Ci vorrebbero circa trenta milioni di euro per cancellare tutte le barriere architettoniche negli spazi urbani e negli edifici pubblici di proprietà dei diciotto Comuni della provincia di Ravenna. Gli interventi da eseguire sarebbero circa 10-15mila, da quelli più leggeri a opere strutturali. Sono le cifre che si possono estrapolare dalla lettura dei piani di eliminazione delle barriere architettoniche (Peba) e dei piani di accessibilità urbana (Pau) di cui le pubbliche amministrazioni devono dotarsi.
Peba e Pau, quindi, sono strumenti per l’analisi, la progettazione e la pianificazione degli interventi finalizzati al raggiungimento dell’accessibilità e usabilità degli spazi e degli edifici pubblici da parte di tutti i cittadini. Il Peba è previsto da una legge addirittura del 1986 che concedeva un anno di tempo alle pubbliche amministrazioni. Una legge del 1992 ha introdotto il Pau.
Sono passati quasi quarant’anni, eppure il Comune ravennate più virtuoso ha provveduto solo nel 2020. Altri lo stanno facendo in questi mesi, uno solo (Cervia) non l’ha ancora fatto. E va ricordato che arrivare all’approvazione è solo il primo passo: poi andrebbero eseguiti gli interventi. Se ve lo state chiedendo la risposta è no, non sono previste sanzioni per chi non ha approvato i piani e nemmeno per chi li ha approvati ma non li esegue. Insomma, tutto è demandato al risultato dell’incrocio tra disponibilità di risorse e sensibilità degli amministratori.
I piani sono costituiti da una relazione generale che fotografa le problematiche emerse in un’area circoscritta e può riguardare edifici pubblici o porzioni di spazi pubblici urbani (strade, piazze, parchi, giardini, elementi di arredo urbano). Devono tenere conto delle esigenze di chiunque, in maniera permanente o temporanea, si trovi ad avere delle difficoltà nei movimenti o nelle percezioni sensoriali, nonché, delle persone con difficoltà cognitive e psicologiche. Le più recenti classificazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità e delle Nazioni Unite hanno operato un cambio concettuale del termine disabilità, non più definita come condizione derivante da una limitazione della persona, ma determinata dalla presenza di elementi o situazioni ambientali che impediscono l’autonomia e la partecipazione di ciascuno. Per ogni barriera architettonica rilevata e analizzata vengono individuate delle soluzioni tecniche con relativa stima dei costi per la sua risoluzione.
Il primo a mettersi in regola è stato il Comune di Lugo: novembre 2020. Gli altri otto comuni dell’Unione della Bassa Romagna ci hanno pensato a maggio 2025: l’approvazione è avvenuta dopo un percorso di circa un anno, durante il quale sono state raccolte le osservazioni da parte dei cittadini rispetto alle bozze iniziali, e sono state organizzate iniziative pubbliche di presentazione e condivisione con le associazioni di categoria e portatori di interesse in generale. Per gli otto comuni la spesa complessiva degli interventi sarebbe di 11 milioni. Per Lugo non c’è una stima: è stata predisposta una modulistica per le segnalazioni da parte dei cittadini al Comune. «Ad oggi non ne sono pervenute – fanno sapere da Lugo –. Ogni qual volta emerge una necessità specifica anche per effetto di ricognizione dei tecnici comunali si interviene puntualmente».
A Ravenna l’approvazione del Peba è arrivata nell’agosto del 2021, uno degli ultimi atti della prima giunta De Pascale. Secondo i tecnici ci sarebbe bisogno di quattromila interventi negli edifici e poco più di cinquecento negli spazi urbani. Spesa complessiva 7,5 milioni di euro. Il tema è particolarmente delicato: un’interrogazione specifica dall’opposizione è ancora in attesa di risposta e la giunta sta definendo la linea da adottare.
Lo scorso marzo a Russi il consiglio comunale ha approvato il piano redatto dalla società Netmobility di Verona. La spesa complessiva per aggiustare tutte le barriere supera di poco i tre milioni di euro.



