Quelli che vivono senza rete idrica: 200 famiglie tra pozzi, taniche e cisterne

Preventivo di 580mila euro per gli allacciamenti di una decina di case a San Pietro in Vincoli. Una modifica del regolamento ha abbassato al 20 percento il contributo richiesto ai privati

Pozzo

Esistono case senza allacciamento alla rete idrica. In gergo vengono chiamate “case sparse”: come dice il nome stesso, sono abitazioni distanti dai centri abitati e non abbastanza ravvicinate fra loro da formare nuclei abitativi. Non sono raggiunte dall’acquedotto. Per l’acqua potabile necessaria per gli usi civili ci si arrangia: c’è chi prende taniche dalle (poche) fontane pubbliche, c’è chi si è dotato di un pozzo (in crisi con la siccità recente) o di cisterne di raccolta, piovana o consegnata da autobotti.

Un calcolo recente di Atersir, l’Agenzia regionale per i rifiuti e il servizio idrico, ne conta 60mila in Emilia-Romagna e stima un investimento necessario per gli allacci di 1,8 miliardi euro. Nel comune di Ravenna il fenomeno è più diffuso nel forese sud (tra Ville Unite e San Pietro in Vincoli) che in quello nord. Il dato reso noto in tempi recenti è di duecento famiglie in totale. Ma manca un censimento puntuale: l’ultima mappatura, e pure incompleta, è di quasi quarant’anni fa.

L’assessora ai Lavori pubblici, Federica Del Conte, sottolinea che si è già intervenuti per risolvere diverse situazioni anche se «non è semplice sapere quante case non sono allacciate alla rete». Sono rimaste le situazioni più complesse. E ci sono difficoltà a mettere d’accordo tutti i residenti: «Qualcuno fa il furbetto e non aderisce all’intervento, salvo poi chiedere successivamente l’allaccio, così chi accetta deve pagare di più».

A gennaio è stato modificato il regolamento di Atersir che fissa la ripartizione fra pubblico e privato per gli interventi di ampliamento della rete idrica. Fino al 2024 era metà e metà. Ora Atersir può arrivare al 70 percento se il Comune in cui ricade l’intervento contribuisce almeno con il 10 percento. Per i cittadini rimarrebbe quindi un quinto del costo, ma l’ente pubblico può farsi carico di tutta la spesa, direttamente o tramite società controllate. Già successe nel 2024 nella località montana di Santa Lucia (Cesena): Atersir e Comune spartirono in parti uguali il costo di 475mila euro e ai privati (8 famiglie e 8 attività produttive) toccò solo una piccola parte.

Alla fine di ottobre 2023 i residenti delle Ville Unite hanno avuto il preventivo del progetto atteso ormai da quarant’anni: circa 580mila euro (al netto dell’Iva) da ripartire fra privati e pubblico, cui aggiungere il costo del contatore. Con il regolamento in vigore all’epoca sarebbero toccati circa 35mila euro a ogni famiglia.

Veronica Verlicchi, consigliera comunale di opposizione con la lista La Pigna, chiede che il Comune di Ravenna faccia come Cesena per la decina di famiglie che gravitano attorno a via Spadolaro a San Pietro in vincoli: «Ravenna Holding, società controllatà dal Comune, ha tutta la disponibilità economica per erogare il contributo necessario perché riceve ogni anno da Hera oltre 3,4 milioni di euro che, secondo gli accordi stabiliti da Atersir, devono essere spesi per la manutenzione e l’estensione della rete idrica. Soldi che Hera incassa dal prezzo di vendita dell’acqua a tutti gli utenti ravennati».

Per il secondo semestre di quest’anno è atteso un bando di Atersir per definire la graduatoria dei cittadini interessati ad avere il contributo pubblico per realizzare l’allacciamento. Verlicchi si augura che il Comune si muova meglio dell’ultima volta: «La procedura prevede che i Comuni facciano avvisi pubblici per raccogliere gli interessi dei privati e questi vengano poi comunicati a Atersir. Ma nell’ultimo bando questo non è accaduto, il Comune di Ravenna ha segnalato solo i casi di cui era a conoscenza, ma molti altri sono rimasti all’oscuro e non figurano nelle liste».

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