
«La Resistenza, nel mondo di oggi, è l’Ucraina». Non ha dubbi Kateryna Shmorhay, presidente dell’Associazione Malva – ucraini Ravenna, quando le viene chiesto cosa significhi Resistenza nel 2025. «Quello che il mio Paese sta facendo da tre anni, così piccolo e debole davanti al grande aggressore, non può chiamarsi in altro modo. Resistiamo e continueremo a farlo per sopravvivere».
Shmorhay vive a Ravenna dal 2006 e nel 2015 fonda “Malva”, per fornire un aiuto concreto al suo popolo durante le prime occupazioni russe della Crimea. Nel 2024 si è candidata alle elezioni europee nella lista ta Stati Uniti d’Europa, a sostegno di Emma Bonino. Oggi gran parte della sua famiglia vive ancora in Ucraina: «In zone relativamente sicure – precisa – o almeno, lontane dai punti caldi del fronte. I miei genitori possono ancora coltivare l’orto, mia sorella va al lavoro e i miei nipoti vanno a scuola. Ma le lezioni sono intervallate dalle sirene antimissilistiche e dalle corse ai rifugi, e ogni notte si prega perché un drone non venga indirizzato sulla propria casa. Si continua a vivere, ma nella paura e senza progetti per il futuro». Nonostante tutto, molti cercano di restare: «Scappare sembra facile, ma per andare dove? E per lasciare la nostra terra a chi? Tra rifugiati, combattenti e morti, le risorse umane sono sempre più ridotte. Se non continuiamo a lottare scompariremo, e consegneremo alla Russia ciò che voleva dal primo giorno».
Secondo l’attivista, la resistenza Ucraina non parla di un Paese, ma del mondo intero: «Se arriviamo al punto in cui chi è “più grande” o “più forte” può permettersi di fare quello che vuole, che prospettive possono esserci? I partigiani italiani hanno combattuto per impedirlo, ma oggi accade di nuovo. – commenta Shmorhay –. L’Europa si è dimostrata troppo debole. L’Onu, impotente: nessuna delle sue decisioni è mai stata rispettata dal Cremlino. E poi c’è la grande delusione americana. Durante la domenica delle Palme, mentre Trump parlava di “cessate il fuoco” a Sumy stavano morendo 38 persone sotto i missili». Ma le preoccupazioni legate al nuovo presidente degli Stati Uniti sono più ampie: «Se il primo paese al mondo, che dovrebbe rappresentare la democrazia, si sta trasformando in questo, che destino avremo noi ucraini e che destino avrà l’Europa? Se anche chi è sempre stato dalla parte “buona” della storia decide di non esserlo più, su chi potremmo contare per la ritirata dell’aggressore?».
Per tenere alta l’attenzione sul conflitto, Malva ha recentemente allestito la mostra “Nove viaggi in Ucraina”, nell’ambito del Festival delle Culture, raccogliendo gli scatti del giornalista Pierfrancesco Curzi. «La città ha risposto bene all’iniziativa, soprattutto le studentesche – commenta Shmorhay – certo è che era una mostra triste. Perché la realtà della guerra è triste». La mostra si è conclusa il 23 marzo, ma sono in programma altri due appuntamenti di sensibilizzazione: domenica 25 maggio al Parco Teodorico ci sarà la “Corsa sotto i castagni”, omaggio alla tradizionale maratona di Kiev (che toccherebbe quest’anno la 32esima edizione, ma che è stata sospesa negli ultimi 3 anni a causa del conflitto). La maratona si corre tradizionalmente l’ultima domenica di maggio (considerata l’anniversario della fondazione della città) e i ricavati vengono devoluti al reparto di cardiochirurgia pediatrica dell’ospedale di Kiev. «Da quando la corsa non si può più fare a Kiev, viene ospitata dalle altre città del mondo. I ricavati andranno comunque all’ospedale Okhmatdyt, bla donazione quest’anno sarà ancora più importante, visti gli enormi danni subiti dal reparto pediatrico dopo il bombardamento dello scorso luglio». Il primo giugno invece, Giornata internazionale dei diritti del bambino, ci sarà una festa alla Rocca Brancaleone con laboratori e concerto dei bambini ucraini «Per portare all’attenzione il fenomeno dei migliaia di bambini ucraini rapiti dai russi – conclude Shmorhay – adottati o portati a in centri di rieducazione, per ricordare che l’infanzia va protetta e non bombardata».