un sito che funzioni per l’intera comunità e al tempo stesso le consenta di essere viva: «Un progetto di rigenerazione urbana e sociale da leggere in modo unitario e che, necessariamente, deve avere una regia importante e capace di pilotare scelte politiche lungimiranti, così come è già accaduto in molte città europee».

Infine gli Architetti ricordano che anche la Soprintendenza per i beni culturali e paesaggistici nel 2013 assunse una posizione a favore della salvaguardia delle torri, sottolineandone la tipicità dello “skyline” e il “valore plastico” al punto da ritenerle adatte a diventare teatro di eventi artistici in connessione con il previsto Parco delle Arti. Da allora però la Soprintendeza non ha apposto vincoli di conservazione ai manufatti e non è stato possibile avere una dichiarazione dalla responsabile dell’ufficio Federica Gonzato.

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