sabato
02 Agosto 2025
CULTURA&SCUOLE
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Quando il corpo diventa opera d’arte: CorpoGiochi (anche) al Mar

L’evento Compito CorpoGiochi nei mesi scorsi ha portato al Museo d’Arte della città di Ravenna le due performance finali aperte al pubblico del progetto. «Un’esperienza formativa unica e importante per costruire una parte di sé che sia libera dai pregiudizi»

di Alessandro Fogli

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«…Un’esperienza formativa unica e importante per costruire una parte di sé che sia libera dai pregiudizi, consapevole di ciò che fa e di ciò che è. Ci sarebbe necessità di una Monica Francia nel percorso di chiunque, solo una mente libera come la sua è in grado di progettare un’esperienza simile e ricevere un riscontro finale positivo da parte di un gruppo di studenti inizialmente schivi e poco propensi ad affidarsi». Queste poche parole – scritte da uno studente della 2ª B del liceo artistico Nervi Severini – sarebbero già perfettamente in grado di inquadrare cos’è stato l’evento Compito CorpoGiochi al Mar, che nei mesi scorsi ha portato al Museo d’Arte della città di Ravenna le due performance finali aperte al pubblico del progetto CorpoGiochi, ossia La prova del fuoco e Congegno Emotivo. Per quanto mi riguarda, ho avuto la fortuna di prendere parte a quest’ultima, un’azione performativa di grande potenza – ideata da Monica Francia e curata con Zoe Francia Lamattina e Sara Zannoni – che, nel loggiato del Mar, consisteva in una sorta di interazione-danza tra il pubblico e lo sguardo in movimento dei performer riflesso in uno specchietto. E la novità di questo CorpoGiochi (metodo ultraventennale ideato da Francia che, a partire dai corpi e dalle relazioni, mira alla trasformazione personale, estetica e politica) è stata proprio l’ingresso in uno spazio inusuale e iconico come quello del museo cittadino. «È stato importante aver lavorato proprio con il liceo artistico dentro al Mar – sottolinea Zoe Francia Lamattina –, perché nella performance si è innervata anche la sfida di creare una vera opera d’arte. In passato tutti gli eventi finali venivano fatti nelle piazze o all’Almagià, quindi si connettevano con l’idea di teatralità, invece essere al Mar, un museo d’arte, è stato, anche per i genitori dei ragazzi coinvolti, come guardare un’opera d’arte. Vedere persone così giovani che fanno una cosa di valore in uno spazio dedicato all’arte è molto emozionante». «Da quando ho ideato CorpoGiochi – aggiunge Monica Francia – ho sempre voluto che tutti gli eventi finali performativi (che io considero “arte dal vivo”) fossero realizzati in un “contenitore” importante, dove i genitori si sentissero anche un po’ in soggezione e sospendessero l’abitudine del giudizio, che non è dignitoso per chi è in scena. Volevo metterli in una condizione di cambiare lo sguardo». Francia, in otto ore di laboratorio suddivise in quattro incontri, è riuscita poco per volta a dare fiducia agli adolescenti coinvolti (inizialmente molto restii a partecipare al progetto), cambiandogli l’atteggiamento con lo stimolo artistico. «La cosa più difficile – spiega la coreografa e pedagoga – è stata fargli vincere la paura del giudizio, di essere guardati dagli altri, di prendere posizione, che è una paura che li segue anche a scuola. C’è sempre una questione di apparenza che li blocca, c’è tanto da lavorare. E lo spazio-museo dà valore ai partecipanti, che si riscoprono persone potenti, che possono prendere posizione e dire “io esisto”, perché venire guardati come un’opera d’arte è molto diverso rispetto a come si è guardati a scuola, vale a dire sempre in maniera giudicante. Infatti al Mar gli spettatori di Congegno Emotivo erano in soggezione, perché i ragazzi sono stati potentissimi». Quello che è avvenuto, in questi adolescenti, è stato un cortocircuito tra il corpo – questione delicatissima in questo momento storico – e il luogo museo, che evoca sempre qualcosa di legato al passato ma che si scopre invece essere vivissimo. L’accettazione del corpo è diventata opera d’arte in un luogo pulsante di energia tangibile, attuale, ed è questa tensione tra le due cose che ha fatto scattare la scintilla costruens della collaborazione tra il Mar e CorpoGiochi. «Il museo è un luogo riconosciuto, in cui vengono custoditi, conservati e proiettati nel futuro i valori di una comunità, di un territorio – dice Roberto Cantagalli, direttore del Mar –. Occorre dunque fare in modo che la gente comprenda che quei valori non sono riservati a pochi ma che sono di tutti, e che quindi tutti ne hanno la responsabilità. Le persone coinvolte nel progetto di Monica Francia hanno quindi per me lo stesso valore di chi lavora nel museo, perché se prescindessimo dalla comunità faremmo qualcosa di arido. È nel momento in cui tutti riconoscono l’importanza della socialità e della comunità, che questi valori esistono. Oggi la definizione di museo è proprio quella di una piattaforma di socialità, un luogo inclusivo che dialoga costantemente, aperto».

Coinvolti nei laboratori 2.500 tra bambini e ragazzi

Nell’anno scolastico 2024/2025, il progetto CorpoGiochi a Scuola ha offerto gratuitamente 105 laboratori a scuole dell’infanzia, primarie e secondarie grazie alla compartecipazione del Comune di Ravenna, alla Regione Emilia Romagna, alla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e al percorso di educazione alla cittadinanza dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna “conCittadini”. I laboratori hanno coinvolto un totale di 2.500 bambine e bambini, ragazze e ragazzi dai 3 ai 15 anni, 200 docenti e 100 famiglie. A conclusione degli incontri a scuola, il progetto è approdato nei prestigiosi spazi museali del Mar dove ha presentato a un pubblico di oltre 200 persone due performance: “La prova del fuoco”, realizzata sabato 22 febbraio con la classe 5D della scuola primaria Muratori, e “Congegno emotivo”, realizzato il 3 maggio dalle classi 2B e 2E del liceo artistico Nervi Severini.

I due eventi, sconvolgendo la normale relazione tra chi guarda e chi è guardata, hanno permesso a 80 studentesse e studenti dai 9 ai 15 anni di sperimentare in un contesto protetto le forti emozioni sprigionate dall’esposizione scenica. Si tratta infatti di vere e proprie performance nelle quali strategie, strumenti e capacità relazionali allenate durante i laboratori a scuola assumono una forma nuova, rendendo possibile l’autovalutazione dei risultati ottenuti nel percorso formativo.

La docente: «Per la prima volta ho guardato profondamente negli occhi i miei studenti»

di Lisa Bentini

La Prova Del Fuoco Copia
La Prova Del Fuoco

“Il corpo c’è, e c’è, e c’è” per citare Wislawa Szymborska, ma dentro le nostre aule scolastiche sembra non trovare posto, non essere preso in considerazione da noi docenti e persino dagli stessi studenti e studentesse. Osservo la mia classe di quindicenni: da una parte vedo corpi addomesticati, dall’altra incapaci di trattenere una risata, di impedire alle mani di aggiustarsi continuamente i capelli… Quanti gesti compiamo continuamente senza esserne consapevoli?

È ciò che ci domandiamo durante il primo incontro del laboratorio CorpoGiochi a cura di Monica Francia. Io e la mia collega Veronica Lanconelli ci sediamo tra i banchi, in mezzo a loro, guidati dalla nostra “antenna”, come a Monica piace farsi chiamare. Ci vengono richieste azioni semplici (stare in piedi, appoggiare la testa sopra il banco) eppure ci sembrano difficilissime. Per non parlare di quelle “realmente” difficili, come chiudere gli occhi (e dunque fidarsi che tutti lo stiano facendo, che nessuno ci stia guardando mentre le palpebre abbassate ci rendono di colpo vulnerabili); o come ascoltare la propria voce interiore, magari per la prima volta, scoprendo un tono, una grana completamente diversi dalla voce che usiamo quotidianamente.

Esploriamo i nostri limiti insieme alla classe, impariamo a “fare caso” a come stiamo seduti e alziamo la mano, al rumore che produciamo mentre ci spostiamo. Facendoci caso impariamo a conoscerci: ho conosciuto di più la mia classe in quattro incontri previsti dal laboratorio che durante il biennio. Praticare insieme è stato un modo per creare uno spostamento, per superare le diffidenze reciproche. E se durante i primi due incontri ho visto la classe in difficoltà ho gradualmente assistito a un cambiamento sempre più evidente che ha fatto sì che venisse accolta la proposta di trasformare la nostra pratica in una vera e propria performance al Mar, con un vero e proprio pubblico. Tutti hanno deciso di partecipare, magari non come performer, ma raccogliendo le firme per la privacy, scattando fotografie, o semplicemente essendo presenti. Alla fine ognuno ha deciso di provare: non è stato poi così male prendersi la scena; essere guardati e guardare; godersi finalmente il proprio corpo in tutta la sua potenza e potenzialità.

Come avevamo già sperimentato in classe, mettendoci nel ruolo sia del performer che del pubblico, durante l’esibizione ogni spettatore è stato invitato a rimanere dentro un rettangolo segnato con lo scotch di carta sul pavimento, mentre i performer si aggiravano tra di loro lentamente con un piccolo specchio nascosto nel palmo della mano, e altrettanto lentamente sceglievano con chi mettersi in relazione usando lo specchietto per fare incontrare gli sguardi: lo specchio si è rivelato un congegno emotivo potentissimo, un luogo sospeso in cui lo sguardo del performer ha potuto incrociare quello dello spettatore. E nonostante fosse una sorta di schermo che ci proteggeva dal contatto “diretto” degli sguardi, lo specchietto ci ha consentito di vivere un’esperienza insieme intima e straniante: per la prima volta ho guardato profondamente negli occhi i miei studenti – che occhi bellissimi hanno gli adolescenti! – e loro i miei. Mi sono sentita nuda davanti a loro, ho pensato che da quel momento avrebbero saputo qualcosa in più di me e io di loro, e così è stato: ora condividiamo un segreto.

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